It ends with us. Siamo noi a dire basta
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Recensione della Redazione QLibri
Lily e Ryle
«Una bambina di due anni avrà lo stesso nome a qualunque età. I nomi non sono simili ai vestiti. Non diventano mai troppo piccoli, Lily Bloom.»
Elegante, garbato, intelligente. È questa la prima impressione che ha Lily Bloom, ventitreenne, di quel misterioso medico chirurgo che conosce su quel tetto proprio nella serata in cui più cerca solitudine essendo reduce dalla morte del padre e da un discorso funebre alquanto fallimentare stante che l’uomo per anni ha maltrattato la madre senza mai farle mancare vessazioni di ogni genere e dunque lei proprio non è riuscita a parlarne positivamente. Vessazioni a cui Lily ha assistito ma a cui non ha mai posto realmente fine. Osservando, cercando di entrare nella stanza nel momento del misfatto ma spesso limitando a ciò il suo intervento. Ryle Kinclad è un medico neurochirurgo ambizioso a livello sociale. Tra i due nasce immediatamente un gioco di verità nude e crude che li porta a confessare un certo reciproco interesse. Interesse che non confluisce in altro perché lui è alla ricerca di avventure di una notte, lei del suo Santo Graal.
Da qui le loro strade si dividono. La ragazza, laureata in economia, decide di inseguire il suo sogno e per farlo si dimette dall’azienda di marketing in cui lavora per aprire un negozio di fiori. Siamo a Boston, la sfida sembra improponibile eppure vuol provarci. Ad aiutarla ci sarà Allysa che niente di meno scoprirà essere la sorella di Ryle. Si rincontreranno per una caduta fortuita dopo ben sei mesi dal loro primo incontro e da questo momento, anche se serviranno altri mesi, sarà chiaro che tra i due vi è un’attrazione irresistibile che li porterà a legarsi.
Lui sembra essere il ragazzo dei sogni. Lei rivive gli anni dei suoi primi amori leggendo un vecchio diario dedicato a una sorta di amica immaginaria (la conduttrice di un noto programma televisivo) e in una serata come tante lo rincontra, quel suo primo amore. Atlas che al tempo era un senzatetto adolescente di diciotto anni è adesso un uomo con un lavoro e una relazione. Tra Ryle e Lily tutto sembra essere perfetto, lui si dimostra essere l’uomo dei sogni di ogni donna. Caratterialmente affascinante nel suo essere “nudo e crudo”, fisicamente bellissimo, professionalmente perfetto. Un Edward Cullen non vampiro dopo che avrà riconosciuto i suoi sentimenti, si potrebbe dire. Eppure, qualcosa porterà Lily a dover rivalutare l’uomo che credeva essere privo di imperfezioni, l’uomo che scoprirà avere un’ombra alquanto cupa ad offuscarlo. Ed ecco allora che un passato non così lontano tornerà a farsi vivido nella realtà di Lily, ecco allora che forse quell’agire della madre non sarà così lontano da lei.
«Siamo semplicemente persone che a volte fanno cose cattive. […] Ciascuno di noi ha una parte buona e una cattiva.»
Colleen Hoover dona ai suoi lettori uno scritto che si prefigge di parlare d’amore ma anche di violenza domestica e di tematiche di grande attualità. Preme fare una piccola premessa: la Hoover ha vissuto in prima persona una situazione di violenza domestica, senza rivelare quale, che l’ha condotta a voler scrivere in merito per trasmettere un messaggio molto importante. Per farlo ha “responsabilizzato” il suo personaggio portandolo a prendere una decisione non semplice.
Lo scritto scorre rapido e negli intenti riesce, nella struttura, tuttavia, perde. Non si può negare infatti che l’autrice abbia il merito di cercare di sensibilizzare il lettore su una problematica troppo spesso celata o omessa ma, al contempo, c’è una certa dissonanza nella lettura.
Lo stile narrativo, che all’inizio può essere conforme alla voce narrante ventitreenne, a lungo andare stona perché non matura e resta al pari di un linguaggio adolescenziale che non riesce a suscitare il completo coinvolgimento in chi legge. Senza contare la naturale crescita dei personaggi a cui appunto sarebbe corrisposta una maturazione espositiva. La prima parte, ancora, si dilunga tra una serie di diari in cui conosciamo Atlas ma senza nel concreto riuscire a comprendere le ragioni di certe decisioni di Lily e al contempo, stante che lei già si sta frequentando con Ryle, risultano essere quasi una forzatura. Questo a maggior ragione se in parallelo con l’epilogo. Ryle è prima l’uomo perfetto e poi il demone celeste preda dell’irascibilità? Per quanto gli intenti siano ammirevoli, per quanto spesso certe figure possano effettivamente rivelarsi mostri, vi è una rottura dell’incanto narrativo che non viene percepita come concreta e veritiera e che quindi porta a porsi diverse domande. Sinceramente il mutamento che introduce la romanziera sembra un po’ una forzatura e come tale viene percepita.
Se la prima parte si legge con rapidità e senza sosta in un pomeriggio, la seconda arranca. Da un lato Lily sdubbia, dall’altro l’evolversi della vicenda e quel che poi verrà “scelto” non convince. In alcuni punti si rivela prevedibile e/o scontato. Questo a prescindere dalla categoria narrativa di appartenenza.
In conclusione, lo scritto ha un buon potenziale ma mal sfruttato. Questo perché troppo romanzato, questo perché in alcuni passaggi è reso quasi fiabesco. Si presta a una lettura gradevole, ci mancherebbe, rapida e facilmente conclusiva (in un giorno e mezzo si inizia a conclude a prenderla larga) ma per chi già ha letto del tema non apporta alcunché di nuovo. Al contrario, non mancano i canonici cliché. Per chi vuole avvicinarsi alle problematiche sottese potrebbe essere un sufficiente trampolino.