Diario in Bolivia
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O victoria o muerte
Partire dalla Bolivia per estendere in tutto il Sudamerica una rivoluzione politica e culturale sul modello di quella cubana. Unificare un popolo diviso da inutili confini e riscattarlo da secoli di ingiustizie, abusi e soprusi. È questo il grande sogno del medico argentino Ernesto Guevara de la Serna, detto il Che, un uomo che ha consacrato la vita a ideali di giustizia e fratellanza e che nel perseguirli ha trovato la morte. Siamo nel novembre del 1966 e Guevara raggiunge la Bolivia mettendosi al comando dell'Esercito di Liberazione Nazionale con l'obiettivo di liberare il paese dal regime militare di Barrientos e da un capitalismo yankee che deruba le risorse del paese dando in cambio iniquità, sfruttamento e fame. Per farlo dispone di pochi ma fidati uomini, di una buona riserva di munizioni e della convinzione di poter infondere l'idea rivoluzionaria nel popolo oppresso portandolo a sua volta ad imbracciare le armi e combattere la dittatura. Nel suo diario Guevara racconta le varie fasi del progetto, a partire dalle scrupolose operazioni preliminari di approvvigionamento di armi e viveri, di esplorazione del territorio, di allestimento di depositi e nascondigli e di reclutamento e indottrinamento dei guerriglieri. Finché nel marzo del 1967 non si comincia a fare sul serio con l'inizio della guerriglia vera e propria, quella che provoca morti, feriti e prigionieri, quella che costringe ad operazioni fulminee e a lunghe ed estenuanti fughe, quella che procura fame, sete, stanchezza, euforia, ottimismo, scoraggiamento, alienazione. Quella che, nell'ottobre dello stesso anno, culminerà con la cattura e la fredda esecuzione di quest’uomo che, paradossalmente, morendo diventa immortale. Dal diario appare chiaro che alla base della sconfitta ci sono lo squilibrio tra le due forze in campo, incrementato dal subdolo intervento degli Stati Uniti, i dissidi con il Partito Comunista Boliviano e il suo mancato appoggio all'operazione, l'accidia del popolo che, a parte rarissimi casi, non ha assecondato e seguito l'esempio di chi lottava per lui, i tradimenti e le delazioni. Tutti questi fattori, uniti, hanno portato al fallimento di un progetto che agli occhi di tanti può apparire utopistico ma che invece, con un po' di collaborazione e un pizzico di fortuna in più, avrebbe veramente potuto accendere quella miccia capace di far esplodere la voglia di riscatto di un intero continente. Difficile non restare affascinati da un uomo di questo spessore umano e politico, un eroe leale e coraggioso che è stato, resta e sarà per sempre un virtuoso esempio di coerenza politica, di abnegazione e di altruismo, capace di tremare d’indignazione davanti ad ogni ingiustizia e di combatterla con ogni mezzo: “Come mi piacerebbe giungere al potere, se non altro per smascherare i codardi e i venduti di tutte le razze e strofinargli il muso nelle loro porcherie”.