Marjorie Morningstar
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sognando l'Amercia
Marjory è una sognatrice. Giovane donna ebrea americana degli anni ‘40 del 1900 è la classica persona che tiene il piede in due scarpe. Da un lato è legata alla famiglia, alle tradizioni che le ha insegnato la sua religione. E’ una brava ragazza, che desidera una famiglia e per quanto possibile compiacere i genitori. Dall’altro lato è un’artista modera e spregiudicata. Si barcamena tra il desiderio di diventare un’attrice famosa, modifica il suo nome in qualcosa di più esotico e accattivante, frequenta le famiglie “bene”, ma occhieggia gli artisti dissoluti. Nel 1955 Wouk: un uomo di cinquant’anni si cimenta con i desideri, gli errori e le scelte di una giovane donna dai diciassette fino a poco più di vent’anni. L’esperimento è riuscito abbastanza bene. Lo scrittore è riuscito a trattare con la delicatezza che solo una ragazzina può avere anche argomenti scomodi. Ne esce una figura di donna di base piuttosto ingenua e idealista, che fa le sue scelte nonostante non siano sempre razionali, accetta gli sbagli e alla fine prende decisioni sagge e ponderate. Lo stile del romanzo sente abbastanza la sua età e i temi trattati appaiono per noi fuori tempo. Mi è sembrata comunque una lettura gradevole, interessante spaccato della prima metà dello scorso secolo negli Stati Uniti. Una voglia di rivalsa e di modernità che un’Europa a cavallo di due guerre non si poteva permettere e non si sarebbe potuta permettere ancora per molto tempo si sente attraverso tutte le pagine. Allo stesso tempo si sente la difficoltà a mettere un piede nell’ignoto e ad approfondire quello che sta succedendo all’esterno. Dopotutto l’Europa e lontana e per la giovane Marjory la maggior difficoltà dell’essere ebrea resta quella di non poter mangiare le uova col prosciutto. La speranza che i giornali esagerino nella loro cronache d’oltreoceano aiuta a fare soni tranquilli.