Un luogo incerto
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L'uomo dalle dita d'oro
Il giallo si apre con l'immagine assurda di tante vecchie scarpe, con dei piedi dentro, che tentano di entrare in un antico cimitero. Prosegue poi con il ritrovamento di un cadavere spezzettato in centinaia di frammenti, dispersi e frantumati non solo secondo una follia indiscriminata, ma secondo un preciso criterio logico, anche se assurdo. In questo viaggio attraverso quel continente ignoto della follia umana siamo accompagnati da quel personaggio così singolare e caratteristico del commissario Adamsberg. Ironico, intelligente, schivo, ombroso, stralunato: un vero gioiellino della letteratura poliziesca. Fra i personaggi minori, particolarmente degno di nota è l'osteopata, l'uomo dalle mani d'oro, che ci permette anche di conoscere qualche lato nascosto del famoso commissario. Contenuto un pò sottotono rispetto ad altri romanzi dell'autrice.
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Morbi vampireschi
Un luogo incerto è la penultima (se non sbaglio) avventura del caro commissario Adamsberg, lo "spalatore di nuvole". E già in apertura vi dico che, se posso darvi un consiglio, sarebbe meglio cominciare dal primo libro poichè anche se le storie non sono collegate tra loro, spesso vengono citati fatti o personaggi che, senza aver letto i libri precedenti, non si riescono a ricollegare al complesso della storia. La trama è questa:
Davanti al famosissimo e macabro cimitero londinese di Highgate vengono ritrovati diciassette piedi tagliati, ancora con le scarpe. Adamsberg collabora con Scotland Yard per le indagini e viaggiando tra Londra e la Serbia, tra realtà e leggenda si trova a dover fare i conti una strana vicenda che lo porterà sulle piste di un caso reale di vampirismo, una inchiesta tanto intrigante quanto complessa.
Il mio primo pensiero di fronte a questo libro è stato : "ecco anche la Vargas è stata colpita dal morbo vampiresco!". Buona trovata commerciale un libro del genere di questi tempi, strizzando l'occhio alle twilight fans più accanite. Tuttavia questo libro in comune al genere urban fantasy gotico adolescienziale non ha nulla a che vedere. Ci troviamo di fronte ad un giallo che mescola mistero, suspance, humor nero ed erudizione. Una delle cose che amo della scrittura della Vargas è la cultura che ci sta dietro, vi si legge ricerca personale ed approfondimento in ciò di cui si parla, anche in questo caso in cui la scrittrice si rifà a due note leggende di tradizione serbo-iugoslava che affondano le radici nella storia. La trama è interessante e questa avventura grottesca è arricchita dai personaggi incredibili e ben delineati che la penna della Varags sa creare. Non solo Adamsberg ma anche coloro che si trovano ad entrare nella sua orbita e rimanerne in un modo o nell'altro attratti, sono affascinanti. Il protagonista però è sempre lui. E al caro commissario non ci si può non affezionare. Inafferrabile, misterioso e sfuggente, questi sono alcuni dei motivi del suo fascino. In questo libro tuttavia, il suo passato torna e lo mette in difficoltà, così che possiamo scorgere un altro lato della sua affascinante personalità e come sempre si è portati a seguirlo per vedere se e come il nostro amato eroe riuscirà a salvarsi.
Detto ciò concludo dicendo che il libro mi è piaciuto abbastanza, forse non è uno dei miei preferiti della serie però da qui a dire che sia un brutto libro ce ne vuole. La Vargas rimane una delle mie autrici contemporanee preferite e Adamsberg uno dei personaggi letterari più interessanti degli ultimi tempi.
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Adamsberg quasi irriconoscibile
E' un po' in crisi, questa Vargas, che costruisce attorno ad Adamsberg un caso che mostra segni di cedimento narrativo. Camille è al mare con Tom, si scopre che Danglard ha un lontano parente serbo che proviene proprio dal villaggio da cui tutto ha inizio, il villaggio che ha donato al mondo il potentissimo Poglojowitz. E c'è un figlio non riconosciuto che ha 29 anni di cui il buon Adamsberg non ha mai saputo nulla, un medico-mago, un collega che tradisce....
C'è un'aria da soap opera, nonostante il marchio della Vargas si riconosca per intero. Improbabile la trama, forzata la conclusione, faticose le spiegazioni. Si legge, sì, ma davvero non è all'altezza delle felici prove della nostra Fred....
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Un luogo incerto
Seguo con passione la Vargas fin dal suo esordio e ho comprato il libro a scatola chiusa. Questa volta l'autrice delude pesantemente perchè l'intreccio è assolutamente incredibile, troppo forzato e fa perdere credibilità anche a personaggi solidissimi come il Commissario Adamsberg che segue piste e collegamenti più da fantascienza che da giallo. Troppi ingredienti " buttati nella pentola" quasi a casaccio ( il soprannaturale che nasconde invece una più reale credulità popolare, le manovre improbabili di qualcuno che conta e che non vuole minimamente che si scopra l'autore dei delitti, ....)e, come sempre accade in questi casi, il risultato è un piatto insipido. Peccato, la Vargas ha il dono di scrivere con apprezzabile ironia e dona ai personaggi grande spessore e credibilità...NON questa volta.
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Trama un pò forzata
Seppur si legga tutto d'un fiato con il consueto piacere dato dai romanzi di questa grande scrittrice, questo episodio della saga Adamsberg è un pò pretestuoso in vari passaggi della trama ed i collegamenti internazionali sono davvero improbabili. Peraltro, a mio parere,la traduzione del titolo dovrebbe essere: "un luogo insicuro".
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un luogo incerto
Come tutti i libri della Vargas mi sento di consigliarlo,ma non vivamente come gli altri della serie del commissario Adamsberg.
Concordo con qualche altro "recensore" che il libro risulta un po' più lento e veramente zeppo di nomi e di qualche avvenimento alquanto incredibile... ancora non l'ho finito ma lo trovo decisamente fuori dallo stile che mi (ci?)aveva abituato e quindi un po' noioso e ripetitivo per quanto riguarda la cospirazione vs. adamsberg.
Fred, per favore, ridacci gli "evangelisti"!
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Che delusione!
Della Vargas ho letto tutto quello che è stato pubblicato in Italia e ci sono stati dei libri che mi hanno veramente entusiasmato sia per lo stile che per il contenuto. Questo "un luogo incerto" mi ha veramente deluso!!!! Manca il tocco magico che fa vivere i personaggi resi bidimensionali da una trama macchinosa e troppo carica, mancano le loro strane peculiarità, così assurde da renderli alla fine reali e indimenticabili, tanto che, a volte, mi ricordavano Pennac.... Negli altri libri la storia era solo un contenitore neanche troppo presente, direi quasi trasparente,comunque indispensabile a valorizzare un contenuto secondo me vario e ben strutturato. Qui la trama incombe fastidiosamente su un contenuto scontato e inaridito dalla ripetizione di se stesso. Esistono libri di sola trama. Ma deve essere armoniosa e ben strutturata.... qui, neanche quello. Troppi interventi esterni poco credibili, troppi nomi su nomi. Insomma, l'ho finito e non mi ha lasciato niente. Peccato, a me lei piace tantissimo..... Ma l'avrà scritto lei questo libro? Oppure si è fatta aiutare? :-)
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Meno efficace dei precedenti ma sempre incalzante
Concordo sul fatto che la trama di questo libro è meno avvincente e sicuramente più prevedibile di precedenti romanzi. Infatti man mano che si abitua allo stile della Vargas, il lettore attento riesce poi anche a svelare i meccanismi soliti che lei utilizza per complicare la trama, usare diversivi che possano confondere il lettore fino alla scoperta del colpevole. Peccato che qui si intuisce quasi subito chi sarà il colpevole. E' intelligente, la Vargas, ad utilizzare le vicende personali del commissario come principale attrazione per i suoi lettori, svelando a poco a poco e di romanzo in romanzo le sue vicissitudini di vita. In questo è magistrale: leggere e fugaci pennellate che compongono di volta in volta il mosaico. Forse quasi più brava nella stesura del romanzo umano che come giallista, direi, ma sempre tra i più bravi scrittori di thriller contemporanei.
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Alla Vargas serve una pausa
Questa volta la Vargas si ripete e forza la trama inserendo situazioni (il complotto contro Adamsberg già visto in Sotto i venti di Nettuno) e personaggi (Veyrenc come deus ex machina)già comparsi in romanzi precedenti. Fra tutti i libri della Vargas è quello che scorre meno e francamente il più improbabile nell'intreccio. Secondo me l'errore è quello di voler creare un "sistema Adamsberg" con il rischio di cadere in un clichè. Naturalmente la prosa è sempre quella di una grande scrittrice.
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Di questo Adamsberg non se ne può più
"Non sopporto i gialli ultraviolenti che raccontano crimini complicatissimi (che in realtà non esistono): un delitto è sempre semplice" dichiara la signora Fred. Alla faccia della semplicità e della delicatezza! Morti spappolati tanto da non ritrovarne i pezzi, figli che compaiono improvvisamente dal nulla, personaggi improbabili. E tutto per cavalcare la moda dei vampiri. Se proprio non potete fare a meno di leggere la Vargas limitatevi a "L'uomo dei cerchi azzurri" e poi, se amate la semplicità intelligente, passate al buon vecchio Simenon.