Allegiant
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Opinioni inserite: 8
Sottile Delusione
Finale insolito per un romanzo, ma non del tutto inaspettato.
Non lo racconterò perchè sono contro lo spoiler nelle recensioni, lascio alla curiosità degli altri andare a vedere come va a finire..
Ho apprezzato alcuni colpi di scena dell’autrice e la novità della narrazione dai diversi punti di vista (da quello di Quattro e da quello di Tris), anche se purtroppo il romanzo non ha riacquistato il ritmo e la scorrevolezza del primo volume. Resto ancora molto scettica sulle “saghe”, questa non mi ha convinto come speravo.
Buone le descrizioni delle ambientazioni ed efficienti i dialoghi; forse un po’ ripetitivo e ormai trito e ritrito il rapporto tra I protagonisti.
Po’ delusa, lo ammetto.
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La giusta conclusione
- il testo contiene SPOILER -
Quest'ultimo capitolo, molto più dei precedenti, lascia senza fiato, imboccando una strada che mai si sarebbe immaginata al principio (se migliore o peggiore, non saprei dirlo).
L'idea degli esperimenti genetici certamente non è nuova, ma la Roth ci ha preso tutti un po' per i fondelli impostando la storia come una distopia alla Hunger Games, e prendendo poi una direzione completamente diversa.
Non mi aspettavo nulla di quanto c'è in "Allegiant", eccetto una cosa sola, mi tocca confessarlo.
Le mie parole su Tris si sono quasi del tutto esaurite.
Torno a ribadire quanto questo sia un personaggio effettivamente positivo, un personaggio che suggerisca un'empatia che non tanti autori sanno veramente creare. E' la Roth a muovere le fila di Tris, eppure le sue azioni sembrano rispondere alla volontà del lettore stesso.
In questo romanzo non c'è nulla di inaspettato per chi ha imparato a conoscere Beatrice nel corso della saga; compreso, dunque, il sacrificio finale. Ed è proprio questo uno dei temi centrali di quest'ultimo capitolo.
Di "sacrificio" si parla, quando il Dipartimento giustifica la cancellazione della memoria, e dunque dell'identità, di Chicago, per un "bene superiore" (la prosecuzione dell'esperimento); di "sacrificio" si parla, quando Nita tenta di somministrare il Siero della Morte ai membri del Dipartimento, in virtù di "un bene superiore" (la rivalsa dei Geneticamente Danneggiati); e ancora, di "sacrificio" si parla, quando Evelyn minaccia di ammazzare tutti gli Alleggianti, in virtù di un "bene superiore" (la cessazione della guerra civile).
Ancora una volta, sono le capacità morali e razionali di Tris ad intervenire sulla questione:
"Fare un sacrificio non vuol dire rinunciare alla vità di un'altra persona. Quello è un puro atto di malvagità."
E' Caleb ad avviarsi verso la ghigliottina, eppure sua sorella si accerta che le motivazioni siano quelle giuste; sua madre le ha insegnato che quando qualcuno è disposto a donare la sua vita per amore, bisogna accettare quel dono.
Ma l'amore non c'entra: Caleb si sente in colpa. E Tris non se la sente di accettare quel sacrificio: è lei a morire al posto di suo fratello.
Il finale è aspro, eppure ampiamente giustificato.
Di contro, Tobias si conforma all'opinione di lui che mi ero fatta nel precedente capitolo (Insurgent), sebbene il suo punto di vista e i pensieri compassionevoli di Tris abbiano contribuito a rendere quell'opinione meno ferrea.
L'unico colpo di scena che avevo già messo in conto, riguarda proprio lui: che Tobias non fosse effettivamente un Divergente, si era intuito dalla sua assoluta incapacità di comprendere Beatrice fino in fondo. L'avevo associato alla mancanza del fattore Erudito, ma non poteva essere quello l'unico ostacolo.
Per tre quarti della storia, si comporta come un idiota: dà credito a Nita ergendosi in sua difesa contro Tris, trovandosi invischiato in un affare che poi lo condurrà al senso di colpa per la perdita di Uriah.
Si era sfiorato questo punto anche nel precedente romanzo, quando, accecato dal rancore nei confronti di Marcus, aveva ostacolato Tris nel perseguimento dell'informazione che gli Abneganti stavano per diffondere prima dell'attacco. Si era poi redento alla fine, divulgando il video lui stesso.
E ancora, quando aveva creduto cecamente a sua madre, pur contro gli avvertimenti di Beatrice.
Ma persone come Tobias non capiscono sul serio i propri limiti finchè non ci sbattono muso contro.
Prima le parole rancorose e poi i pensieri compassionevoli di Beatrice riescono a portarci nell'ottica di Tobias, più del suo stesso punto di vista.
"Tu non riesci a vedere oltre i tuoi desideri. Ti sei alleato con Evelyn perchè desideravi disperatamente una madre, e ora ti stai alleando con Nita perchè desideri disperatamente non sentirti danneggiato...", afferma durante un litigio.
Poi arriva la compassione: "Non mi sbagliavo a dire che aveva un disperato bisogno di sentirsi amato da Evelyn, un disperato bisogno di non sentirsi danneggiato, ma non avevo mai pensato a quanto siano collegate queste due cose. Chissà come ci si deve sentire ad odiare il proprio passato e, al contempo, a bramare l'amore delle persone che ti hanno dato quel passato. Come ho fatto a non accorgermi di questa spaccatura dentro il suo cuore? Come ho fatto a non accorgermi prima che dentro di lui non ci sono solo forza e gentilezza, ma anche angoscia e sofferenza? Secondo Caleb, nostra madre sosteneva che c'è del male in ognuno di noi e che il primo passo per amare un'altra persona è riconoscere il male in noi stessi, per poi poterla perdonare. Quindi... come posso giudicare la sua disperazione... come se fossi migliore di lui, come se non avessi mai permesso alle mie ferite di accecarmi la mente?"
Solo a questo punto, sono riuscita a dissolvere parzialmente la mia delusione nei confronti di questo personaggio che, in soldoni, risulta deficitato non dalla mancanza della Divergenza ma dalle disgrazie della sua infanzia, da quella sensazione che accompagna tutti gli individui cresciuti all'ombra di genitori violenti, autoritari, incapaci di amare: la convinzione di non essere mai abbastanza.
E' curioso come, invece di allearmi idealmente con Tobias, io mi sia riconosciuta in Tris, quando, dei due, è solo il primo ad essere realmente alla nostra portata, a risultare indiscutibilmente umano.
Un altro personaggio di cui ho taciuto precedentemente e che ora necessita d'esser considerato nel suo insieme, è PETER, a cui penso sia affidata parte della morale.
Presentatosi come un trasfazione, Peter aveva mostrato una crudeltà fuori dalla norma nel primo libro (accecando Edward solo perchè più bravo di lui, e tentando di uccidere Tris per lo stesso motivo). In Insurgent, poi, Tris gli salva la vita, spingendolo istintivamente via da un colpo di pistola. Per restituire il favore e pareggiare i conti, è lui a salvarla dall'esecuzione mortale di Jeanine, affermando di non voler essere in debito. Per tutto il resto della storia, risulta sempre in bilico tra la sua effettiva crudeltà e la crescente voglia di cambiare.
Peter non è un Divergente. E' cresciuto tra gli Eruditi e il test attitudinale l'ha classificato come Intrepido. Rientra, dunque, perfettamente nella norma della società delle fazioni e nella definizione di "Geneticamente Danneggiato". Eppure, anche in un palese esempio del disastro genetico conseguito, Peter dimostra comunque di non poter essere classificato, pur rispondendo pienamente ai criteri.
E' intelligente, in quanto figlio di Eruditi, per cui manca di compassione; ed è crudele, in quanto manchevole di paura. Eppure, gli basta un gesto intriso di quella compassione che gli manca, un gesto d'altruismo spassionato - come essere salvato da chi, precedentemente, aveva tentato di uccidere - per fargli rivedere, almeno in parte le sue priorità. Peter ragiona logicamente: occhio per occhio, sia nel bene che nel male. Eppure non è solo questo a spingerlo a seguire gli altri del gruppo, che lo disprezzano. E' la presa di coscenza della sua effettiva crudeltà, del suo effettivo deficit, a renderlo già migliore, pur se accompagnata da una impossibilità reale di cambiare.
Questo ci fa capire che, a prescindere dal DNA, è anche il modo in cui siamo cresciuti e le persone da cui siamo circondati a determinare ciò che siamo.
Peter è cresciuto tra persone mosse dalla logica più spietata e per questo è diventato spietato a sua volta; ma gli è bastato il contatto umano con individui migliori di lui per portarlo al cambiamento. Questo anticipa la dimostrazione della tesi finale.
Così, mentre Chicago e i suoi abitanti dichiarano di non credere al termine "Geneticamente Danneggiato", Peter sceglie di cancellare la propria memoria e di ripartire da zero. Forse persone diverse, ambienti diversi, nuovi ricordi, determineranno anche la nascita di una nuova persona.
L'aggiunta del POV di Tobias approfondisce alcune questioni, eppure mi convince poco, sebbene appaia piuttosto chiaro che la scelta fosse obbligata. In virtù della morte di Tris, bisognava che qualcun'altro portasse a termine la narrazione, a meno di non voler ricorrere ad un narratore esterno, cosa che sarebbe andata a cozzare con la precedente struttura.
Come altri hanno detto prima di me, anch'io mi sono trovata più volte a leggere un capitolo di Tobias e a confondermi, convinta che fosse Tris a raccontare. Questo è accaduto perchè non v'è la minima differenza di stile e di vocabolario tra una parte e l'altra.
E' vero che abbiamo a che fare, oggi, con un'altra saga basata sui punti di vista, Game of Thrones, e mai ci capiterebbe di confondere un capitolo di Tyrion con uno di Daenerys. Ma Martin usa comunque il narratore esterno, pur seguendo un solo individuo. La Roth invece usa quello interno, facendo parlare il personaggio in prima persona.
E, in prima persona, Tris e Tobias comunicano nello stesso identico modo pur essendo così diversi, rischiando di far perdere il filo.
Sarebbe stato gradito almeno un cambio di registro e credo che questa mancanza sia dovuta ad una familiarità minore dell'autrice stessa col personaggio.
Nota positiva, anche se amara, è la morte di Tris, che non avevo considerato possibile. Ma perchè? Perchè non accade mai che il narratore muoia. E, ciononostante, l'eliminazione del personaggio conferma l'assoluta coerenza della Roth, una coerenza che sono ben lungi dal riconoscere a Suzanne Collins (anche se mi duole continuare a paragonare le due saghe, seguendo la tendenza mainstream).
E' l'ennesimo colpo di scena. Non ho creduto alla morte di Tris finchè Tobias non ne ha visto il cadavere. E anche allora, mi aspettavo di vederla spuntare nel capitolo successivo. Questo non accade, ma mi sono ritrovata a rimuginare sui motivi per cui mi rifiutassi di credere ad una morte tanto logica e plausibile. E li ho trovati nelle decine di libri che mi sono lasciata alle spalle, negli autori che pur di salvare il protagonista creano i più arditi e surreali escamotage, peccando in verosimiglianza. Ma quanto volentieri gli si perdona quel peccato, quando è possibile leggere l'ultima frase col sorriso sulle labbra e la sensazione che tutto sia tornato al proprio posto!
Sacrificando, in parte, il lieto fine, e uccidendo il personaggio, la Roth si dimostra implacabile e inflessibile: Tris era già sopravvissuta ad un colpo di pistola, a svariate battaglie, all'esecuzione nel quartiere degli Eruditi. Non era pensabile che la passasse liscia ancora una volta, con l'arma puntata addosso.
Ero già preparata a leggere il capitolo "TOT ANNI DOPO" e ad affrontare le descrizioni dei pargoli nati dall'amore tra l'Intrepido e la Divergente.
E il capitolo "Due anni dopo", effettivamente, esiste, ma si concentra sugli esiti delle eroiche azioni di Tris e del suo gruppo di amici. E' una dimostrazione forte: la storia d'amore non è mai stata il perno della narrazione e viene sacrificata in virtù della morale che interessa trasmettere.
La vera protagonista è la natura umana.
Il finale, con Evelyn che immola la sua sete di potere sull'altare dell'amor filiale, è ben più positivo di quanto sperassimo e suggerisce che una possibilità di redenzione esiste e va colta.
La saga di Divergent riflette sulle sue sfumature più oscure, giungendo ad un epilogo ben più speranzoso del prologo. E crea questa riflessione con la semplicità di un genere dedicato soprattutto ai ragazzi, senza la presunzione di cambiare il mondo o la speranza di restare negli annali.
L'autrice ha ancora un sacco di strada da fare, e pur nel desiderio di inserirsi in un genere che sta vendendo, risulta apprezzabile, se non altro, l'impegno di costruire la storia attorno ad un messaggio ben preciso. Il potenziale c'è e l'autrice è giovane (classe 1988), credo che col tempo possa solo migliorare.
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Un consiglio? Non perdere tempo a leggerlo!
Per prima cosa devo dar atto alla Roth che 'finalmente' ha dato risposta a molte delle domande che avevo continuato a pormi nel corso dei due libri precedenti! Yeahhhhh!!! (urla di gioia e giubilo!!!) Era ora!
Ma… ora mi chiedo: ha senso rimandare così tanto le spiegazioni riguardanti un intero universo distopico che avrebbe bisogno di più chiarimenti per essere capito fino in fondo?
Devo dar atto all'autrice che, almeno l'inizio di questo libro, con le sue rivelazioni tardive, è un pochino (ino-ino) meglio del disastro che lo ha preceduto. Peccato che la parte intelligente del mio cervello continui a dirmi che tutta la trilogia è una cagata pazzesca!!!
Inoltre, che senso ha costruire un universo distopico per poi stravolgerlo completamento sul finale per poterlo spiegare?
Non amo gli spoiler, anche nel caso di stroncature come questa, quindi eviterò ogni accenno alla trama per non dare anticipazioni agli "Intrepidi" che con coraggio decidessero di affrontarne la lettura…
Qui finalmente la Roth esaudisce il mio desiderio di avere una narrazione con più punti di vista, fa uno sforzo e alla voce di Tris aggiunge quella di Quattro. Il problema è che i due stili narrativi, entrambi in prima persona, entrambi che si limitano ad elencare fatti e azioni senza sforzarsi di infondere alla narrazione un minimo di introspezione, non si distinguono, sono esattamente uguali, come se a raccontare fosse lo stesso narratore. Sono piatti, vuoti di contenuti e ho avuto continuamente bisogno di ricordare chi dei due stesse raccontando in quel momento; continuavo a pensare che tutto fosse raccontato da Tris come nei due capitoli precedenti.
Anzi, a pensarci bene, la Roth avrebbe fatto meglio a continuare come nei precedenti volumi perché, facendo parlare anche Quattro si scopre quanto sia insulso, privo di spessore; un eroe "de' noatri" spinto piu che altro dal narcisismo e dall'ego! È stupido e irritante e i suoi siparietti amorosi con Tris nei momenti meno opportuni (mentre è appena scoppiata una bomba, l'attacco del nemico, la fuga) sembrano appiccicati li solo ad uso e consumo del lettore medio adolescente! Che fastidio!!!
Finite le spiegazioni della prima parte si rientra nei ranghi e si ricomincia con gli "spara tutto", gli attentati, le missioni suicide, le azioni infinite che si ripetono tutte uguali in un loop che disorienta, lascia storditi e rende il resto del romanzo una noia totale.
Parlare di questa trilogia ormai è come sparare sulla croce rossa visto che non salvo niente a parte l'idea iniziale del primo libro, sfruttata male, continuata peggio e perfino stravolta.
I personaggi sono quanto di piu banale abbia mai incontrato e qui raggiungono l'apice della loro idiozia continuando ad agire facendo il contrario di quanto dicono di voler fare.
Un esempio? A Tris e Quattro (sic!) viene chiesto di sottoporsi ad un esame del DNA. Entrambi in cuor loro non vorrebbero eseguirlo, ma... indovinate? Alla fine lo fanno, e sono convinti, eh! Non c'è nessuno che li costringa con una pistola puntata alla tempia (una volta tanto!).
E questa cosa si ripete più volte, dicono di non voler fare una cosa e poi puntualmente la fanno, privi del benché minimo senso critico, personaggi banali e sciocchi nelle mani della loro autrice concentrata solo a compiacere i suoi lettori adolescenti che adorano la saga senza un vero motivo valido.
Non vi svelerò il finale. Sappiate solo che è così smieloso e scontato da provocare il diabete!
Dico solo: meno male che sono arrivata in fondo! Ora posso dedicarmi a qualche lettura più intensa e matura!
Bye Bye Veronica Roth! A mai più rileggerci!
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Molto scorrevole molto reale...
Eccoci qua alla fine di una bella saga per ragazzi. e anche per chi è più cresciutello.
Un finale inaspettato ma piacevole, molto scorrevole e realistico. Perché se si pensa che all'eroina e protagonista del libro vadano sempre tutte bene e il ''vissero felici e contenti'' non manca mai, ecco che la scrittrice vi lascerà spiazzati. Non vi racconto niente nei dettagli ma devo dire che da un lato è piacevole che sia più realistico e che la protagonista sia più umana di tante altre di molti libri che non vengono scalfite da nessuna delle atrocità che subiscono e vedono, dall'altro lato però è anche vero che essendo un romanzo ci piacerebbe essere cullati dalla solita favola che alla fine il bene vince sempre.
Comunque sia è una giusta conclusione, ha un libro ricco ben scritto che non si dilunga troppo ma che tocca temi forti e nuovi.
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Inaspettatamente piacevole
Dopo Insurgent ero abbastanza scoraggiata nel proseguire la lettura della trilogia, non perché il secondo capitolo della storia fosse stato goffo o malfatto, semplicemente perché non mi era sembrato un adeguato seguito del primo capitolo, peccava della magia e della semplicità che aveva segnato e caratterizzato Divergent e questo, insieme al mix di avvenimenti che si sono protratti CAOTICAMENTE UNO DIETRO L’ALTRO, mi ha portato a NON APPREZZARE PIENAMENTE IL ROMANZO, rendendo la lettura poco entusiasmante.
Con Allegiant mi sono ricreduta. In primo luogo si ritrova parte dell'atmosfera che l’autrice aveva creato in Divergent e questo anche grazie al susseguirsi di eventi in modo più ordinato, calmo e lineare.
In secondo luogo ho apprezzato la doppia lettura: l'alternanza di voci tra Tobias e Tris ha dato un colore nuovo al romanzo.
Mentre all’inizio ero scettica verso questa scelta in quanto mi ricordava quella della Meyer in Braking Dawn, nella lettura l’ho apprezzata perché ha facilitato il susseguirsi degli avvenimenti, è come se i due protagonisti si fossero divisi la narrazione, inoltre, (anche se a mio parere non era necessario perché scontati) ha mostrato i pensieri di Tobias, carattere che ha dato “aria nuova” all’opera resa troppo pesante dalle paturnie di Tris in Insurgent.
Il romanzo mostra numerosi spunti di riflessione, aiuta il lettore a riflettere sul senso della vita e su come questa ci colpisca ed obblighi ad andare avanti pur perdendo tutte le certezze e gli affetti che rendono meritevole di essere vissuta.
Credo che sia per questo che l’autrice ha optato per un finale eccessivamente drastico ma sicuramente incisivo, e capace di far rispecchiare il lettore in quella che poi nei fatti è la quotidianità. Purtroppo, perdere gli affetti più cari, è ordinarietà.
Allegiant mostra “il Mondo fuori”, smentisce e avvalora le rivelazione che Insurgent ci ha presentato nella sua conclusione, mette in evidenza quanta differenza ci sia tra Chicago e la vita esterna, ma non convince nella motivazione che la Roth attribuisce per giustificare tutti gli avvenimenti. Non entusiasma, potevano essere trovate vie alternative e migliori.
La stessa strategia che i protagonisti adottano per ribellarsi alle nuove scoperte non coinvolge e non appassiona. La Roth delinea un’unica linea da seguire quando in realtà molte altre strade si sarebbero potute intraprendere, vie che avrebbero salvato la vita a numerosi personaggi pur mantenendo inalterato il significato del romanzo. Fallace anche il piano per cui Tris si vede sostituirsi a Caleb per poi trovarsi dinanzi ad “un imprevisto”, che le costerà caro, a mio avviso ovvio.
Una rigenerata Tris colora le pagine di questo libro: è tornata la combattente, determinata, forte e fragile giovane che abbiamo conosciuto in Divergent, poco empatica verso Tobias ahimé. Il ragazzo viene infatti messo davanti ad una situazione paragonabile a quella che ha vissuto la sua compagna in Insurgent, e questo tentativo della Roth di mostrare che è necessario essere nelle situazioni per comprenderle è piacevole, anche se smontato da una Tris poco comprensiva con l’uomo che ama. Solo a tratti si rende conto che Tobias è sempre stato abbandonato dalle persone care davanti alle avversità della vita e che quindi spesso le sue scelte sono determinate dal non essere mai stato appoggiato o corretto da nessuno.
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La verità è una bugia
Questo era il libro della resa dei conti e, infatti, si scopre finalmente la verità sulla città e sui suoi abitanti. Sì, perché ciò che era stato rivelato a fine Insurgent si scopre essere falso, almeno in parte.
In questo volume troviamo ancora una volta una buona dose di azione, con meno sparatorie però e forse questo ha contribuito a farla pesare di meno. La storia, a differenza di come mi aspettavo, si svolge quasi tutta al di fuori della città dove sembra di scoprire subito la verità, anche se è solo apparenza. La motivazione che la Roth pone dietro a tutti gli avvenimenti è sicuramente una sorpresa ma non mi ha entusiasmato molto. Tragico il finale (forse per questo un po’ insoddisfacente) e sicuramente inaspettato.
Facciamo la conoscenza di nuovi personaggi, ognuno con un passato dal quale è stato segnato, e ritroviamo i vecchi. Ancora una volta però, gli amici di Tris restano a far da sfondo e l’autrice si limita a tirarli fuori quando ne ha necessità, per il resto poi, scompaiono bellamente. Per quanto riguarda i vecchi personaggi, Peter è stato di nuovo quello che mi ha incuriosito maggiormente, soprattutto con la sua scelta finale.
Ho accolto con piacere l’inserimento dei POV di Quattro che aiutano a capire i suoi pensieri, i sentimenti, le motivazioni che sono dietro le sue azioni, il rapporto con i genitori dai quali è stato tragicamente segnato. Tris, invece, mi ha un po’ irritato perché troppo presa da se stessa, si scopre avere sempre ragione e non fa il minimo sforzo per mettersi nei panni di Tobias.
Come nei libri precedenti le descrizioni non sono il massimo, soprattutto per quanto riguarda i personaggi: vengono presentati una sola volta e si corre il rischio di dimenticare il loro aspetto!
Bello, invece, il modo in cui la Roth ha cercato (quando lo fa) di far capire al lettore la “differenza” tra Chicago e il mondo di fuori, anche se poteva essere approfondito e sfruttato meglio.
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Oltre le divergenze
Detesto e amo le saghe.
Rispetto ai libri che non hanno un seguito,vedi i personaggi cambiare e maturare.
Li conosci insomma.
Ero così presa dalla storia che mi sono resa conto di essermi "affezionata" a loro dopo.
Per questo solo quando ho notato che mi mancavano 100 pagine alla fine,ho provato come sempre un misto di curiosità e tristezza.
Allegiant,oltre ad essere l'ultimo libro della trilogia di Divergent,è costruito in maniera diversa.
Gli eventi vengono raccontati per la prima volta a turno da Tris e Tobias.
Le rivelazioni di Edith Prior smuovono notevolmente gli eventi.
Si crea un gruppo di ribelli denominato gli Alleanti che vogliono smantellare la "dittatura" di Evelyn e scoprire la verità sul mondo al di là della recinzione.
Dopo il gesto da Romeo di Tobias,Tris non ha il tempo di godersi il momento che deve affrontare il processo di suo fratello e prendere una decisione in merito alla rivolta.
Il loro amore sarà nuovamente messo alla prova,ma questa volta li porterà a sentirsi più vicini e allo stesso tempo a scoprire le loro differenze.
Non posso credere ancora che sia finita,perché più che una trilogia,Divergent è un unico gigantesco libro diviso in tre.
Visto che non potrò mai farlo personalmente,ringrazio qui Veronica Roth.
Ho amato la storia di Beatrice Prior e Tobias Eaton e il mondo che ha creato attorno a loro.
E spero di essere perdonata per le mie sconclusionate recensioni sulla saga di Divergent.
Come al solito,ho scelto una frase tra quelle che ho preferito.
Non vi dirò di chi è,se di Tris o di Tobias,leggete questo libro meraviglioso e lo saprete.
"la vita ci ferisce, tutti quanti. E non c’è modo di sottrarsi ai suoi colpi.
Ma ora sto imparando un’altra cosa: possiamo guarire, se ci curiamo
a vicenda."
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Carino e un po' sfruttato meglio
Questo è il libro della trilogia scritto professionalmente meglio. La trama alterna capitoli scritti da Tobias e Tris. Questo aiuta il lettore a vedere anche il punto di vista di Tobias in ogni fatto e contribuisce ad amare sempre di più il personaggio di Tris. La trama diventa di nuovo realistica e si alterna con fatti molto interessanti. L'unica pecca: il finale. Non vi anticipo nulla ma non mi è piaciuto!