Cacciatori nel buio
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Khmer e Barang
Nella mia vita non ho letto tantissimi romanzi di viaggio, nè ho mai letto altre opere di Lawrence Osborne, ma questo titolo mi ha attirato per la sua ambientazione, un luogo che almeno una volta nella vita vorrei visitare: la Cambogia, coi suoi templi(specialmente Angkor Wat) e le sue tradizioni.
L'ambientazione è ben descritta, forse anche troppo, considerati i detagli che spesso rendono la lettura meno scorrevole. E' un romanzo che richiede più impegno di quello che mi sarei aspettato, uno sforzo che viene però controbilanciato(anche se non del tutto), dalla resa perfetta dei luoghi descritti, dei profumi, dei sapori, delle tradizioni, di una cultura così diversa dalla nostra. E' ovvio che l'autore sa di cosa sta parlando e ne abbiamo la conferma nella pagina dei ringraziamenti, in cui omaggia un suo caro amico che è sopravvissuto a un campo di sterminio durante il genocidio cambogiano sotto il regime dei Khmer Rossi, il quale coi suoi racconti fati all'autore ha ispirato questa storia.
Incontriamo il nostro protagonista Robert durante la sua vacanza(anche se sarebbe meglio dire fuga) in Cambogia. Robert è un giovane professore d'inglese, stanco della vita che conduce da sempre in una terra natia che non gli manca affatto. Robert decide che, forse, la Cambogia è il luogo adatto per ricominciare, un luogo che sente affine alla propria anima nonostante gli innumerevoli difetti che presenta in bella mostra. Ad aiutarlo nella sua scelta di ricominciare da zero è un'importante vincita in uno dei tanti casinò del paese; vince una cospicua somma di denaro che gli regala una sicurezza economica pronta a spalancargli porte sprangate fino a poco tempo prima.
Un uomo che vince tali somme, però, non passa inosservato in un paese in cui gli abitanti sono pochi e i barang(bianchi) sono ancor meno, e Robert non è esente da questa regola. La sua vincita innescherà una serie di eventi e di incontri che gli cambieranno la vita, che lo porteranno a credere a cose che prima riteneva superstizioni impossibili, che lo avvicinerà a quella cultura che farà sempre più sua e che gli entrerà silenziosamente nell'anima.
Sullo sfondo, la Cambogia ancora sconvolta dal suo passato difficile, da una Rivoluzione che ha lasciato ferite non ancora cicatrizzate, ferite che hanno segnato un popolo ancora convalescente, ma che sta provando lentamente a rialzarsi. Al passato dei Khmer(cambogiani), rappresentati in questa storia dal controverso poliziotto Davuth, si contrappone il passato dei barang rappresentati dal nostro protagonista, e da questo contrasto nascerà una storia interessante, scritta discretamente, ma che vi terrà impegnati più di quanto crediate.
E' comunque uno di quei libri che lascia qualcosa, dunque vale la pena dargli un'occasione.
"Anche la loro tristezza era diversa. Veniva dagli anni Settanta, epoca che qualsiasi cinquantenne ricordava con lucidità. Era la tristezza delle generazioni che avevano perso tutta la gioventù per niente e la cui unica via d'uscita era dimenticare. La tristezza dell'Inghilterra, invece, stava precisamente nella sua portentosa memoria, nel rifiuto di dimenticare alcunché."
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FANGO E NEBBIA
Follow the money era l’imperativo che guidava le indagini di qualche famoso magistrato diversi anni fa e Osborne pare averne colto il suggerimento, poiché costruisce una storia che si snoda attorno al gruzzolo di una vincita. L'assunto è che il denaro faccia girare non solo l’economia, criminosa e non, ma il mondo intero: muove le genti, governa il caos, ne assoggetta il moto entropico ad un ordine circolare e fa sì che alla fine il cerchio si chiuda. Sempre.
Protagonista del romanzo è Robert Grieve, un giovane professore inglese, gradevole e intelligente, ma non altrettanto ribelle e stravagante da emergere sulla moltitudine o deviarne dall'ordinario percorso.
Conduce un’esistenza placida, rintanato nella campagna del Sussex, dove al verde brillante delle colline si contrappone la nebbia grigia e sottile che scolorisce le esistenze e ne protegge il letargo. Anche coloro che attorniano Robert: i genitori, la fidanzata, sono spettri sbiaditi che stanno sullo sfondo e si confondono con esso senza mai avanzare al centro della scena.
Ad un certo punto però, Robert si stacca dallo sfondo e arriva in Cambogia.
Nessun sussulto di vita, solo una breve vacanza, rassicura i genitori. Ma i giorni passano, Robert ozia, traccheggia, finché una vincita inaspettata al casinò decide per lui. Di restare. La vacanza si prolunga senza prospettive di sorta: è il momento del hic et nunc e Robert ne gode appieno. Fino a quando, ancora una volta, gli eventi prendono il sopravvento e decidono al posto suo.
Derubato dal bottino, Robert riparte da zero: cambia nome, si inventa un lavoro, trova una fidanzata. Insomma, si costruisce una nuova esistenza, precaria, alla giornata, e diviene uno dei tanti barang che popolano la Cambogia.
Sono gli spiriti reietti della società occidentale, vite che scorrono ad intermittenza in un continuo perdersi e ritrovarsi, come lucciole che lampeggiano nell'oscurità prima di finirne inghiottite.
Robert sopravvive a tutto questo in modo quasi passivo e inconsapevole. Senza zavorra, si muove tra le paludi melmose con spirito leggero e passo lieve, percorre in equilibrio la linea di confine di una terra franca che sputa fuori chi vuole entrare e risucchia dentro chi vuole uscire.
Uno scenario feroce, dei personaggi inquietanti che la mano di Osborne tratteggia non a penna, bensì a matita: opacizza le figure, sfuma i contorni, smorza i drammi.
Infine, vi getta un abbondante scroscio di pioggia che lava via fango e nebbia.
Quel che resta, è un romanzo di sfavillante bellezza.