Io sono la neve
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Proteggersi dalla luce
Della neve mi ha sempre affascinato il candore. Di questa storia, il protagonista albino mi ha affascinato sin da subito, la sua introspezione, il suo doversi proteggere dalla luce, il suo doversi proteggere dagli altri.
Ammetto che fin dalle prime righe ho avvertito una sensazione di disagio, l'autrice imprime questa sensazione stonata e il lettore avverte che l'epilogo non sarà nulla di buono.
Nella storia resta per quasi tutto il romanzo un alone di mistero sul "Grande Gioco", sul tema della tragedia e sulle registrazioni che Tim lascia in eredità a Duncan.
Io, come Duncan, non vedevo l'ora di ascoltare la successiva e ho letto il romanzo tutto d'un fiato.
Come in tutte le storie romantiche che si rispettino, anche in questa c'è la fantomatica principessa, Vanessa - che della principessa ha poco e che come in tutti i cliché sta con il bullo della scuola e, a mio parere, illude Tim. Ammetto che non mi è piaciuto molto come personaggio, forse perchè inconsciamente incolpo lei per quanto successo a Tim.
Stile e ritmo incalzante, di facile costruzione e ben strutturato nei capitoli, lascia il lettore col fiato sospeso, senza mai cadere nel banale. Finale "triste" intuibile, ma non nei minimi dettagli, quindi ho apprezzato molto questa particolarità.
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Esatto, la neve, la mia preferita
“Io sono la neve” è un titolo che ha richiamato la mia attenzione semplicemente perché contiene la parola neve (“Esatto, la neve, la mia preferita”).
Fin dalle prime pagine si comprende che l’identificazione con la neve viene affidata da Elizabeth Laban all’anomalia genetica (“Perfino le persone più gentili di rado osano toccarmi”) che affligge Tim, il protagonista: un ragazzo albino che frequenta la Irving School (“Qui troverai un amico, e lo diventerai”).
La narrazione comincia in una notte d’ottobre: la bufera blocca in aeroporto Tim e Vanessa, entrambi diretti al college. Dopo aver giocato sulla neve, i due trascorrono la notte in albergo, nella stessa camera, per poi ripartire al mattino.
La neve imbianca il college nella notte finale del semestre di studi, quando si celebra il Grande Gioco, ossia l’evento con il quale si congedano coloro che frequentano l’ultima classe, quell’anno rappresentato da “una slittata a mezzanotte… nel bosco.”
Il racconto si sviluppa mediante la tecnica della narrazione-ricordo: secondo la tradizione del college, ai ragazzi che frequentano l’ultimo anno viene assegnata una camera (“L’ultimo giorno di scuola scrivevano il nome del futuro occupante su un foglio che appendevano alla porta, lasciando nella stanza un tesoro”) ove trovano un “regalo” del precedente occupante (“E il tesoro che lo aspettava poteva essere qualunque cosa”); e Duncan trova “una pila di CD” che Tim ha registrato (“È importante che tu sappia esattamente come sono andate le cose e perché. Qualcuno deve saperlo, qualcuno deve essere in gradi di trarne profitto e non ripetere i miei stessi errori”) e che contengono la verità sul suo semestre fatale (“Ti sto dando su un vassoio d’argento la base del tuo compito sulla tragedia”)…
Il tema della diversità (“Sapevo che mi sarei distinto come un orso polare in mezzo a un branco di grizzly”), esasperata dal bullismo, viene proposto in modo coinvolgente: nell’ambiente chiuso della scuola confluiscono i complessi e le difficoltà di Tim (“La luce poteva danneggiarmi gli occhi in modo irreversibile”), i suoi sentimenti per Vanessa e gli insegnamenti del professor Simon, impegnato a coinvolgere gli studenti in una tesi sulla tragedia:
“Conoscere le seguenti parole chiave ed espressioni…: ribaltamento della sorte, pietà e terrore, errore di giudizio, fato, peripezia, anagnorisis, hamartia, catarsi, mimesi, eleos, phobos, difetto fatale, ordine, caos, agnizione, conflitto, status, inevitabilità, percezione. Hubris, monomania, dedizione, imprevedibilità, ottimismo, ironia.”
“E infine: rilevanza, rilevanza, rilevanza.”
Particolarmente toccante la scena del doposcuola, ove Tim incontra un bambino albino:
“Rimasi seduto in silenzio, accanto al bambino albino, che mi aveva detto di chiamarsi Nathan”
“Io sono un po’ come la neve… E anche tu!”
“Sì, è vero. E la neve è una cosa speciale. Credo.”
La vita comunitaria procede verso l’epilogo con un ritmo che – per rimanere in tema – ricorda la palla che si trasforma in valanga. Mentre la storia di Tim, delle sue paure e della sua ribellione, precipita sul lettore prigioniero in quella boule de neige che è il romanzo…
Bruno Elpis