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Città di carta

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Quentin Jacobsen è sempre stato in­namorato di Margo Roth Spiegelman, fin da quando, da bambini, hanno condiviso un’inquietante scoperta. Con il passare degli anni il loro legame speciale sembra­va essersi spezzato, ma alla vigilia del diploma Margo appare all’improvviso alla finestra di Quentin e lo trascina in piena notte in un’avventura indimenticabile. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. E invece no. La mattina dopo Margo scompare misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l’hanno resa leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso.



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Città di carta 2015-10-29 17:49:16 fede.book21
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fede.book21 Opinione inserita da fede.book21    29 Ottobre, 2015
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Con dispiacere, pensavo meglio...

Credo di essere la prima e forse unica ad avere un'opinione negativa di questo libro.
Mi dispiace tanto, perché adoro l'autore e altri suoi libri li ho amati.
Il testo è scorrevole e non mi sono accorta delle pagine che passavano, quindi questo è positivo.
Ma la storia non mi ha entusiasmata e spesso l'ho sentita vuota e noiosa. Forse mi sono fatta troppe aspettative o forse i precedenti erano molto profondi e questo più leggero ne ha risentito.
Fatto sta che mi è successa la stessa cosa anche quando dopo ho visto il film. Penso che il materiale che aveva a disposizione era buono e anche il linguaggio, ma che l'ha tirato un pò via delle parti interessanti e approfondito anche troppo altre che lo erano meno.
Non sono una scrittrice quindi non posso dire come doveva fare e odio sempre dare un opinione negativa, ma qui viene chiesta un opinione e se tornassi indietro non lo leggerei , avendone cosi tanti che vorrei leggere e non avendo tantissimo tempo.
Però vi chiedo comunque di dargli una possibilità , se non avete altro da leggere che vi ispira di più, leggetene qualche capitolo se siete curiosi e decidete da soli come vi sembra, perché fortunatamente abbiamo tutti gusti diversi e come si vede in altre opinioni , potrebbe piacervi tantissimo.
Tutto qui =)

Buona lettura

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Città di carta 2015-08-21 11:22:31 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    21 Agosto, 2015
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Città di carta, persone di carta.

Margo Roth Spiegelman è un vero e proprio miracolo per Quentin Jacobsen, vicino di casa nonché compagno di scuola innamorato della predetta. E come resistere, d'altra parte, a questa non solo affascinante ma anche avventurosa ed intraprendente ragazza? Mentre tutti si limitano a vivere seguendo un percorso logico ed ordinato questa lo rifiuta, è uno spirito libero e come tale ha bisogno di evadere, di ricercare altre strade, di fuggire. E le fughe per l'eclettica ed egocentrica protagonista non sono mancate negli anni, ecco perché quando alla vigilia del diploma, dopo una notte di piccole ma inesorabili vendette, di risvegli dal torpore, dalla ricerca di alternative con Quentin, detto Q, i suoi genitori non restano sorpresi dalla sparizione. Tutti, tranne Quentin, non sono minimamente preoccupati dalla sua scomparsa. Eppure c'è qualcosa di diverso dalle altre volte, qualcosa che fa immediatamente comprendere al vicino che questa non sarà una dipartita come le solite, sarà un “voltarsi per non tornare indietro”, il più chiaro degli addii.
Una serie non indifferente di contraddittori indizi dalla stessa disseminati si fanno largo tra le giornate di scuola e preparazione al diploma, piste a seguito delle quali ogni possibile ed inimmaginabile catastrofico scenario fa capolino nella mente di Q. Perché quel riferimento alle “città di carta”, alle “persone di carta” proprio durante la notte antecedente la sua sparizione? Che Margo voglia essere ritrovata? Che voglia che sia proprio Jacobsen a riportarla a “casa”?
Inizia così l'avventura di Q e dei suoi amici Ben, Radar e Lacey alla ricerca della studentessa. Una ricerca che sarà caratterizzata dalla ricostruzione di un vero e proprio puzzle non solo in merito alle tracce ritrovate ma anche (soprattutto per il protagonista) su loro stessi, sulla diversa percezione che ognuno aveva (ed ha) della giovane ma anche della diversa percezione che ognuno di loro ha di sé e di chi ha accanto, un viaggio alla riscoperta del “cosa è vero” e “cosa è di carta”.
L'idea di Green è interessante ed attuale seppur non brilli per autenticità. Tutto ruota intorno al concetto dello specchio anche se credo sia più opportuno parlare di “maschere” e questo inevitabilmente mi riconduce al caro ed ineguagliabile Pirandello e a molti altri storici letterati. Per l'americano il punto di partenza è che tutti indossiamo una maschera diversa a seconda del ruolo che vogliamo rivestire e del con chi siamo in quel determinato contesto. Di conseguenza la mia percezione di Tizio è diversa da quella che Caio ha del medesimo perché con me quella persona si è comportata in un modo e con quest'ultimo in un altro. Si crea pertanto un meccanismo in cui tutti credono di conoscere l'individuo al proprio fianco quando in realtà nessuno conosce nessuno, in cui il “vero io” della persona non esce mai perché sempre camuffato da un travestimento diverso. Questo fino a quando non si raggiunge un limite e si pensa di poterlo prevaricare scappando, ricominciando da zero. La realtà dei fatti dimostra che non basta cambiare luogo perché ovunque si vada “la maschera”, o lo specchio per chi preferisce la versione americana, è sempre nel bagaglio di viaggio.
Tutto ciò porta non solo a ritenere di “conoscere” ma anche ad idealizzare la persona e Q non è immune da ciò. Per ritrovare Margo non basterà affidarsi su quel “che sappiamo di lei”, mettendo a paragone ogni indizio, ogni percezione, se ne ricaverà una persona completamente diversa da quella creduta e più andrà avanti “l'indagine” e più Quentin si renderà conto di quanto poco realmente sapeva di lei, di quando l'aveva idolatrata, di quanto in realtà la Spiegelman si sentisse vuota, sola, incompresa, di quanto non fosse la personalità indipendente, lo spirito libero che voleva far credere di essere rivelandosi altresì un'adolescente viziata, paurosa, timorosa del giudizio altrui nonché alla ricerca di attenzioni da parte di genitori incapaci di donare amore.
Il romanzo è capace di mantenere viva l'attenzione del lettore dall'inizio alla fine e raggiunge il suo culmine nella parte conclusiva dove si tirano le fila dei fatti avvenuti e dove i protagonisti affrontano un viaggio di 21 ore nella speranza di raggiungere l'amica.
Munito di uno stile semplice e diretto “Città di Carta” è un testo che si legge in un paio di giorni e che invita alla riflessione. Avendo divorato ed amato i classici non posso dire che brilli per originalità ma riconosco che, in particolare nell'età moderna dove sempre meno persone – soprattutto giovani – si dedicano alla lettura, è uno scritto capace di attrarre e di affascinare nonché invitare a tale nobile passione.

«[..] Ormai ho capito che non posso essere lei e che lei non può essere me. Forse Whitman aveva un dono che io non possiedo. Per quanto mi riguarda, io devo chiedere al ferito dove gli fa male, perché non posso diventare lui. L'unico ferito che posso essere sono io. »

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Città di carta 2014-08-14 14:57:53 Elisabetta.N
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Elisabetta.N Opinione inserita da Elisabetta.N    14 Agosto, 2014
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Città di carta

John Green sa come colpirmi, questo è sicuro.
Sa come farmi appassionare alla trama, sa come farmi sorridere, sa come farmi commuovere fino alle lacrime, insomma, sa come emozionarmi!

“…Da quassù non vedi la ruggine, la vernice scrostata, ma capisci che razza di posto è davvero. Vedi quanto è falso! Non è nemmeno di plastica, persino la plastica è più consistente. È una città di carta. Guardala Q: guarda quei viottoli, quelle strade che girano su se stesse, quelle case che sono state costruite per cadere a pezzi. Tutte quelle persone di carta che vivono nelle loro case di carta, che si bruciano il futuro pur di scaldarsi. Tutti quei ragazzini di carta che bevono birra che qualche cretino ha comprato loro in qualche discount di carta. Cose sottili e fragili come carta. E tutti altrettanto sottili e fragili. Ho vissuto qui per 18 anni e non ho mai incontrato qualcuno che si preoccupasse delle cose che contano davvero.”

E cos’è che conta davvero?
Quentin, detto Q, pensa di saperlo, ciò che conta è crescere, andare al college e costruirsi un futuro. E come potrebbe essere diverso per lui? Q così equilibrato grazie anche a due genitori psicologi che lo rendono davvero equilibrato. Loro hanno davvero previsto tutto, sì, tutto tranne Margo. Lei, una ragazza popolare, frizzante e spontanea, nonché vicina di casa di Q. Una ragazza che vive alla giornata, apparentemente libera. Ma attenzione a non tradire la sua fiducia perché l’amicizia con lei dopo andrà a “dormire con i pesci”
Non si sa come o perchè, ma una sera Margo decide di far partecipe dei suoi progetti Q, e la sua vita non sarà più la stessa…

John Green con il suo stile semplice, ma che sa andare dritto al punto, è riuscito nello stesso libro a farmi sorridere, preoccupare e persino a farmi piangere con quell’intensità tale da lasciarmi senza fiato.
Nonostante una trama un po’ rocambolesca, la storia rispecchia la realtà soprattutto per quanto riguarda i caratteri dei vari personaggi.

“Gli esseri umani sono sprovvisti di buoni specchi. È durissimo spiegare a noi come ci vedono e durissimo per noi spiegare agli altri come ci sentiamo”

Green racconta le incertezze di una realtà in continua evoluzione, dove i dubbi sono dietro ad ogni porta. Alcuni scelgono di non affondarli e di rimanere nella sicurezza delle proprie convinzioni, altri hanno così fretta di avere risposte da aprire in una volta tutte le porte e poi da scappare da esse non riuscendo a sostenerne il peso.
Ecco la cosa che mi è piaciuta di più, il fatto che, al’interno di una trama a tratti divertente e spensierata, ci siano numerosi spunti di riflessione.

Che dire infine? Davvero una splendida lettura!

“Ognuno all’inizio è una nave inaffondabile. Poi ci succedono alcune cose: le persone che ci lasciano, che non ci amano, che non ci capiscono o che noi non capiamo e ci perdiamo, sbagliamo, ci facciamo male, gli uni con gli altri. E lo scafo comincia a creparsi. E quando si rompe non cìè niente da fare, la fine è inevitabile. Però c’è un sacco di tempo tra quando le crepe cominciano a formarsi e quando andiamo a pezzi. Ed è solo in quel momento che possiamo vederci, perché vediamo fuori di noi dalle nostre fessure e dentro gli altri attraverso le loro. Quand’è che noi ci siamo ritrovati faccia a faccia? Non prima di aver guardato dentro le nostre reciproche crepe. Prima di allora stavamo solo guardando le idee che avevamo dell’altro come se stessimo osservando una tenda dalla finestra e mai la stanza all’interno. Una volta che lo scafo va in pezzi, però, la luce entra. Ed esce.”

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