Se fossi una strega
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Sulle tracce (indiane) di Mary
A soli due ani dalla pubblicazione de “Il viaggio della strega bambina”, Celia Rees decise di dare un seguito alle avventure di Mary, anche se sarebbe sbagliato parlare di un vero e proprio sequel. In “Se fossi una strega”, il primo volume si presenta infatti come un libro nel libro, con Alison -la curatrice delle Carte di Mary- alla ricerca di altre notizie su Beulah ed i suoi abitanti.
La storia di Mary riprende da dove si era bruscamente interrotta: la ragazza è in fuga dal villaggio dei puritani che la reputano una strega e cerca rifugio nei boschi; a salvarla saranno Penna Azzurra e Aquila Bianca, gli indigeni che già l’avevano aiutata nel primo capitolo e che lei sceglierà di seguire, abbandonando i costumi europei per entrare a far parte della loro tribù. Per narrare questi eventi, l’autrice adotta una nuova tecnica, da me affatto apprezzata.
Se le Carte di Mary ed il loro viaggio nella vecchia trapunta erano in grado di trasmettere un senso di Storicità, pur nella loro palese finzione, in questo seguito la Rees preferisce accantonare i (falsi) documenti storici e seguire la via del misticismo. Entra così in scena Agnes, una giovane indiana dei giorni nostri, connessa da un forte legame alla sua antenata Mary, tanto che la lettura de “Il viaggio della strega bambina” la porta a rivivere in trance tutta la vita della presunta strega.
Sebbene la trama segua per intero le vicende di Mary, il lettore non incappa in nessun evento tanto sorprendente da non poter essere intuito già dal finale del primo volume, dove veniva appunto ventilata la possibilità che la giovane si unisse ai pellerossa, senza far più ritorno tra gli occidentali. Mi sarei inoltra aspettata maggiori collegamenti al tempo trascorso da Mary a Beulah: sotto questo aspetto, il seguito è davvero superfluo, anche per i lettori che hanno molto apprezzato il primo volume.
Per quanto riguarda i personaggi, viene offerta al lettore un’ottima introspezione di Mary, mentre tutte le persone con le quali interagisce vengono presentate attraverso le sue percezioni ed emozioni, quindi non se ne ottiene un quadro molto dettagliato.
Anche i personaggi della story-line ambientata nel presente sono abbastanza abbozzati, perfino Agnes che dovrebbe essere invece una sorta di coprotagonista; a spiccare per il suo carisma è soltanto zia M, sebbene i suoi “poteri” di preveggenza finiscano più volte per anticipare a tal punto gli eventi da far perdere dei frammenti narrativi al lettore.
L’elemento magico è un altro aspetto del romanzo che non ho affatto gradito. Rispetto a “Il viaggio della strega bambina”, qui la magia viene presentata sotto una luce del tutto diversa: da mera percezione di una ragazzina suggestionata dalle storie ascoltate e dal particolare ambiente in cui vive, si trasforma in qualcosa di reale e tangibile. A dispetto del fuorviante titolo italiano, Mary è ben consapevole di essere dotata di poteri speciali e ad essi fa ricorso vari volte nel volume, sia per fini utili come nascondersi nella nebbia durante un fuga, sia per scopi meno nobili come nel caso di una maledizione scagliata contro il bersaglio della sua vendetta.
Risulta quindi evidente che questo libro non può essere valutato senza affiancarvi e paragonarvi il precedente; da un’analisi generale, sia per i temi affrontati sia per il tono adottato, si evidenzia come questo romanzo sia pensato per un pubblico più maturo.
A favore dell’autrice mi sento in dovere di citare l’abilità nel delineare scene ricche di emozione, seppur con un linguaggio semplice ed immediato, e l’eccellente conoscenza che dimostra di possedere: sulla storia del Nord America ai tempi dei primi coloni europei e sulla cultura delle varie tribù indiane, nel passato come ai giorni nostri.
Desidero infine menzionare come la Rees, sempre per mezzo di Alison, abbia deciso di ricorrere al metodo dei “documenti ritrovati” per far conoscere al lettore il destino degli altri personaggi del primo capitolo, seppure in modo nettamente separato dalla narrazione.
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