D'un tratto nel folto del bosco
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Una bella fiaba
Ho sentito parlare spesso di Amos Oz come di un ottimo autore (e spesso in odore di Nobel per la letteratura), dunque ho voluto fare un primo approccio alla sua opera. Non sapendo da dove cominciare, ho scelto questo libro perché ridotto nella mole e sostanzialmente ben recensito, in giro per il web.
Non me lo aspettavo, ma mi sono trovato davanti una fiaba irresistibile, una di quelle da leggere ai bambini prima di andare a letto; di quelle che possano lasciar loro un'impronta positiva.
Lo stile di Amos Oz si adatta perfettamente alla storia raccontata, circondando tutti i luoghi in un'aura fiabesca seppur abbastanza cupa, all'inizio. Forse in principio si può avere l'impressione che l'autore non sappia dove andare a parare, ma è tutta una preparazione per quello che accadrà nelle ultime pagine, dove la morale e le riflessioni si paleseranno e trarranno forza dalle fondamenta che l'autore ha imbastito.
Maya e Mati sono due ragazzini, abitanti di un paese dove, una notte, tutti gli animali sono scomparsi senza lasciare traccia. Si racconta che il demone delle montagne, Nehi, li abbia portati via con sé. Da quella notte, al calar del sole, nessuno esce per le strade e tutte le famiglie si serrano per bene nelle proprie case. Nessuno vuole parlare di quella notte, nessuno vuole soffermarsi troppo sull'assenza delle specie animali, che sono diventate quasi delle creature leggendarie. Tuttavia, a volte, gli adulti si lasceranno andare alla nostalgia, esibendosi nelle imitazioni dei versi degli animali scomparsi; ma si ravvederanno subito e cercheranno di distogliere i loro figli dalla ricerca della verità.
È uno strano paese, quello di Maya e Mati, non solo per l'assenza di ogni tipo di specie animale, ma perché molti dei suoi abitanti nascondono un animo sottilmente malvagio, subito pronti a prendersi gioco di chi è diverso, emarginandolo e umiliandolo a ripetizione. La scomparsa delle altre creature viventi ha avvolto il paese in un'atmosfera triste, smorta, accentuando quella malvagità nascosta sottopelle e l'intolleranza nei confronti del "diverso".
Sono proprio questi i temi centrali della fiaba, e su questi si incentrerà la morale conclusiva: il rispetto per gli animali e per gli altri, una morale che arriva forte al cuore.
"Qui da noi non ci si vergogna a stare nudi: in fondo siamo sempre tutti nudi, sotto i nostri vestiti, è solo che ci hanno abituati, sin da piccoli, a vergognarci di ciò che è vero e andare fieri di tutto ciò che è menzogna. E ci hanno abituati a essere contenti di quello che abbiamo solo se non l'hanno anche gli altri. E peggio ancora, ci hanno abituati sin da piccoli a nutrire idee malsane che cominciano sempre con parole come: 'Ma tutti...'."
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SOGNARE DI FUGGIRE
“ … la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero”.
Immaginate un mondo senza animali.
Immaginate che improvvisamente il vostro gatto, il vostro cane, i vostri pesciolini rossi, o qualsiasi altro animale domestico voi abbiate, scompaiano da un giorno all'altro.
Immaginate di inoltrarvi in un bosco e di non trovare più tracce dell’esistenza di animali: non una formica, né un bruco, né un rospo, né scoiattoli, né caprioli… niente di niente.
E’ proprio in un mondo del genere in cui vivono Maya e Mati; un mondo in cui il ricordo degli animali è ormai sfocato: di loro sono rimasti soltanto i disegni che li rappresentano e deboli immagini ormai sbiadite nella memoria dei grandi. Decisi a scoprire che fine abbiano fatto tutti gli appartenenti al genere animale, i due bimbi protagonisti di questa storia, si inoltreranno nel folto del bosco dove la loro curiosità verrà finalmente soddisfatta: qui impareranno alcune parole di micioliano, di muccheco, di moschese, di passeracco e di altre lingue animali, lingue diverse ma semplici, lingue che si assomigliano pur nella loro diversità, lingue che esprimono gli stessi concetti che vengono espressi nella lingua umana, ma che non possiedono parole che possano essere usate per umiliare o per offendere: perché nel “genere animale” siamo tutti uguali, nessuno escluso… nemmeno quelli additati di essere malati di “nitrillo” solo perché diversi dalla massa.
Attraverso descrizioni dettagliate di voci e di silenzi, di strade deserte al calare delle tenebre, di boschi rigogliosi nel loro splendore, Amos Oz riesce ad affascinare il lettore con questa storia piena di immagini incantate, una storia che fa riflettere, una storia con una morale triste ma semplicemente vera nella sua disarmante semplicità.
Una piccola chicca ripiena di incanto e di realtà.
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Amos Oz - D’un tratto nel folto del bosco
Una favola per bambini? Una favola per bambini allo stesso modo dei Gulliver’s Travels di Jonathan Swift: opere complesse che appartengono ad epoche assai lontane e diverse tra loro, che affidano all’uso dell’allegoria e della metafora significati profondi.
Il mondo descritto da Oz in questo breve romanzo appare subito circondato ed afflitto da un incomprensibile mistero. Ci troviamo in un luogo e in un tempo indefiniti, dove l’umanità, abbandonata dagli animali che avevano fatto parte della loro vita fino ad un certo momento, vive nell’angoscia d’una colpa commessa ma non ammessa né rivelata. Da questo paese dimezzato, in cui chi resta può facilmente essere identificato con l’oppressore e il carnefice, e chi si allontana con l’oppresso in cerca di pace, parte prima Nimi, il bambino buffo che aveva visioni notturne di animali e per questo veniva deriso per poi fare ritorno privo di parola e affetto da nitrillo. Ed è proprio la perdita della parola, così significativa in un mondo dove regna l’incomunicabilità, che permette al lettore di cogliere il profondo significato della vicenda. Solo i più puri, quali possono essere i bambini, hanno il privilegio di vedere. E saranno Mati e Maya, nella loro trasgressiva fuga in cerca della verità che riusciranno a vedere gli animali nascosti nel bosco, che vivono in armonia,
leoni con conigli, coccodrilli con caprette e uccelli di ogni tipo. In questo bosco giardino dell’Eden regna incontrastato Nehi. Anche lui aveva abbandonato, come Nimi, il mondo degli umani, il cui scherno spietato emargina il diverso. Il tema della diversità qui si fa determinante, in quanto il diverso viene considerato tale ora per colore della pelle ora per religione ora per scelte di vita. Il diverso di Oz non è solo l’ebreo che rivendica a sé il giusto diritto di cancellare secoli di emarginazione, ma è, in questo caso, a mio avviso, lo stesso artista, l’intellettuale, che come Nehi, si chiude nella sua torre d’avorio, sminuito e avvilito dalla insensibilità altrui e consapevole della sua incapacità di comunicare.
Eppure questo mondo impoverito, abitato solo da oppressori, può forse ancora essere salvato dalla purezza incontaminata di Maya, più ancora di quella di Mati, che conserva qualche ricordo forse d’un mondo prima ancora della sua nascita: questi ricordi sono la causa dei suoi timori, mentre Maya appare più coraggiosa, proprio per la sua assoluta purezza. Ed è a Maya e a Mati che sarà affidato il compito di raccontare quanto hanno visto, di restituire agli abitanti del paese la vera vista, la vista degli occhi dell’anima.
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Chi è il diverso ?
Sembra una favola per ragazzi, ma i temi trattati e la psicologia dei personaggi sono complessi e per niente scontati. I protagonisti non si possono incasellare in ruoli predefiniti, il bosco stesso può essere letto come luogo tenebroso o salvifico. Tutto è relativo, dipende dalla prospettiva che di volta in volta si offre al lettore.
Su tutto il racconto aleggia un'atmosfera inquieta, si avverte l'ansia dell'irrisolto creata ad arte dal mistero che segna questo villaggio isolato, ai confini della civiltà, e assolutamente privo di animali. Un mistero di cui gli adulti negano l'esistenza, di cui non vogliono parlare,"perchè chi non sa non può sentirsi colpevole."
Eppure i bambini colgono l'imbarazzo, il fastidio, il rammarico nelle parole dei genitori. Chi sostiene che un tempo esistessero gli animali è considerato folle. Come la maestra del paese che non ha mai trovato marito. Come il vecchio Almon che faceva il pescatore, mentre ora parla da solo perchè non ha più il suo cane e scrive su un quaderno di una notte in cui lo spirito malvagio del bosco si è portato via tutte le bestie compreso, il suo fedele Zito, ma sono le farneticazioni di un vecchio. Come il piccolo Nimi che un giorno si è perso nella foresta ed è uscito diverso (o forse era diverso anche prima?).
La diversità è uno dei temi centrali, insieme al bisogno di essere amati per ciò che siamo, al rancore provocato dalla diffidenza-indifferrenza, alla difficoltà di ammettere scelte sbagliate e rimediarvi.
Il testo offre descrizioni stupende sia della foresta, irascibile e rumorosa, che fa da contrappunto al silenzio del villaggio, sia di Nehi, il demone del bosco. Nei suoi confronti si può provare timore e allo stesso tempo compassione. Eppure lui può dilatare il tempo, può far sì che non cali la sera per trattenere presso di sè Mati e Maya, cha hanno infranto il divieto dei grandi e si sono inoltrati nella foresta, diventando diversi (o forse sono entrati nella foresta perchè diversi lo erano già da tempo?). Nehi ha un sorriso furbo che parte dagli angoli degli occhi e scorre lungo le rughe del suo volto, in quel sorriso amaro e distaccato sta il suo segreto. E' buono o cattivo Nehi? E' vittima o carnefice? Vi dico solo che gli animali hanno scelto lui, ma questa, ovviamente, non è la soluzione del mistero, anzi è solo l'inizio...