A un metro da te
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Non avvicinarti tanto da toccarli
Will è ricoverato per una “cura sperimentale per il B. cepacia”. Stella è in attesa di trapianto dei polmoni. Quando i due ragazzi si incontrano nel medesimo ospedale, fanno scintille per via dei caratteri così diversi: lei è metodica (“Una lista di cose da fare?... Un metodo un po’ vecchiotto per una che crea app…”) e altruista, lui è cinico e provocatore. Basta scorrere i loro desideri su Roma. Quello di lei: “Vado al numero 27, Cappella Sistina con Abby” (Abby è la sorella). Quello di lui: “Mi accontenterò di fare sesso in Vaticano”.
Ma, come spesso accade, la diversità attrae e così le cose ben presto si complicano (“Sei una ragazza che sta morendo con il senso di colpa di un sopravvissuto. È roba da impazzire”) perché l’attrazione deve fare i conti con la malattia che entrambi patiscono: la fibrosi cistica (“Non avvicinarti tanto da toccarli. Per la tua e per loro sicurezza”).
Il romanzo appartiene al filone sconsigliato tanto agli ipocondriaci quanto ai teneri di cuore (ahimé, temo di appartenere a entrambe le categorie e certi romanzi stimolano la mia voluptas flendi), ma ha anche finalità divulgative su una patologia tragica alla quale la scienza non ha ancora trovato rimedi. Non oso pensare al film…
Giudizio finale – citazione: La malattia è un impedimento per il corpo, ma non necessariamente per la volontà. (Epitteto)
Bruno Elpis