Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza
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Ribelle e Memoria
Lei è una lumaca molto curiosa di conoscere il perché della sua lentezza e di avere un nome. Un nome che la identifichi come tutte le cose che la circondano ma che le dia anche un’identità, nonché delle risposte, ancora, che trovino un fondamento per le sue tante domande. Tuttavia, questa sua indole non è apprezzata tra le abitanti del Paese del Dente di Leone che proprio per questo suo ostinato chiedere la invitano ad andarsene. E così ella si mette in viaggio per capire, per capirsi, per conoscere, per conoscersi.
Incontra Memoria che offre il suo primo nome; Ribelle. Perché «non bisogna avere paura […], un vero ribelle conosce la paura ma sa vincerla.»
Ed è proprio quella lentezza a cui tanto cerca di trovare una motivazione a renderla unica e ad indicarle la strada. Perché tra ore frenetiche che scorrono rapide, tra l’essere perennemente di corsa o ligi a regole improcrastinabili, a volte rallentare ci apre la prospettiva su qualcosa di più grande. E così è stato per questa giovane e coraggiosa lumachina.
Ora più che mai tutti siamo sottoposti a questa lentezza obbligata, ora più che mai che viviamo in un tempo sospeso, ora più che mai che Luis ci ha salutato, lo ricordo così; con questa sua favola che ci invita a respirare e a soffermarsi sulle piccole-grandi cose. Una fiaba che racchiude al suo interno molteplici significati e molteplici sfumature e che lascia ad ogni lettore la possibilità di essere letta nella chiave che più preferisce e con il lasciato che più gli scalda il cuore. Che sia il senso di solidarietà, che sia l’abbraccio di un nonno che è cullato a sua volta dal sorriso del nipote.
16.04.2020. Ciao Luis, buon viaggio.
«Ho imparato l’importanza della lentezza e, adesso, ho imparato che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi» concluse in un sussurro e lentamente, molto lentamente, se ne andò a mangiare insieme alle sue compagne.
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Il tempo senza misura
Le piccole favole di questo autore cileno lo fanno sempre sembrare un pifferaio magico che, grazie ai suoi animali, personaggi che umanizza, vuole incantare anche gli adulti. Questo libro mi è piaciuto un pochino meno di altri, anche se ho ritrovato tanti bei personaggi e tante situazioni verosimili. Incentrato sui concetti della rassegnazione ed abitudine, attraverso il tempo senza misura degli esseri lenti, fra cui la lumaca protagonista ma anche la tartaruga, l’autore ci porta a scoprire che il Paese del Dente di Leone non è fuori da noi e non è lì che lo dobbiamo cercare, ma è dentro di noi. L’immagine più bella è quando la lumaca Ribella, riuscendo a vincere la sua paura e a portare in salvo anche le sue simili, comprese quelle più scettiche, si guarda indietro e vede la loro tipica scia di bava, che ha sempre guardato come se fosse una traccia di dolore. Avendo vinto la sua paura, ora la vede anche come una traccia di speranza. Io sono nella fase in cui la vedo ancora come traccia di dolore.
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UNA LUMACA RIBELLE
Sepulveda è uno scrittore per tutte le età, benché i suoi lavori siano sostanzialmente delle favole, leggibili in poche ore, brevi e dal linguaggio semplice e diretto, un bambino può trovare la storia di animali parlanti e buoni sentimenti, un adulto un messaggio “sottinteso” più profondo, che va a scavare più giù della semplice storia.
Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza è proprio questo.
Una giovane lumaca vive con le altre compagne più o meno giovani all'ombra del calicanto, mangia le le tenere foglie del prato, lenta e serena. Ma come tutti i giovani questa lumaca, che non ha un nome, perché tutte si chiamano lumaca, ha tante domande che i vecchi non riescono a soddisfare.
Perché non ha un nome? Il mondo fuori come è?
E un giorno parte all'avventura, da sola, verso il mondo sconosciuto.
E avrà dei compagni di viaggio: dal gufo alla tartaruga, quella che finalmente le darà un nome: Ribelle.
Ma il mondo sta cambiando, la minaccia del nastro di asfalto caldo e puzzolente si sa avvicinando e sta minacciando la sua vecchia casa.
Ribelle decide di tornare ad avvertire la sua vecchia famiglia...ma è lenta...lenta...farà in tempo ad arrivare? Sul suo cammino avvertirà gli altri animali, grati per poter scappare in fretta, e infine arriverà alla sua vecchia casa, ma come tutti i giovani ribelli troverà tanta indifferenza, persino scherno da parte dei vecchi e dei saggi che “sanno”.
Qualcuna partirà con lei, qualcuna no, verso questo viaggio della speranza,verso questa piccola odissea, questo piccolo esodo, in una corsa contro il tempo (strana una corsa contro il tempo per una lumaca!!) per trovare una nuova casa prima dell'inverno.
E per scoprire che forse, la “terra promessa”, se la sono portate dietro per tutto questo tempo senza saperlo!
Un racconto semplice, persino banale, ma dentro al quale si possono trovare tanti temi più o meno attuali: l'ecologia, il conflitto generazionale, la ribellione, la speranza, il viaggio, tante cose in poche pagine. Che non sono un capolavoro ma che lasciano qualcosa di dolce nel cuore.
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Chi va piano va sano e va lontano
Ci sono elementi ormai dissipati nella folle rincorsa dell’uomo all’emancipazione, velocita’ e saturazione imperano nell’intento di incastrare la maggior quantita’ di faccende nel minore tempo possibile.
Cosi’ scorrono le ore frenetiche e la vita sfugge a ritmo vertiginoso, talvolta inconsapevolmente, talaltra prendendo nota correndo, perche’ come fermarsi non si sa piu’.
Eppure, che siano i nostri antenati sbocciati nell’Eden biblico o che provengano dalla giungla dei primati, e’ indubbio che il paradiso fosse luogo di pace e lentezza. Il primo volo di un Concorde su un territorio vergine fu il trionfo umano alla lotta contro il tempo e la distanza, il boato nei cieli fu quello stesso istante una deflagrazione atomica per le creature della foresta piu’ fitta.
Sebbene nella fretta non li localizziamo, esistono tanti piccoli paradisi abitati intorno a noi, egualmente minacciati dal furore umano.
Sepùlveda ci narra di una lumaca coraggiosa che , curiosa di sapere il perche’ della lentezza della sua specie, lascia il gruppo ed il tiepido riparo ai piedi del calicanto per intraprendere un viaggio alla ricerca di risposte. Il cammino scorre lento e faticoso per la creatura, che scopre pero’ quanto avrebbe perso di vista correndo , intenta ora a salvare gli abitanti del prato dal mostro di asfalto con cui l’uomo sta soffocando ogni angolo verde.
La fiaba e’ scritta in maniera semplice ma il soggetto insolito ed il tema cosi’ attuale rendono lo scritto molto piacevole alla lettura, in una tenera e rigenerante riflessione raccolta nel tiepido ma fragile involucro di un guscio di lumaca.
Molteplici i significati che ogni adulto potra’ intravedere nel breve testo, mi fermerei sulla mia visione dell’intento . Mi piace immaginare nei racconti di Sepùlveda l’auspicio che ogni bambino muova i primi passi ballando su un campo fiorito di fiabe e che ogni adulto, dimenticatosi ormai di quei piedini felici, trovi un istante per spogliarsi della sua divisa inamidata risconprendo il saggio piacere di vivere nelle favole.
Buona lettura.
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La ricerca della verità
Sempre in “Un’idea di felicità” Luis Sepulveda rivela l’antefatto della sua terza favola: “… uno dei miei nipoti, Daniel… aveva una lumaca in mano e la guardava attentamente”
“Nonno, perché è così lenta?”
“Guarda, Daniel. È una domanda difficile ma ti rispondo. Non adesso, lasciami un po’ di tempo…”
“Allora ho deciso di rispondere alla domanda di mio nipote sotto forma di storia… mentre scoprivo qualcosa di sorprendente: la lentezza. Ho scoperto che la lentezza… è la possibilità di recuperare un ritmo personale di movimento, un ritmo personale di sviluppo.”
La lumachina protagonista del racconto incarna il desiderio di conoscere (“una lumaca che, pur accettando una vita lenta, molto lenta… voleva conoscere i motivi della lentezza”) e l’anticonformismo: non si rassegna alle spiegazioni dogmatiche (“«Sei lenta perché hai sulle spalle un gran peso» spiegò il gufo”) o tautologiche (“siamo lente perché non sappiamo saltare come le cavallette né volare come le farfalle”) e con tenacia vuole scoprire la verità (“La mia lentezza è servita a incontrarti, a farmi dare un nome da te, a farmi mostrare il pericolo…”).
La storia ha una potenza simbolica molto intensa: ogni concetto è rappresentato da animali e situazioni (l’incontro con la tartaruga, ad esempio, esprime il relativismo: “Io veloce? E’ la prima volta che me lo dicono”), Sepulveda non abbandona mai il punto di vista ingenuo della lumaca (il “limitare del prato che le lumache chiamavano la fine della vita”) e, attraverso l’animaletto, esprime la preoccupazione cosmica (“Gli umani copriranno tutto con uno strato di ghiaccio nero”) di fronte al pericolo ambientale (“Resta molto poco del prato che conoscevamo”).
Il registro è sempre poetico (“la scia di bava che brillava sulla rugiada… pur essendo una traccia del dolore, era anche una traccia di speranza”), la dedica ai nipoti non può che implicare un messaggio finale di ottimismo (“Il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi”)…
Bruno Elpis
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90 pagine e tantissime riflessioni
C'era una volta una lumaca che viveva insieme ad altre lumache nel prato chiamato Il Paese del Dente di Leone.
Questa lumaca non aveva nome, non sapeva perché le lumache andavano lente e aveva molta curiosità di scoprire il perché.
Così decide di partire alla ricerca di un nome e del perché le lumache vanno lente.
Si lo so, è una sinossi abbastanza stilizzata ma se pensiamo che la fiaba è composta da neanche cento pagine dovevo rimanere sintetica.
Bando alle ciance.
Sono arrivata a trent'anni senza aver mai letto nulla di Sepulveda, lo ammetto.
Ebbene si, non ho letto neanche Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare e questo perché sono convinta che i libri arrivino alle persone nell'esatto momento in cui devono imparare qualcosa da essi e probabilmente se avessi cominciato queste letture tempo fa, probabilmente non mi avrebbero colpito.
Ad ogni modo devo ammettere che mi ha fatto riflettere. E a me piacciono quei libri che regalano ottimi spunti di riflessione.
Primo di tutti ho notato il tema del "branco" o compagnie di persone, in cui ci si aggrega in giovane età e ad un certo punto della propria vita, si fatica per trovare la propria strada e unicità.
Spesso si pensa che essere in gruppo sia sempre meglio che stare da soli. A volte fa paura staccare la spina da certe persone per intraprendere la propria strada a costo anche di trovarsi in momenti di solitudine e incomprensione da parte di chi ti vuole bene.
Ribelle è una lumaca che ha il coraggio di porsi domande, di guardare avanti sia per aiutare se stesso a capire sia per aiutare la sua famiglia/comunità che è in un imminente pericolo.
Mi ci rispecchio molto e devo dire che sono stata brava, perché nel mio piccolo, anche io ho abbandonato il porto sicuro per trovare ciò che mi fa stare meglio. Andando incontro a solitudine e tristezza ma ritrovando una famiglia e una creatività che credevo defunta.
Un secondo spunto di riflessione dovremmo farlo noi umani. Lo riassumerò in un'unica parola senza dire altro perché esprime da sola tutta la tristezza e la pazzia umana: cementificazione.
Terzo spunto di riflessione: Il tema della lentezza.
La lumaca va lenta mentre noi corriamo dietro al tempo nella speranza di fare tantissime cose in poco tempo.
Come quando piove e per non bagnarci corriamo più in fretta, senza sapere che correndo ci bagniamo di più e non ci viviamo il momento.
Viviamo in un periodo storico in cui tutto va di fretta. Gli affetti, i giorni, il lavoro, il tragitto. E per arrivare dove? In un altro posto in cui dovremmo ricominciare a correre.
Il quarto spunto di riflessione l'ho fatto grazie ad una frase, quella conclusiva, che mi ha colpito più di tutte:
..."No" sussurrò Ribelle, "ti sbagli. In questo viaggio che è iniziato ho voluto avere un nome ho imparato tante cose. Ho imparato l'importanza della lentezza e, adesso, ho imparato che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi."
Il Paese del Dente di Leone non è altro che la felicità per noi, il posto che tutti desideriamo trovare.
Credo sia una frase ricorrente che mi trovo in tutti i libri e condivido anche quelle di Tiziano Terzani che nel suo libro "Un altro giro di giostra", mi aveva colpito e fatto riflettere.
"ciò che è fuori è anche dentro, e ciò che non è dentro non è da nessuna parte.....Per quello viaggiare non serve. Se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori. E' inutile andare a cercare nel mondo quel che non si riesce a trovare dentro di sé."
" Senza uscire dalla porta
conosce tutto quel che c'è da conoscere
senza guardare dalla finestra
vede le vie del cielo
perchè più lontano si va
meno si capisce
Il saggio arriva senza partire
Vede senza guardare
fa senza fare."
Scusatemi per queste recensioni troppo lunghe ma amo esprimere la mia opinione, nella speranza di poter avere un feed back da voi che avete avuto la pazienza di leggermi fino a questa riga.
E' un libro da leggere sicuramente anche se definirlo "un libro per bambini" mi sembra sbagliato.
Sepulveda lo ha scritto per se stesso e per noi che non siamo più capaci di sognare. I bambini non hanno questa difficoltà quindi lasciamoli in pace nel loro meraviglioso mondo di fantasia.
Buona lettura.
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La vita, una corsa a perdifiato
Una favola dei nostri giorni, teneramente indulgente con il dolore del tempo....Dolore e tempo,temi ricorrenti, perché mettono in discussione il senso della vita...Il racconto mi fa venire in mente un bellissimo film, visto di recente, dal titolo "Young Europe", in cui, accanto ai giovani, la protagonista è in definitiva la strada, quella strada dove si vive, ci si incontra, ci si muove, si corre e a volte si muore... Uno dei personaggi chiave, il nonno della francesina Josephine,, per spiegare alla nipote la necessità delle scelte razionali come espressione della libertà, le regala un libro di Sartre, "L'età della ragione" - e le dice che la vita è una corsa a perdifiato, uno spettacolo che finisce troppo presto e non c'è nessuna possibilità che ti rimborsino il biglietto..Nella favola di Sepulveda la corsa della vita è tutta in quella strada, il manto di asfalto nero, che gli uomini stanno costruendo per andare più veloce e che distrugge il prato. Così le lumache sono costrette a fuggire....in una lenta ma inesorabile corsa contro il tempo, che lascia una scia di bava, una scia di dolore...Dunque dolore e tempo inducono alla ri-flessione, a ricercare dentro se stessi il senso profondo di questo dono troppo breve, che è la vita...un senso racchiuso nell' amicizia, nella splendida irripetibilità di ciascuno di noi, individuato per nome, nella commensalità, nella libertà, valori essenziali per una crescita autentica. La scoperta finale della lumaca, che capisce che bisogna guardare dentro se stessi per recuperare ciò che si credeva perduto, è simile alla chiosa del nonno a Josephine, nipote troppo indaffarata, frenetica e veloce "...la vita è una corsa a perdifiato...sì...ma promettimi che mi porterai con te, dentro di te, quando correrai..." alludendo al fatto che per lui il capolinea è vicino.
L'importanza della lentezza sta dunque nella possibilità della ri -flessione, intesa come un guardarsi dentro per recuperare il coraggio delle scelte razionali. La favola non è allora un invito alla lentezza, ma a dedicare il tempo breve che ci è concesso alle cose importanti....ad accorgersi che spesso non sono poi così lontane. Nella consapevolezza della necessità del dolore, sulla cui scia, sempre, spuntano meravigliosi fiori.
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esodo! esodo!
Concludo la lettura dell'ultima fatica di Luis Sepulveda e cosa faccio? Chiudo gli occhi...e mi vedo assorbita dai propri impegni, che mi costringono ad andare a 1000.
Se il posto di colpevole dev'essere occupato, l'unica candidata sarei 'io'...Basta!!! autoflagellarsi, non mi appartiene, piuttosto trovo un rimedio: da questo momento andrò come una lumachina, lentamente, lentamente.
Consapevole che ci vorrà del tempo prima che possa far mio questo nuovo modello, non mi resta che immaginare di essere parte integrante della comunità delle lumache.
Uno, due, tre... Numerose sono le lumache che dimorano sotto la rigogliosa pianta di calicanto. Insieme condividono il momento del pasto, mangiando foglioline dalle piante di dente di leone. Le difficoltà, che sorgono quando provano a scambiare qualche parola, non sono indifferenti perché nessuno ha un nome. Stranamente, la confusione che si genera, non sembra scalfirle minimamente tanto meno i rischi che la loro lentezza può comportare, poiché è stato sempre così e "accettavano di essere come erano con lenta e silenziosa rassegnazione". Le giornate nel villaggio potrebbero scorrere serenamente se la loro quiete non venisse, spesso, turbata dalle troppe domande, di una lumaca. Domande fastidiose e che reiterate nel tempo spingeranno la lumaca "strana", così classificata, ad allontanarsi dalla colonia per trovare altrove le tante cercate risposte, con grande sollievo delle altre.
Un viaggio che la condurrà non solo a scoprire l'importanza della lentezza e ad avere un nome, naturalmente il tutto supportato dall'incontro di nuovi amici, ma a dare il giusto valore a certune parole come: Individualità, Combattività, Importanza della memoria, Altruismo, che contribuiranno alla sua crescita interiore ... e perchè no!!! A quella dei nostri figli.
Ciò che risalta dalle pagine di questa favola oltre ai vocaboli dal significato universale, fondamentali per la crescita di ognuno di noi, è l'importanza della lentezza, vista come un pregio poichè consente di apprezzare ogni piccola meraviglia che la natura ci offre, apparentemente insignificanti pertanto catalogate come qualcosa da sorvolare in una società che ci impone ritmi sempre più frenetici.
Attraverso un linguaggio semplice la lettura risulta scorrevole, consentendo al piccolo lettore e non, di apprezzarne totalmente ogni singola parola.
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Lumache dalla memoria corta
Credo che presto nelle enciclopedie accanto ai mitici Fedro ed Esopo , di questo passo, fra i maestri favolisti , si può dire così?,verrà citato anche il cileno Luis Sepùlveda. Con "Storia di una lumaca..." sono ormai tanti i personaggi a quattro zampe e non che popolano la sua produzione letteraria.
Ci ha conquistati, tanti anni orsono, con la famosa gabbianella,poi gatti, cani e sorci non sono mai mancati fino ad ora che ha deciso di sorprenderci raccontandoci della Lentezza,della Memoria e dell'Identità da conquistare con l'aiuto di un animaletto,piccolo piccolo, innocuo e indifeso: la lumaca.
Dunque, c'era una volta sotto un grosso calicanto un gruppo di lumache,queste Arionidi : piccole, grandi, giovani o vecchie vivevano mangiando le foglioline del dente di leone che sotto il fusto della pianta cresceva rigoglioso ed erano felici, se si può dir felice chi mangia, beve e dorme e ignora beato tutto il resto perchè dalla sua esistenza ha eliminato nomi e domande. Una lumaca è una lumaca, striscia e mangia, non ha bisogno neanche di un nome proprio, a che gli serve? E pensare che Etienne Pascal (padre del filosofo) ne ha fatto una curva algebrica, e che dire di quelle che a miliardi di miliardi affollano i nostri computer,chioccioline petulanti!, per non parlare delle escargot. Ma no, le lumache di Sepùlveda si fanno i fatti propri, il mondo comincia e finisce sotto un calicanto, fino a quando una di loro, la più giovane di tutte,comincia a chiedere e a chiedersi perchè è così lenta? I cavalli corrono, gli uccelli volano, perchè loro devono strisciare? Ma soprattutto perchè nessuna di loro ha un nome? Signora lumaca, signor lumacone, lumaca uno,due,tre...ma perchè le lumache non hanno nomi propri? Stretta la foglia,larga la via , vi ho detto la mia correte in libreria a leggere la sua, quella di Sepùlveda.