Avventura brasiliana
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Alla ricerca del colonnello Fawcett
" Quando dico paese delle fate , voglio dire un luogo veramente fatato, dolcissimo, straordinario, dove l'uomo e' sempre intruso, mai padrone; un luogo che non ha nulla di celestiale , anzi tutte le qualita' che la terra aveva prima di essere sfruttata dagli uomini."
Peter Fleming, fratello maggiore del piu' noto Ian, e' un bravo narratore ed un avventuriero, laddove per avventuriero intendo colui che dall'oggi al domani decide di lasciare tutto per un'impresa tanto assurda quanto precaria. Era il 1932 ed il venticinquenne londinese lesse un annuncio su una rubrica del Times : - spedizione esplorativa e sportiva nel Brasile centrale, caccia, pesca, se possibile accertare fine colonnello Fawcett. -
Partiamo, terre vergini ed inesplorate del Mato Grosso, sulle orme di un cercatore di citta' perdute scomparso misteriosamente anni prima.
Come confessa Fleming in apertura, la spedizione durata cinque mesi condusse ad un patetico buco nell'acqua ed egli si impose di proporla così come avvenne, senza fantasticare sui luoghi visitati, senza premere sul canale emotivo, senza surriscaldare gli animi arroventando pericoli in realta' non vissuti.
Comunque sia, il racconto scorre amabile e fluido con un ritmo mestamente britannico, in un'incursione nel Brasile centrale caratterizzata da una dotazione minima di equipaggiamento e da un gruppo di folli piu' che di esperti.
La penna e' brillante ed il ragazzo tanto spiritoso quanto incosciente, la forza del libro non sta tanto nell'evoluzione della ricerca del Fawcett ma nella quieta ed attenta contemplazione dei panorami proposti e delle difficolta' ad essi connesse. Navigare giorno e notte sull'immane fiume Araguaial, ammirare le stelle remando mentre l'equipaggio dorme, osservare il muro verde della foresta incontaminata, sopportare la pelle lacerata cercando di scalfire la barriera dei rovi, convivere con gli insetti che si accaniscono sul corpo, rimpicciolirsi inermi e infreddoliti in balìa di piogge torrenziali, il pericolo ricorrente di agguati indigeni, i colori dei pappagalli, il canto degli uccelli, il fruscio delle foglie mosse da creature invisibili.
" Nel processo del destarsi ci si doveva trasferire non da un sogno alla realta' ma da un sogno a un altro sogno".
Bello anche se non eccezionale, manca di qualcosa che lo renda indimenticabile.
Se amate toccare oltre che guardare, consiglio con poco prezzo e qualche refuso un'edizione Longanesi classe 1950 che sembra riemersa (quasi) indenne da decenni nella foresta, buona lettura.