Uccellino del paradiso
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il "non" sogno americano
Definire prolifica quest’autrice è riduttivo. Aver letto uno soltanto dei cinquantasette romanzi da lei pubblicati – senza contare le raccolte di racconti, i saggi, le sceneggiature e la letteratura per bambini – non mi consente di azzardarmi a trovarle una collocazione tra i maggiori esponenti della letteratura nord-americana. La lettura di questo romanzo, scritto nel 2009, quando la Oates aveva già più di settant’anni, mi ha procurato in ogni modo profondo piacere.
Le motivazioni sono molteplici, a partire dallo stile di scrittura, semplice e descrittivo al punto giusto. L’ambientazione è quella che spesso troviamo in narrazioni di successo e sono portato ad accomunarla con quella scelta da Truman Capote in A sangue freddo, Philipp Meyer in Ruggine americana. La vicenda si svolge negli anni ottanta a Sparta, una cittadina dello Stato di New York, non distante dal lago Ontario, zona in cui l’autrice ha vissuto la sua infanzia.
I tragici avvenimenti che vi sono narrati influiranno pesantemente sulla formazione dei due giovani principali protagonisti, Krista e Aaron. La decadenza e la mancanza di prospettive fanno da contorno e spesso caratterizzano l’essenza del comportamento quotidiano di ogni personaggio.
Sono principalmente i ricordi di Krista a svelare le ansie e le paure, a dissotterrare lontani e tristi ricordi, narrando le emozioni che, all’epoca, provocarono in un’adolescente insicura.
“Edward Diehl? Dobbiamo parlarle”
Furono queste le terribili parole che cambiarono per sempre la vita di mio padre.
Distrussero la sua vita, la banale esistenza di un uomo americano del suo tempo e del suo paese, in apparenza del tutto identica a quella di centinaia di migliaia di altri uomini americani, e nessuno dei suoi cari si sarebbe mai augurato che accadesse.
E’ ancora l’America, non quella del mito, del “sogno americano”. Quella delle persone dimenticate, generate dal nulla e che nulla creeranno, rimanendo un numero sommato ai milioni di abitanti di quell’immenso territorio.
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Ruggine americana di Philipp meyer
Paradiso infernale
La cosa più interessante della Oates è la straordinaria capacità di mantenere alta la tensione e di trattenere l'attenzione del lettore fissa sulla vicenda. Il modo di scrivere è molto interessante e rende l'idea di una società di persone al limite, che stanno per esplodere, che potrebbero esplodere da un momento all'altro, per le quali la normalità è una specie di paradiso perduto. Rende l'incubo americano che qualcosa di orribile stia per accadere e potrebbe accadere in qualsiasi momento. Nel libro si è in continua attesa di quel momento. Molti personaggi hanno descrizioni cangianti. Ad es. Eddy, il padre dell'io narrante Christa, va dal bravo padre, all'amante quasi tenero, al mostro peloso e mascolino che potrebbe fare del male alla figlia in qualsiasi modo e in qualsiasi momento e che magari ha ucciso l'amante. Ben, fratello di Christa, va dal ragazzino debole al mostro capace di tutto. Oppure il figlio della vittima, Aaron-Krull viene descritto come un ragazzo dalla personalità doppia e fino alla fine della vicenda c'è questa tensione altissima su di lui per cui sembrerebbe un bravo ragazzo timido, uno capace di tutto, un matto, uno schizofrenico a corrente alternata. Potrebbe aver ucciso lui stesso la madre con il suo lato oscuro rimuovendo poi il fatto. I personaggi sono inafferrabili come quelli di un giallo anche se il libro non ha il taglio del giallo e nemmeno del noir ma del romanzo. A me questa inafferrabilità, criticità psichica dei personaggi, il fatto di non poterli conoscere e farmene davvero un'idea dà un po' fastidio. Credo che la tensione continua e la nebulosità psicologica, l'essere al limite della sopportazione (il vaso colmo con la goccia sospesa sopra che sta per cadere) tolga qualcosa all'approfondimento psicologico e alla conoscenza del personaggio. Il calo di tensione finale e la conclusione della vicenda poi non mi soddisfa del tutto. In generale direi che ci sono troppi ormoni e istinti bestiali nell'aria , a scapito del lato più umano che è quello che mi piace di più nelle storie. Comunque il libro è bello, ben scritto e vale la pena di leggerlo.
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uccellino del paradiso
Bellissima e' l'analisi dei personaggi e della loro psicologia che l'autrice fa in questo e in ogni suo libro.
L'autrice Joyce Carol Oates mi ricorda un po' il Verga con il suo Verismo e la rassegnazione dei suoi personaggi, la Oates piu' che la rassegnazione dei suoi personaggi, descrive la loro disperazione a volte senza fine.
In questo libro la disperazione domina nei 3/4 del romanzo e dopo tanta sofferenza il personaggio principale Krista Diehl arriva per cosi' dire a riscattare la sua condizione sociale e a sapere una verita' per lei importante. Chiaramente non tutti i personaggi ne escono vittoriosi, molti rimangono vittime di una implicita violenza che puo' essere familiare o di classe sociale, tutto questo e' sempre presente nei romanzi dell'autrice.