Il Mediterraneo in barca
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Recensione della Redazione QLibri
"Il Mediterraneo è..."
È difficile, forse impossibile, provare a dare una definizione chiara e concisa di Mediterraneo, questo Mare Nostrum così affollato di Storia e storie, senza rischiare di perdersi in rivoli di pensieri e osservazioni filosofeggianti. Persino uno scrittore del calibro di Georges Simenon resta, come lui stesso confessa, “con la penna a mezz’aria, in seria difficoltà”, cercando per esso una definizione appropriata.
Prende così avvio, con l’assorto tentativo di completare la frase “Il Mediterraneo è…”, questa nuova pubblicazione dell’Adelphi che intende inaugurare una serie di reportage del celebre autore belga; gli articoli racchiusi tra queste pagine risalgono al 1934, quando furono pubblicati su un settimanale francese durante l’estate del medesimo anno, a seguito di una crociera a bordo di una goletta italiana. È dunque un Simenon in un certo qual modo inedito – di certo, non troppo noto al grande pubblico – quello che qui si svela al lettore, sebbene, anche da cronista, egli non rinunci mai del tutto al suo ruolo di narratore.
“[…] vi prometto che d’ora in poi non mi dimenticherò mai più che il mio mestiere, come diceva Stevenson, è quello di «raccontatore di storie».”
E le storie, infatti, non mancano in questo suo affascinante andare per mare, come quella della donna senza cuore o, ancora, quella dei cugini; storie che viaggiano anch’esse attraverso i flutti correndo, spesso, di bocca in bocca tra i marinai; storie che emozionano, stupiscono, atterriscono a seconda dei casi, dipingendo un’umanità variegata, a volte stracciona e vagabonda in cerca di semplice sopravvivenza, a volte più ricca e organizzata a caccia di affari lungo le coste del Mediterraneo, piccolo mare, anzi “piccolissimo”, in cui si finisce per incontrare sempre le stesse imbarcazioni che “nell’incrociarsi, si fanno dei gran gesti di saluto.”
Dalla costa francese alla Tunisia, dall’isola d’Elba a quella di Malta, ombelico mediterraneo, senza tralasciare Sicilia e Sardegna, la navigazione di Simenon è occasione per parlare di quei singoli luoghi e, allo stesso tempo, di tanti altri; ed è così che, miglio dopo miglio, porto dopo porto, si delinea ciò che è il Mediterraneo: il maestrale che tarda ad arrivare, un “campo di golfi”, un intreccio di profumi, colori e sapori, l’acqua limpida rischiarata dalla luce della luna, banchi di tonni e sardine inseguiti dai pescatori, l’illusione di un approdo che invece si allontana, isole che spuntano un po’ ovunque, l’amaro ricordo di chi è costretto a emigrare verso altri mari e sconfinati oceani… E tanto altro ancora.
Una più che buona lettura, in particolar modo entusiasmante soprattutto nella prima parte, sostenuta da uno stile “narrativo” di alto livello che tratta con identica enfasi pescatori di murene, esche da pesca e bordelli, mentre la scrittura si colora spesso di fine ironia e si fa colloquiale in un tu per tu con chi legge che non può che renderla più coinvolgente.
Corredato di un gran numero d’immagini che si devono alla Leica di Simenon, il libro testimonia anche la grande passione dell’autore per la fotografia, la quale per lui – come ben sottolinea Matteo Codignola nella sua interessante nota conclusiva – altro non era che “una prosecuzione della scrittura con altri mezzi”. In fin dei conti, il Mediterraneo, bizzarra somma delle più disparate cose, non è pur sempre uno o più scatti da conservare nell’album dei ricordi?
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L’unicità di un mare
“Comincio a conoscere un po’ questo mare in cui me ne vado alla deriva, fiducioso. Conosco tutti i popoli che vivono attorno a esso. Ieri ero in Italia e di recente ho fatto il giro delle isole greche. Ovunque, e fino in Asia Minore e alle Baleari, ho trovato gli stessi popoli indolenti, forse stanchi di aver scritto da soli, per secoli, la storia del mondo”.
Premessa: questo libro è il mio primo Simenon e non sarò dunque in grado di trovare collegamenti, atmosfere, passaggi e richiami ad altre opere più famose del prolifico scrittore e reporter instancabile.
Ho sempre amato leggere di viaggi e soprattutto di viaggi per mare, diari di bordo e resoconti di avventure: “Il Mediterraneo in barca” si è rivelato una lettura interessante, godibile e soddisfacente.
Il papà di Maigret e di tanti altri libri ha una prosa asciutta, senza ornamenti, ma va dritta al punto, è efficace e possiede a tratti qualche passaggio quasi evocativo. L’occasione di scrittura di questo libro non ha bisogno di particolari spiegazioni: è la prolificità stessa dell’autore a spiegarne la necessità di scrivere qualsiasi cosa, dai romanzi agli articoli, ai reportage.
“Il Mediterraneo in barca” è una raccolta di scritti giornalistici e si presenta come un reportage pur mostrando anche riflessioni più o meno filosofiche sui popoli, su alcuni momenti storici e sull’uomo in generale. Nel 1934 Simenon a capo di una goletta fece il giro dei principali porti del mare nostrum guidato dal vento e provò a dare una definizione di Mediterraneo alla luce di questo viaggio.
“Il Mediterraneo è…”
Questa frase sospesa compare più volte nell’opera. È difficile dare una definizione del Mediterraneo, un mare così antico, crocevia allora, come anche adesso, di popoli, assomiglia proprio ad un corso, una strada maestra dove si incontrano tutti e ci si riconosce:
“Ed è un córso, ve lo garantisco, che assomiglia più di quanto possiate immaginare alla strada principale di una città di provincia. Quando ci si incrocia, ci si saluta. Diciamo buongiorno a Pierre e a Emma, ad Akrim bey o a Pepito. Un altro esempio: voi forse pensate che ci siano migliaia di imbarcazioni (…) Nel Mediterraneo ci si incontra sempre, che sia nella famosa taverna di Atene dove si mangiano i gamberetti arrosto, nel quartiere delle prostitute di Porto Said o negli ombrosi suk di Tunisi”
Lo stupore di chi non è mediterraneo è palese: Simenon non vede l’ora di raccontarci ciò che ha i visto, le storie che ha ascoltato e le esperienze che ha fatto, sia in mare, sia sulla terraferma. È colpito da come gli abitanti delle rive di questo mare conoscano l’arte di vivere alla giornata, sono poveri, ma sono felici, sanno godere della compagnia e della convivialità. Esemplare è la storia dei “cugini” di Angelino, il mozzo della sua goletta: non si tratta di suoi parenti, ma di compaesani senza lavoro fisso e senza fissa dimora che lui aiuta a far lavorare con lui in cambio di qualche ora di musica e di allegria. “Si va di qui, si va di là. Ovunque si vada, c’è un pezzo di famiglia. E ovunque ci sono una mano da dare, un sorso di vino bianco da bere, una scodella di minestra da mangiare”
Non ci sono personaggi principali, il protagonista è il Mediterraneo visto con gli occhi stupiti di un belga curioso. È difficile definire un mare così, non è il vento a definirlo, nonostante le immancabili bonacce e quelle spinte che gli hanno impedito più volte di lasciare definitivamente il tratto di mare da cui troneggia il Vesuvio per dirigersi verso Messina. Non sono i piatti di pasta italiani, non sono le canzoni, non sono solo i paesaggi e i monumenti. Il Mediterraneo è una combinazione unica di popoli e storia, sono questi che più di tutti gli altri fattori contribuiscono a rendere riconoscibile il nostro mare.
“Ebbene, qui siamo nella Bibbia, nel Vangelo. Centinaia di italiani, greci, turchi, siriani attraversano ogni giorno il Giordano in cerca della Terra promessa. Vanno dappertutto, in questo grande bacino, e non si sentono mai spaesati perché dappertutto è la stessa cosa”
L’edizione Adelphi contiene fotografie scattate dallo stesso Simenon, che, come scrive in appendice Matteo Codignola, considerava la fotografia quasi “una prosecuzione della scrittura con altri mezzi – o, naturalmente, viceversa”.
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Mediterraneo, oh Mediterraneo
«Il Mediterraneo è… Il Mediterraneo è… Il Mediterraneo… Resto così, con la penna a mezz’aria, in seria difficoltà, come quando da bambino, in piedi davanti alla lavagna, spostavo il peso da una gamba all’altra e intanto cercavo con la coda dell’occhio un compagno compassionevole… Il Mediterraneo è… […] È tutto quel che ho detto finora e tante altre cose. Sono le uova in conserva che dalla Turchia vanno in Spagna e i granchi che dall’Italia vanno in Russia. Sono i mercanti ebrei, armeni e greci che hanno bottega un po’ ovunque, a Barcellona, a Tangeri, a Messina, a Corinto, ad Alessandria. Sono tutte le imbarcazioni malandate che pullulano al largo delle coste greche, con i loro equipaggi sordidi ed eroici. Sono le torpediniere che l’Italia vende a tutti i suoi vicini dell’Est e che vengono consegnate in serie come salsicce. Sono le isolette dalle pareti scoscese su cui cresce una vegetazione inaridita dal sole ma che diffonde nell’aria un profumo d’incenso. Sono i turisti sballottati da un monumento all’altro, a cui tutti vendono souvenir, birra tiepida e cartoline. È la gente che muore di fame alle pendici del Partenone e gli imbecilli che si suicidano a Montecarlo. Ma il mediterraneo è soprattutto…»
Forse non tutti sanno che Simenon prima di essere stato un gran romanziere è stato anche un inviato, un giornalista, un reporter di gran talento. In particolare si è dedicato a questa attività tra gli anni tra il 1931 e il 1946, anni molto delicati per la nostra Europa ma anche anni in cui le emozioni non sempre sono riuscite a trovare la loro forma nella parola scritta. Ed è proprio cercando una così impossibile definizione di Mediterraneo che la narrazione ha inizio.
Ma non è semplice concludere quella frase “Il Mediterraneo è…”. Perché il Mediterraneo è tante cose, perché il Mediterraneo non è una cosa sola. E così Adelphi ci destina i primi articoli scritti dal romanziere nel 1934 mentre si trovava a bordo di una goletta italiana e inaugura una vera e propria stagione dedicata a questi reportage.
Quello che quindi colora queste pagine non è il classico Simenon a cui siamo abituati. È un Simenon non inedito al grande pubblico, diverso, inusuale ma comunque di gran piacevolezza. Le storie variano, sono tutte caratterizzate dal mare e dalla sua immancabile e pregiata prosa, una prosa che ancora una volta è precisa e minuziosa tanto da rendere vivido nella mente ogni dettaglio che viene costruito.
Non svelo altro su questo delizioso e inestimabile componimento perché merita una lettura intima, calorosa, personale che va semplicemente gustata.