Un finale perfetto Un finale perfetto

Un finale perfetto

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Tre donne ordinarie senza nulla in comune, a parte il rosso dei capelli. E' il colore che accende la fantasia del loro aguzzino, un mediocre scrittore di gialli che si fa chiamare Lupo Cattivo ispirandosi alla favola di Cappuccetto Rosso. Allarmate per la prima volta da lettere minatorie, le tre rosse vengono risucchiate in un vortice di tensione che si fa sempre più soffocante. Guidate dall'abile mano del killer scrittore, sono le protagoniste inconsapevoli del giallo più audace della carriera del loro carnefice. Perché il Lupo non è solo assetato di sangue: il suo principale obiettivo è spingere al massimo la riflessione sulla morte e sul periodo che la precede. La sfida è cercare di aggirare e superare tutti i mezzi e i modi in cui le tre vittime tenteranno di salvarsi. Nessuno ha mai tentato un'operazione simile, ma anche il Lupo Cattivo può sbagliare i propri calcoli.



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Un finale perfetto 2015-02-17 04:36:15 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    17 Febbraio, 2015
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Attenti al lupo, oh oh oh …

Possiamo immaginare “Un finale perfetto” della fiaba di Cappuccetto Rosso? Sì, secondo John Katzenbach, che in questo romanzo ipotizza un epilogo incruento anche per il Lupo. Sempre ammesso che una punizione psicologica sia preferibile a un bel taglio nella pancia, come narrato dai fratelli Grimm che – in una delle loro più celebri fiabe - sacrificano un animale selvatico e premiano la leggerezza di una bambina che si avventura per il bosco come un’autentica oca giuliva!

In questo psicodramma noir, il Grosso Lupo Cattivo è uno sciagurato scrittore di thriller (“Lui è mio marito. E’ un romanziere”): ingordo come non mai, perseguita la bellezza di tre “Cappuccetto Rosso” (“Un medico con una vita segreta da cabarettista in un mondo dove non c’era più niente di comico, una vedova smarrita in un dolore inestinguibile, un’adolescente intrappolata dalle circostanze e dal fallimento”) che versano in solitudine, tra drammi biografici (“Vigile del fuoco con figlia di tre anni uccisi in un incidente”) o personali (“… per andare nella biblioteca della scuola e scovare i fratelli Grimm. Si stava facendo bocciare in quasi tutte le materie…”)

Il serial killer proclama claris verbis le sue intenzioni delittuose e terrorizza le Cappuccetto con lettere minatorie, appostamenti, inseguimenti, fotografie e con tutti gli altri mezzi che imparentano le finalità delinquenziali con le tecniche dello stalker.
Le perseguitate sono tre donne rosso-crinite, che inizialmente non si capacitano e non comprendono il motivo della loro sventura, ma poi si conoscono, si alleano, reagiscono (“E’ una vera antagonista, pensava”), si armano (“Una fredda Colt Python.375 magnum nera”) e decidono di sovvertire la strategia opprimente del loro folle aguzzino (“Io so come rovinargli la festa… Una di noi deve morire…”).

Se alcune tematiche del romanzo (“Le stesse regole dell’omicidio valgono per la scrittura”: sarà poi vero?) hanno catturato il mio interesse sia per la conduzione essenzialmente psicologica del plot (“Perseguitare e uccidere tre estranee che per caso hanno tutte i capelli rossi, perché hai una specie di ossessione favolistica, ha senso?”), sia per l’interpretazione che forniscono della favola, ho ravvisato una lungaggine eccessiva nello sviluppo della storia. Per contro, è apprezzabile la moderazione nella descrizione di scene violente: a conti fatti, rimangono sul campo (senza che la loro fine venga descritta) due poveri gattini…

Bruno Elpis

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