Ultima notte a Manhattan
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Spionaggio ed agguati nella New York del dopoguerr
Ecco un autore di grande spessore, che relega, devo dirlo a malincuore, i miei tre giallisti preferiti (James Patterson, John Grisham e Jeffery Deaver) in secondo piano. James Patterson, lo stakanovista della produzione letteraria poliziesca, il narratore (lui e la sua équipe) di storie vendute a centinaia di milioni di copie. John Grisham, il signore del legal thriller, sempre preciso e documentato, forse un po’ noioso, certo, ma la colpa, si fa per dire, è degli argomenti che tratta: hanno un certo fascino, ma non promettono quei colpi di scena che solleticano l’emotività del lettore. Jeffery Deaver, infine: basta citare l’impareggiabile coppia investigativa Lincoln Rhime e Amelia, ed è detto tutto. Ma Don Winslow, a mio parere, è di un’altra categoria: oltre che scrittore, è regista, attore, consulente a vario titolo, è stato addirittura investigatore privato e, per qualche anno, guida nei safari africani. Insomma, uomo dai mille mestieri, aperto alle novità, dotato ( ma ne riparlerò) di una scrittura brillante, vivace, ironica, una scrittura che fa sentire il lettore parte dell’azione, immerso nelle situazioni ambientali più svariate (compresi suoni, colori, luci), tanto da renderlo quasi partecipe della narrazione e parte integrante.
Il romanzo è tutto da godere, a cominciare dal periodo in cui si svolge. Siamo nella New York degli anni ’50, una città che, finita la guerra, sta rinascendo, piena di vita e di rinnovati entusiasmi. Protagonista è Walter Withers, ex spia della CIA ed ora investigatore per una compagnia privata la Forbes & Forbes: l’incarico è quello di sorvegliare e proteggere la bella ed affascinante moglie, Madeleine, di un senatore, Joe Keneally, in corsa per la presidenza degli Stati Uniti. Al bravo Walter ne capitano di tutti i colori: integerrimo nel suo lavoro, uomo dal cuore tenero e dalla mira infallibile, deve destreggiarsi tenendo d’occhio, oltre a Madeleine, che deve occultare una sua precedente passione (con tanto di lettere compromettenti) per un noto poeta ubriacone, M Guire, un tipo underground alla Bukowski per intenderci, anche una strepitosa bionda scandinava, spia sovietica e amante del probabile futuro presidente Accade un imprevisto: la bionda viene assassinata: la polizia di New York indaga sull’incolpevole Walter, l’ultimo, pare, ad averla incontrata. Il romanzo, da qui in poi, si fa avvincente: il nostro è braccato e deve sfuggire a deviati e collusi (con i russi) servizi segreti della CIA, all’FBI ed al suo temibile e infido capo Edgar Hoover, alla polizia di New York ed a scagnozzi vari in un susseguirsi di agguati e colpi di scena, finchè riuscirà a consegnare al vero “Vecchio” della CIA il materiale compromettente che incastra il senatore e che svela i pericolosi e inopportuni rapporti con la bionda spia di Mosca, Marta. Come premio, Walter avrà, forse, un incarico come agente della CIA in Indocina: nell’attesa, si godrà un meritato riposo con la sua bella, una cantante jazz tutta pepe e dai gusti particolari.
La storia, in estrema sintesi è questa, ma sono le atmosfere di una New York rinata che incantano e che Don Winslow descrive con rara maestria. Godetevi ad esempio la frenesia che coglie la città la notte dell’ultimo dell’anno (il 1958), il trambusto del traffico, la corsa agli ultimi regali, oppure la lunga descrizione del Village: suoni, luci, colori, sapori (“…una granita italiana in una giornata calda, spaghetti in salsa marinara, pane imburrato, espresso forte, vino rosso dolce…”) rendono il quartiere unico nel suo genere, un’esplosione di vita e di personaggi (gli italiani sono più volte citati) tale che il lettore sembra quasi farne parte e viverne in prima persona la vivacità e le emozioni. E che dire della minuziosa cronaca di un incontro di football americano, incontro vissuto da Walter in compagnia del già citato McGuire. C’è poi, per non trascurare nulla, una visita di Walter ai genitori. Si discute, tra l’altro, sul comunismo, allora in auge oltreoceano, e sui suoi rapporti con il cattolicesimo: la domanda di Walter da che parte sarebbe stato Gesù se fosse vissuto a quei tempi fa riflettere, e pone interrogativi inquietanti.
Scrittura brillante e coinvolgente: stringata e incisiva nelle azioni concitate, precisa e documentata, con un pizzico di nostalgia, nella descrizione degli ambienti cittadini. Il tutto con piglio ironico, quasi volesse rassicurarci che sembra tutto vero ma forse non lo è. A tal proposito, illuminante è la definizione dello scrittore da parte di Janet Maslin, del “ New York Times”: “Don Winslow nella sua scrittura fonde mirabilmente il grave con il giocoso, l’incubo con la speranza riuscendo ad essere contemporaneamente irriverente ed assolutamente serio”.