Triste, solitario y final
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Ma il vecchio comico dimenticato dov'è?
Era da tempo che avevo messo tra la lista dei libri da leggere il romanzo di Soriano, spesso magnificato come un piccolo capolavoro, per certi versi superiore al romanzo da cui prende spunto: “Il lungo addio” di Chandler. Avevo letto ed apprezzato il giallo hard-boiled americano ed ero incuriosito dalla sua trasposizione in chiave argentina. Finalmente sono riuscito a trovare un po’ di tempo da dedicargli, ma l’impressione che ne ho ricevuto è stata ambivalente.
Mi aspettavo una versione ironica e caricaturale del romanzo che ha per protagonista il sagace Philippe Marlowe, tuttavia la storia è parecchio diversa e ben più strampalata di quanto mi aspettassi. In effetti la parodia c’è, ma è così surreale, trasognata e stravagante che non risulta chiaro quale sia il suo obiettivo. I personaggi si muovono sgangheratamente in una Los Angeles dei primi anni ’60, che non è credibile neppure per un argentino che non abbia mai visitato la città e si sia fatto un’idea confusa di essa visionando solo qualche filmetto di serie B.
La trama è una collana sgranata di episodi per lo più privi di alcun senso, intervallati da una serie infinita di scazzottate stile slapstick comedy o da sparatorie più consone ad una gangster story con Al Capone e la sua gang. Il malinconico e disincantato detective di Chandler in questo romanzo si trasforma in un individuo bolso e instupidito che reputa l’uso delle mani e della pistola unico sistema per dialogare con il prossimo. In queste scombinate avventure gli fa da spalla lo stesso Soriano, quale improbabile socio ancor più impacciato ed inconcludente di lui. I comprimari sono spesso i grandi nomi dello star system hollywoodiano di quegli anni (John Wayne, Dick Van Dyke, Jane Fonda, Charles Bronson, James Stewart, Chaplin), ma con le caratteristiche caricaturali dei personaggi dagli stessi interpretati sullo schermo. Per di più sono tutti dipinti come luride carogne arroganti e prepotenti circondati da gorilla pronti a mettere le mani sui grilletti o sui manganelli. Perché mai?
Mi aspettavo che la trama fosse incentrata sulla triste vecchiaia di uno Stan Laurel rifiutato da tutte le major cinematografiche, ma Stanlio fa solo alcune brevi comparsate e la stessa indagine sulle ragioni di quell'oblio si perde per strada divenendo inconcludente e vacua; alla fine, se ne perderà ogni traccia.
I primi capitoli (tra i migliori) danno l’impressione di entrare in una vecchia dimora abbandonata, dove tutto il mobilio sia incipriato da uno spesso strato di polvere che ne ottunde i contorni ed offusca i colori in una foschia nostalgica. Leggendo ho provato una acuta malinconia per quel glorioso passato negletto, poi, però, con l’accelerare forsennato delle assurde vicende, si perde il filo narrativo e si confondono i confini tra realtà e incubo allucinatorio. Sembra quasi di trovarsi ad assistere ad uno di quei cortometraggi a disegni animati degli anni ‘30 in cui i personaggi reali sono coinvolti assieme a quelli dei cartoons in vicende surreali inventate solo per provocare sgangherate risate. Alla fine sembra di assistere ad una gara di freccette ove i bersagli sono stati sostituiti da volti di personaggi famosi. Le pagine conclusive, le più belle di tutto il libro, stendono un velo di pessimismo esistenziale su tutta la vicenda precipitando il lettore in un pozzo di mestizia.
Ho cercato di esaminare la storia dal punto di vista di un sudamericano degli anni ‘70, amareggiato e deluso dal generale comportamento degli yankee nei confronti del suo paese e, in parte, ho compreso lo stato d’animo dissacrante di Soriano. Ma anche così ho fatto fatica ad appassionarmi alla sua storia: in genere, si sa, l’unico che si diverte a “disegnare i baffi alla Gioconda” è l’autore, non certo chi assiste allo sfregio.
Insomma, l’ho trovato un libro troppo scombinato per essere veramente gradevole. Peccato, perché l’idea di partenza era estremamente stimolante e alcuni passaggi sono molto ben scritti.
Un ultima considerazione sulla trasposizione nella nostra lingua: spesso mi sono trovato di fronte a frasi con evidenti assonanze castigliane che usano termini tradotti in italiano in modo piuttosto grossolano. Poiché rendono male l’idea che si vorrebbe trasmettere mi sono domandato: sono veri errori di traduzione o sono imprecisioni volute solo per sottolineare la prospettiva argentina del racconto?
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TRISTE, SOLITARIO Y FINAL di Osvaldo Soriano – Rocambolesco, divertente, ironico e amaro al tempo stesso. Scritto nel 1973 dallo scrittore e giornalista argentino, rimane a tutt’oggi un libro di nicchia, ma si tratta di “un racconto perfetto”, come lo definì lo scrittore Giovanni Arpino, che sta a metà strada tra il poliziesco e le comiche in bianco e nero degli anni Quaranta. Un pastiche di generi che vede come protagonista il comico Stan Laurel, ovvero Stanlio, il famoso attore che fece coppia con Ollio.
Stan, ormai stanco e invecchiato, sale al sesto piano di un sudicio edificio di Hollywood per assoldare il detective privato Philip Marlowe, il personaggio uscito dalla penna dello scrittore americano Raymond Chandler. Finzione su finzione dunque: cinema e letteratura si incontrano nelle pagine di Soriano. Ma non è finita qui. Philippe Marlowe deve risolvere il seguente caso: perché i produttori cinematografici non ingaggiano più Stan Laurel? Perché nessuno lo cerca più? Perché dopo anni di successi è finito nel dimenticatoio?
Ad indagare sarà Philip Marlowe aiutato dallo scrittore stesso, Osvaldo Soriano, che entra in scena materializzandosi nel cimitero davanti alla tomba dove è seppellito Stan Laurel. Nell’incontro con il detective Marlowe, Soriano si presenta per quello che è, un giornalista argentino interessato a scrivere un libro sulla vita di Stan Laurel. Nel corso della storia i due tentano di rapire Charlie Chaplin, si scontrano con John Wayne, si intrufolano alla cerimonia di consegna degli Oscar, si nascondono tra una comunità hippies e danno il via ad un’incredibile e funambolica fuga che termina di fronte ad una scacchiera dove il re bianco viene sostituito da una pallottola calibro 45. Quello che rimane, al termine del libro, è l’atmosfera fosca da romanzo noir e l’attaccamento a questi due personaggi, Marlowe e Soriano, fumatori incalliti, amanti dei gatti, da sempre soli e solitari, perdenti ed ironici che, parafrasando Guccini, per il gusto della battuta si farebbero spellare.
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Mica male quel ciccione dell'argentino
Un omaggio a Stan Laurel e Oliver Hardy, al mondo del cinema con le sue luci e molte ombre e soprattutto al grande Chandler e al suo personaggio Marlowe. Una strana indagine che vede affiancati Marlowe e il ciccione argentino, cioè Soriano nei panni di se stesso, un simpaticissimo personaggio che non mastica una parola di inglese e a cui Marlowe si rivolge in castigliano. Io penso che il romanzo sia iniziato così, come un'indagine sul perchè due bravi attori come Stalio e Olio a un certo punto non abbiano più trovato uno straccio di lavoro. Ma poi l'incursione nel mondo del cinema si è trasformata in un'incursione nel mondo della letteratura: un'incursione per il gusto dell'incursione in cui anche un ciccione come Soriano che magari si alza si e no dalla sedia può prendere a botte terribili gangster, può puntare un mitra contro qualcuno, può saltare su un treno in corsa, viaggiare attaccato al tetto del treno come un agente 007, venire rapito, rapire, minacciare attori del cinema, fare inseguimenti rocamboleschi il tutto scambiandosi battute con il più simpatico investigatore di tutti i tempi, quello che non riesca mai a riempirsi le tasche. A un certo punto ci ha messo pure una bionda in mezzo, già che c'era, ma con poca convinzione. Il mondo del cinema in ogni caso sembra peggio di quello della letteratura.
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Atipico poliziesco hollywoodiano
Quello dello spettacolo è un mondo pieno di fascino e di gloria ma anche ricco di rivalità, false amicizie, dispetti. Un mondo in cui oggi sei un mito e domani potresti ritrovarti chiuso nel dimenticatoio. Lo sa bene il grande Stan Laurel, senza lavoro ormai da anni ma troppo orgoglioso per andare ad elemosinare particine irrilevanti dagli pseudoamici di Hollywood come ha fatto invece il suo storico compagno Oliver Hardy. Ma come mai la coppia comica più famosa della storia non riesce più a lavorare? A cercare di scoprire il perché troviamo il famoso detective privato Philip Marlowe affiancato da Osvaldo Soriano nei panni di se stesso. Il loro viaggio alla ricerca della verità sarà pieno di imprevisti e rocambolesche avventure, scazzottate, sparatorie, arresti e rapimenti, in cui i due se la vedranno con miti del cinema del calibro di John Wayne e Charlie Chaplin. Un poliziesco atipico, in cui la fantasia fa da padrona, accompagnata da un ritmo serrato, una forte dose di ironia e momenti di commovente amarezza, tutto raccontato con lo stile dolce ed elegante di Soriano. Un libro che omaggia sia il cinema che la letteratura e che vuol rendere giustizia al duo che ha fatto la storia della comicità mondiale, in cui l'autore è bravissimo a creare l'atmosfera giusta per descrivere il fascino dolceamaro di un mondo fin troppo controverso e a sottolineare quanto può essere effimera la gioia per il successo e com'è facile trovarsi ad un certo punto della vita tristi, solitari e ormai vicini alla fine.