Yssa il buono
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Un grande vecchio
John le Carré, insieme a Frederick Forsyth e Len Deighton, costituisce la mia personalissima Triade dello Spionaggio. 1931, 1938 e 1929 sono le date di nascita di questi tre maestri, il che mi fa pensare che il decennio '29-'38 rappresenti l'età dell'oro per questo genere letterario e che scrivere spy-stories giovi molto alla salute.
"Yssa il buono" non è né il miglior libro di spionaggio che abbia mai letto né il migliore di le Carré, tuttavia resta un gran bel romanzo che vale la pena conoscere.
Deighton si è ritirato, Forsyth scrive ancora ( e quanto bene scriva ancora lo si può dedurre dalla mia recensione de "La lista nera" ) e le Carré fa lo stesso: nelle sue pagine ritrovo quello stile, nato negli anni '60, che non ha mai smesso di essere attuale e continua a contraddistinguerlo e farcelo identificare come uno dei maestri del genere.
Personalmente preferisco Forsyth ma le Carré va assolutamente letto: rispetto al primo meno d'azione e forse più incline all'introspezione ( mai come Deighton, però ), incarna a sua volta quello 'spionaggio classico' che è riuscito ad attraversare indenne la terribile prova ( per gli scrittori di questo genere ) rappresentata dalla caduta del Muro di Berlino: non oso immaginare che tripudio di capolavori sarebbero potuti essere questi ultimi 25 anni con la Cortina di Ferro ancora in piedi ma per tanta gente di quei Paesi è indubbiamente stato meglio così.
Eppure le Carré è riuscito, come Forsyth del resto, a continuare a scrivere opere di qualità abbracciando la nuova tematica del terrorismo islamico, un po' come se la Kodak fosse tuttora leader nel settore dei materiali per fotografia o la Mivar in quello delle televisioni a LED: queste aziende, come ben sappiamo, non sono riuscite a stare al passo coi tempi mentre i due artisti britannici sì.
"Yssa il buono" è una storia abbastanza verosimile da poter essere vera, pertanto del tutto credibile, a cui manca solo un colpo d'ala finale, il colpo di scena che non ci si aspetta, per essere un capolavoro: ho passato le ultime 100 pagine fantasticando su cosa potesse nascondere un certo personaggio, su cosa potesse essere di diverso a rispetto a quello che era stato fino a quel punto, ma questa trasformazione non c'è stata, e un po' mi ha sorpreso, perché sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Però c'era già così tanta sostanza nel libro che una bella tripletta di 4 gliela posso assegnare lo stesso. Non ci sono banalità bensì un'attenta descrizione dell'immigrazione, passata e attuale, diretta verso la Germania, del mondo islamico, dei servizi segreti europei ed americani e degli animi dei personaggi, il tutto realizzato con partecipazione e non asetticamente, solo per confezionare un libro destinato a diventare un bestseller. Ne è una prova il giudizio sostanzialmente negativo sull'atteggiamento degli agenti statunitensi: John è sempre vigile e non scrive giusto per guadagnare ma anche per provare a dire la sua. E tutto questo a 83 anni: giù il cappello!