Un mare di guai
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SCIALBO E UN PO’ INFANTILE
Definirlo thriller è veramente molto azzardato. E’ piuttosto melenso, direi davvero uno di quei libri dai colori talmente tanto pastello che sembrano fin sbiaditi. Con una storia anche un po’ poco sensata. Con intrusioni e colpi di scena che ti lasciano un po’ perplesso, a volte ti fanno quasi sorridere perché ti sembra di essere su “scherzi a parte”. Personaggi che sembrano marionette, entrano ed escono dalla scena senza alcuna scorrevolezza. Dialoghi che sembrano quelli di un fotoromanzo e che danno comunque l'impressione di un libro scritto in modo infantile. A me proprio non è piaciuto e consiglio vivamente di passare oltre. Anche un ombrellone, che è l’emblema delle letture che richiedono poca concentrazione, merita storia con più spessore di questa.
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Un mare di guai di Carol Higgins Clark - Il commen
Tutti, in fondo, sognano di possedere una casa sulle rive del mare. Un luogo ove, guardando dalle finestre, puoi fronteggiare l’azzurro più sfacciato della natura. Magari un azzurro scompigliato da tempeste e burrasche. Possibilmente con una scala che consenta l’accesso diretto … sull’oceano. Con una barca ormeggiata, pronta ad accogliere chi desideri avventurarsi in un’escursione marina.
Di una villa siffatta dispongono Regan e Jack Reilly. Ed è dunque naturale che decidano di trascorrere lì il loro primo anniversario di nozze, per gustare il sapore della loro intimità senza troppe intrusioni.
In una casa con caratteristiche analoghe, posizionata vicino a quella dei Reilly, decide di insediarsi in affitto Adele Hopkins, donna che tiene tenacemente nascosto ai vicini il proprio passato, al punto da apparire scorbutica e asociale.
Le ville sorgono a Cape Cod, penisola atlantica a sud di Boston, su una costa battuta – come nei due giorni descritti dal romanzo – da venti, nubifragi e tempeste.
E se è vero che, come recita un proverbio tedesco, “la fortuna ci dà una bella giornata d'estate, ma ci dà anche le zanzare”, ecco che allora la fortunata condizione dei coniugi Reilly e della misteriosa Adele Hopkins si trasforma ben presto in “Un mare di guai”. I guai del titolo sono: per i due sposini una serie di contrattempi e di invasioni nella loro sfera privata; per Adele, ex istruttrice di canottaggio, una disavventura che rischia di trasformarsi in tragedia.
Mentre le “carampane” (così si chiamerebbero da noi le anziane zitelle) Ginny e Fran si sistemano dai Reilly in attesa che casa loro venga riparata da un danno causato dal temporale, il custode Skip afferma di aver visto la vicina Adele ferita sulla spiaggia. Forse addirittura morta. Ma il suo corpo non viene ritrovato, perché l’oceano sembra averlo divorato.
Regan e Jack, rispondendo alla loro vocazione interiore, indagano sul passato della donna:
“E’ una figura così tragica. Tutti quei biglietti di scuse”.
Sembra proprio che, nel suo passato, Adele abbia fatto del male al prossimo: “Guarda le sue cose. Libri di auto aiuto per essere meno sgarbata e irritabile, biglietti di scuse. Quella era una donna afflitta da un forte senso di colpa.”
Ci sono allora buoni motivi per temere che la donna sia stata aggredita.
Ma la realtà non è mai come sembra. E Adele, lungi dall’essere affogata, vive il suo incubo prigioniera di uno psicopatico.
In un romanzo che ha tutti gli ingredienti della commedia americana, le donne invidiano Regan (ha acchiappato un ottimo marito!), le coppie sono imbevute di puritanesimo (“Pensa se si scopre che era una pazza furiosa e che abbiamo messo in pericolo i nostri vicini? Che impressione farà sulla gente?”) e di perbenismo quacchero (nel concepire “una donazione all’organizzazione benefica preferita dalla signora Hopkins, in suo ricordo”, per fare buona pubblicità alla propria azienda). Sino alla terribile festa a sorpresa nel finale.
La narrazione é un po’ frammentaria, forse per via della traduzione. O per il pragmatismo americano, così lontano dalla narrativa italiana, quella che continua a prediligere …
… Bruno Elpis