Una brava ragazza
Letteratura straniera
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Differenti punti di vista
Mia Dennett è la figlia di uno dei giudici più influenti della zona, se non dell'America, ribelle e fuori dagli schemi familiari sin dall'infanzia. In un giorno come tutti gli altri viene misteriosamente rapita da un uomo che però non segue alla lettera il piano che gli era stato comunicato.
Nonostante i pochi rapporti con la famiglia la madre ormai ha solo il pensiero di sua figlia e grazie all'aiuto del detective Gabe i due cercheranno di farsi forza, insieme a Mia, per mettere insieme i pezzi per scoprire cosa è successo.
Ho apprezzato tanto i vari punti di vista, sia quelli al presente che quelli al passato. E' di sicuro un modo migliore per capire come sono andate le vicende secondo il vissuto di tutti.
Non ho però notato grandissime differenze per quanto riguarda la scrittura di ogni punto di vista, nonostante ciò ovviamente cambiano i pensieri ricorrenti di ogni personaggio.
Infatti, Eve, la madre di Mia, è uno dei personaggi che più riesce a trasmettere la preoccupazione nell'avere un familiare lontano senza avere sue notizie.
Gabe, invece, ci permette di vederla dal punto di vista di chi indaga.
Colin è sicuramente il punto di vista più singola e quello che mi più mi ha incuriosito, quello del rapitore.
Ahimè, però, non ho sentito la suspense che mi aspettavo, anzi. Non ci sono stati grandi colpi di scena, eccezion fatta per il finale. Probabilmente questo è uno dei lati "negativi" del parlare sia al presente sia al passato, ciò che il detective sta cercando di capire è il perchè Mia sia stata rapita. Ma già il fatto che Mia abbia i suoi capitoli al presente esclude che per lei sia finita con la morte.
"Sull'albero di Natale ci sono le luci. Non le dico come sono finite lì. Sostengo che non le piacerebbe saperlo. Le ho accennato che lo svantaggio altrui viene a nostro vantaggio. Secondo lei sono meravigliose di notte, quando spegniamo l'interruttore principale e ci sdraiamo vicini, al buio, rischiarati solo dal fuoco e dalle lucine sull'albero."
A proposito di finale... Onestamente mi ha stupito, certo. Nonostante ciò, ripensando a tutto il libro, dopo essere venuta a conoscenza del finale, ho storto leggermente il naso perchè non capisco davvero il motivo di alcuni comportamenti. Di sicuro, però, è un finale originale, a mio avviso.
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Cinematografico
Appena finito questa lettura: divorata in due giorni, avrei anche potuto dimenticare di mangiare, persino di respirare, se solo quest'ultimo non fosse un atto automatico.
La storyline, colma di detto e non detto e di irrisolto fino all'ultimo capitolo, mi ha risucchiato assieme allo stile scorrevole e privo di flussi di coscienza (me ne aspettavo una quantità fastidiosamente considerevole, e invece zero). E' un impianto narrativo che stuzzica lo spirito investigativo:
Che mi aspetto che succeda adesso?
Cos’è successo prima?
Chi c'è dietro a tutta la faccenda?
Allo stesso tempo si concentra sul presente, sul qui adesso, sul concreto e si ha la sensazione di campare, esattamente come tutti i narratori di "Una brava ragazza", alla giornata. E' bello da film, anche se per la produzione ci sarebbero alcuni ostacoli dati dalla personalità dei personaggi, ma qui sto divagando.
La venticinquenne Mia, inizialmente appare come una ragazza indifesa, sbaragliata dagli eventi. In realtà è molto più cosciente di quanto sembri, ed è intelligente, scaltra e senza paura, oltre ad essere molto bella. Ha sempre tentato di reprimere certi aspetti della sua personalità, anche certi pensieri ,ma gli eventi estremi in questa storia non le permettono più di celarli a se stessa. Emerge così un personaggio interessante, non per forza buono o cattivo, ma sicuramente con qualcosa da insegnare. Molto buona anche la costruzione di tutti le personalità fondamentali per lo sviluppo della storyline, alle fine vi chiederete chi è tra loro la vittima e non sarà semplice rispondere.
Resta un libro adatto ai lettori curiosi, che amano i colpi di scena. Certo non si può dire che sia carico di "poeticità" e finezze stilistiche, non è quello ciò a cui Kubica ha puntato. Ma se cercate pathos saprà soddisfare.
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Mia Famiglia
Romanzo molto interessante ma con un grosso punto debole. Il brivido, che ognuno di noi lettori spera di trovare nei thriller, è praticamente assente. Decontestualizzando questa affermazione potrebbe far storcere il naso a tutti voi, tuttavia ho trovato il romanzo ricco di tante altre qualità.
Innanzitutto la storia si svolge secondo tre punti di vista, quello di Eve - madre della ragazza rapita, quello di Gabe - ispettore incaricato alle indagini - e quello del rapitore Colin. Questo, aggiunto ai salti temporali (prima e dopo il rapimento), offre una lettura tridimensionale molto interessante.
L'autrice, inoltre, affronta dei temi molto importanti dal punto di vista sociale che ci toccano (o sfiorano) tutti i giorni.
Per prima cosa evidenzia le differenze sociali che hanno portato Colin che, nonostante riempisse la giornata di piccoli lavori per mantenere se e sua madre malata, suo malgrado si è lasciato trascinare da loschi figuri in affari pochi raccomandabili rendendolo del tutto un reietto. Dall'altra parte vediamo la famiglia agiata di Mia.
Un altro tema importante è proprio quello della famiglia. Sempre da un lato troviamo quella di Colin, composta solo da lui e la madre, abbandonati da un padre assente ed ubriaco. Colin si prenderà cura di sua madre e pur di starle vicino scende a compromessi e sceglie una vita di disagi e false speranze. La famiglia di Mia invece è assente. Il padre è un giudice ricco e famoso, Mia è la sua seconda figlia, ribelle, lontano da quello che il padre vorrebbe. Lei è un'artista ma per il padre esiste solo la giurisprudenza. Le uniche testimonianze di affetto si perdono nell'infanzia di Mia. Eva, la madre è succube del marito e la sorella è del tutto assente. Da ragazzina Mia sempre più spesso combina guai che il padre copre per non macchiare la sua candida figura di giudice ignorando il grido silenzioso di Mia che chiede solo la sua attenzione.
Poi c'è il rapporto tra Mia e Colin, rapita e rapitore. E' troppo facile per me parlare di sindrome di Stoccolma. Il romanzo a questo punto prende quasi una piega rosa. Infatti Mia e Colin si ritrovano a vivere, con l'incombere dell'inverno, in una baracca in montagna priva di riscaldamento, cibo ed ogni tipo di confort. Per la prima volta Mia, nel bene e nel male, riceve le attenzioni di un uomo. Proprio lei, che non ha avuto mai l'affetto del padre e neanche quello del fidanzato che ha altro a cui pensare. Tra loro nasce qualcosa più profondo di una semplice infatuazione. Colin si prende cura di lei per le cose essenziali. La nutre, la riscalda, la fa sopravvivere. Tutto questo è molto lontano dal nostro quotidiano dove prendersi cura della propria compagna si riduce ad acquistare per Natale l'ultimo modello di smartphone.
Complimenti all'autrice per il suo primo romanzo che dal punto di vista dei contenuti è incredibile. E' vero, manca il brivido, ma il finale è davvero imprevedibile.
NB: consentitemi il gioco di parole del titolo della mia opinione. Mia non rappresenta solo il nome della ragazza rapita ma "Mia Famiglia" è anche il titolo di una commedia di Eduardo de Filippo il cui tema è incentrato proprio sui complessi rapporti familiari.
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UNA FAMIGLIA APPARENTEMENTE PERFETTA
Questo romanzo parte con la sparizione di Mia Dennet, una giovane venticinquenne figlia di un importante giudice.
Il libro è raccontato da tre punti di vista differenti, abbiamo quello di Eve la madre della ragazza scomparsa, quello di Gabe Hoffman l’ispettore incaricato alle indagini e infine quello di Colin il rapitore.
In più ogni capitolo oltre a raccontare la versione della storia vista da un personaggio diverso è diviso in prima e dopo il rapimento.
Partiamo con Eve, una donna che sembra almeno all’inizio molto rigida e fredda, non crede che sia successo qualcosa alla ragazza ma che lei si sia allontanata volontariamente. Capisce solo più avanti che sua figlia potrebbe non tornare più e allora conosciamo veramente la storia di questa donna che risulta essere sensibile e anche fragile. Si rende conto di aver perso molto tempo e vuole recuperare il rapporto con la figlia.
Gabe, invece, è un semplice funzionario che si ritrova tra le mani un grosso caso da risolvere, viene sottovalutato e denigrato da James, il padre di Mia, che lo trova un incompetente. Lui farà del suo meglio per ritrovare la ragazza.
Colin, è il ragazzo che rapisce Mia, ma in realtà lui è un intermediario che però non decide di consegnare la ragazza come gli è stato detto ma la tiene con sé. Conosceremo anche la sua storia e la sua vita difficile.
Un romanzo molto scorrevole, che ti tiene incollato alle pagine perché la storia non annoia, i fatti si susseguono velocemente e il finale sarà incalzante e pieno di colpi di scena.
Considerando che è un libro d’esordio crede che valga la pena di tener d’occhio questa nuova autrice.
Mia,la protagonista come ci suggerisce il titolo è la classica “brava ragazza”?
Quello che sappiano è che non va d’accordo con il padre, appena ha potuto è andata a vivere da sola, insegna in una scuola disagiata e ama disegnare. Non condivide il mondo ottuso e ricco dove è cresciuta e cerca di essere una ragazza normale.
Cosa si nasconde, quindi, dietro la facciata della “famiglia Dennet”?Chi ha voluto il rapimento della ragazza?
Per saperlo non vi resta che leggere il romanzo!
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Per salvare Mia Dennett
Un esordio sconvolgente, coinvolgente e spiazzante perché i colpi di scena sono davvero tanti, fino a quello finale, davvero spettacolare. Questo thriller è stato un successo internazionale da cui ci si aspetta prontamente la versione cinematografica, perché è proprio questo lo stile con cui è stato scritto e ideato.
MARY KUBICA è un nome che annoto per gli anni a seguire. Il suo primo romanzo è un thriller profondamente psicologico che inizia con una misteriosa scomparsa, la sparizione nel nulla di colei che è immortalata nel titolo come UNA BRAVA RAGAZZA. Il titolo stride con l’immagine inquietante in copertina che magnetizza l’attenzione e impone di mantenere un segreto. Quindi c’è qualcosa da scoprire e il lettore entra già in quest’ottica con una miriade di attese che verranno gratificate in seguito.
Quando si inizia a leggere questo libro, il resto lo fa l’autrice con uno stile incisivo, ricco di dettagli che restano impressi nella memoria, soprattutto perché sono strani, inquietanti, bizzarri. Rendono partecipe delle indagini il lettore che, un capitolo dopo l’altro, cambia punto di vista e momento temporale delle vicende, dal prima al dopo il rapimento.
La bella Mia Dennett, figlia di un giudice di Chicago, viene rapita. I capitoli, che raccontano la serie concatenata di eventi, sono brevi e focalizzati su tre personaggi principali: la madre della ragazza scomparsa, Eve; l’ispettore di polizia, Gabe Hoffman; e il rapitore, Colin Thatcher.
I personaggi sono dinamici, subiscono un’evoluzione durante la narrazione. Non restano immobilizzati nei loro ruoli. Sono caratterizzati in modo eccellente. Sembrano avere vita propria.
Impariamo a conoscere anche la vittima Mia nei racconti fatti dagli altri: la madre, che l’ha cresciuta, il detective, che studia la sua vita privata; e colui che la tiene prigioniera, ma ne subisce l’incantevole bellezza. In realtà, Colin,il rapitore, ha studiato le sue abitudini e l’ha presa in ostaggio per un motivo ben preciso: è stato assoldato per farlo. Qualcun altro aveva in mente di farle del male. Ma chi? Lui l’ha rapita, ma non l’ha consegnata a chi gli aveva commissionato il crimine. Lui l’ha solo protetta. Però, agendo così, tradendo colui che l’ha assoldato, ha messo nei guai anche se stesso.
Il filo temporale della narrazione è doppio, come doppia è la verità che una serie di colpi di scena rendono intrigante. È un romanzo ad alto contenuto di suspense che una volta iniziato non si riesce a mollare fino alla fine. Un thriller davvero memorabile, per veri amanti del genere.