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Ambrose “Bitter” Bierce fu un pioniere letterario dei suoi tempi e grande ispiratore della letteratura moderna. Brillante giornalista, aforista caustico, con una gloriosa carriera militare alle spalle inventò un nuovo modo di raccontare le storie d’orrore e di terrore. Nel suo stile scabro e pungente lasciò novanta racconti di vario genere prima di partire per il Messico di Pancho Villa, nel quale, coerente con il personaggio che si era creato, scomparve misteriosamente. Si fece la fama di intransigente critico dei suoi tempi e fustigò i costumi dei contemporanei con il suo sagace e attento genio satirico. Questa raccolta edita oggi da Fanucci Editore riunisce, per la prima volta in lingua italiana, tutti i principali racconti di Bierce. La collana consta di due volumi: il primo dedicato alle storie dell’orrore, il secondo a quelle di guerra e ci offre una ampia carrellata della produzione di questo salace autore americano.



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Tutti i racconti 2019-11-18 10:23:18 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    18 Novembre, 2019
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Sagace ironia tra spettri e cannoni fumanti

Rai-RadioTre, negli anni ottanta concludeva le sue trasmissioni giornaliere con due programmi splendidi che erano divenuti per me uno degli appuntamenti più piacevoli della giornata: alle ventitré iniziava “Il Jazz: improvvisazione e creatività nella musica” bellissima iniziazione a questo affascinante genere musicale e ai suoi più valenti esecutori. Subito dopo, poco prima dello “scoccare dei dodici rintocchi”, alcuni dei più grandi attori dell’epoca leggevano, o meglio, recitavano, “Il racconto di mezzanotte”; brevi storie “di paura” tratte dalla produzione dei più famosi autori mondiali del genere.
Fu in quell'occasione che incontrai per la prima volta Ambrose Bierce. A quell'epoca non ero completamente digiuno di letteratura horror e gotica: avevo già letto molto Poe e pure il ciclo di Cthulhu di Lovecraft non mi era ignoto. Tuttavia non ero restato entusiasta né dell’uno (forse ormai, a oltre un secolo dalla morte, le sue atmosfere lugubri erano divenute scontate oltre che eccessivamente sfruttate da epigoni e imitatori) né dell’altro (che a tratti avevo trovato ridondante e verboso sino alla noia e al tedio). Con Bierce, invece, fu un colpo di fulmine. Mi affascinarono immediatamente le sue storie cimiteriali, che, tra una apparizione di fantasmi e una premonizione di morte, lanciavano sempre acute, ironiche strizzatine d’occhi al lettore, beffandosi delle paure e irridendo pure sulle stesse atmosfere gotiche che egli andava creando.
Negli anni successivi ho cercato, spesso inutilmente, di trovare volumi che raccogliessero i suoi scritti, per potermeli godere in tutta la loro acre ironia. Purtroppo pochissime sono le edizioni che ripropongono le sue opere, se escludiamo, forse, il notissimo “Dizionario del diavolo”, ripubblicato più volte.
Quindi è da encomiare la Fanucci che ha avuto la splendida idea di riunire in due tomi (disponibili pure in formato elettronico) gran parte della produzione di novelle del geniale scrittore americano, ritradotte tutte con linguaggio attuale.
Si tratta di una settantina di brevi opere, alcune addirittura brevissime, che spaziano da racconti cinicamente sepolcrali a novelle beffardamente ironiche, a spietati racconti bellici ambientati durante la Guerra Civile (alla quale Bierce partecipò in prima persona) e le guerre indiane dove si mostra sempre il lato macabro, agghiacciante o struggente delle vicende umane attraverso la pungente e sagace voce di Bierce.
I temi ricorrenti sono sempre gli stessi: apparizioni spettrali, vendette dall'oltretomba, suggestioni psicologiche così forti da divenire letali, premonizioni di morte e nefaste fatalità che, immancabilmente, si beffano dei destini dell’uomo. Per quanto riguarda i racconti di guerra, poi, la spietatezza di un conflitto che mise gli uni contro gli altri i fratelli, i padri e i figli, i mariti e le mogli è posta sotto la luce di riflettori abbaglianti.
Tuttavia, in ogni brano anche nei più crudi, c’è sempre un pizzico di zenzero, un disincantato sarcasmo, una punta di feroce irrisione che lo rende un gioiellino a sé stante da gustare con piacere.
A distanza di oltre un secolo dalla loro redazione, molti racconti hanno forse perso l’aspetto più marcatamente orrorifico. In un mondo dominato dalla scienza e dalla razionalità, siamo forse portati a sorridere dei medium che ci riferiscono i racconti, angoscianti e angosciati, delle anime da loro evocate. Pure ai fantasmi che ci rinfacciano i nostri peccati possiamo fare spallucce, ma è difficile non ridere amaro sul bottegaio ligio al dovere sin oltre la morte de “Una brocca di sciroppo” o non provare empatia per il povero soldato di “Uno dei dispersi” che, immobilizzato dopo il crollo dell’edificio in cui stava, vede, puntata alla fronte, la canna del proprio fucile.
Subissati da una produzione cinematografica in cui non ci viene negato nessun effettaccio per quanto splatter esso possa essere, le atmosfere di Berce sono forse troppo soffuse, troppo edulcorate, ma lo stile con il quale le storie sono narrate, lo humor nero che continuamente occhieggia al lettore, lo stesso stile garbato, ma irriverente e feroce, conservano ancora tutta la forza originaria.
Inoltre le storie belliche come “Avvenne alla gola di Coulter”, “I fatti accaduti al ponte di Owl Creek” o “Chickamauga” conservano il loro crudele, doloroso impatto emotivo anche oggi. Per non parlare del commovente “Un bivacco di morti”, dove, forse per la prima volta al mondo, si implora di considerare i nemici morti con lo stesso rispetto e pietà che portiamo ai nostri caduti.

Non ritengo opportuno, però, leggere la raccolta tutta d’un fiato. Fatalmente le storie tendono a somigliarsi tra loro: le magioni disabitate divengono, per antonomasia, case infestate; i morti ammazzati torneranno sempre sui loro passi per vendicarsi; gli oggetti si rivolteranno contro i loro possessori; i condizionamenti e le suggestioni si concretizzeranno immancabilmente in minacce concrete; la guerra civile mostrerà sempre il suo aspetto più feroce, spietato e inumano. Senza alcuna requie per le vittime.
Insomma, ogni protagonista, prima o poi, incontrerà la sua nemesi e le premonizioni, soprattutto quelle nefaste, si avvereranno sempre.
Data l’inevitabile ripetitività delle trame, perciò, se si leggono i racconti uno dietro l’altro si rischia di non apprezzarne le sfumature, gustarne le sottili raffinatezze (anche linguistiche) e le abili “nefandezze” che ogni volta ci vengono ammannite. Anche i colpi di scena, accuratamente preparati, possono giungere non inaspettati, poiché per Bierce, antesignano propugnatore della legge di Murphy, se una cosa può andar storta sicuramente lo farà nel modo più catastrofico possibile. Sempre.
Quindi, la lettura dovrebbe essere centellinata, sorseggiata come un buon espresso: calda, a piccoli sorsi e in ambiente adatto.
Lo stesso Bierce (quasi come un Cicero pro domo sua) ci fornisce la ricetta perfetta per entrare in sintonia con i suoi scritti. Così, infatti, dialogano i protagonisti del racconto “L’ambiente adatto”:

“Come, quando e dove dovrei leggere la vostra storia di fantasmi?”
“In solitudine, di notte, a lume di candela. Ci sono certe emozioni che uno scrittore è in grado di suscitare abbastanza facilmente, quali la compassione o l’allegria. Posso farvi piangere o ridere in quasi tutte le circostanze. Ma affinché il mio racconto di fantasmi risulti efficace, dovete essere indotto a provare paura – o, per lo meno, una forte percezione del soprannaturale – e questo è un problema. Ho il diritto di aspettarmi che, qualora leggiate la mia opera, mi darete una possibilità, cioè sarete disposto a provare l’emozione che cerco di ispirarvi.”

Il protagonista di quel racconto, per benevola condiscendenza con l’autore, si recherà in una casa “notoriamente infestata” per compiere il suo dovere di lettore rispettoso e ne pagherà duramente lo scotto. A noi non è richiesto tanto, ma forse lo stesso Bierce gradirebbe che le sue storie venissero lette ad alta voce, con tono impostato, in un ambiente rischiarato solo a luci soffuse, magari poco prima di mezzanotte. Poi, se non ci dovessero essere candele che tremolano all'arrivo dello spirito di turno, pazienza: ce ne faremo una ragione. L’ironia sta pure nello smitizzare chi si piglia troppo sul serio.

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