Terre desolate. La torre nera
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(arrivando con gran calma alle) Terre desolate
Il primo libro mi ha deluso, il secondo mi ha stupito, ed il terzo? diciamo che "Terre desolate" ha saputo mantenere grosso modo il livello settato dal suo predecessore, andando ad ampliare ancora di più il mondo fantastico creato da King, ma senza quella marcia in più a livello di trama che ormai temo di non potermi più aspettare da questa serie.
La narrazione parte quando Roland si è ormai ripreso dagli avvenimenti de "La chiamata dei tre", almeno sul piano fisico: la sua mente è ora divisa tra due linee temporali che gli ingarbugliano i ricordi e lo stanno portando alla pazzia. Per salvare Roland, Eddie, Susannah e Jake lavorano di concerto per riportare quest'ultimo nel Medio-Mondo, com'era scritto nel suo destino; il gruppo protagonista trova inoltre un Vettore, che conduce proprio alla fantomatica Torre Nera, e decide ovviamente di seguirlo fino a Lud, una città tanto bizzarra quanto decadente.
Il caro Stephen approfitta delle pellegrinazione dei nostri eroi per introdurre diversi nuovi personaggi, come sempre caratterizzati in modo ottimale; tra gli altri ho trovato particolarmente interessanti Tick-Tock "Ticky" e Blaine il Mono, purtroppo meno presenti in scena tanto quando avrei voluto, ma che reputo delle valide aggiunte al cast, e in special modo il secondo penso abbia un grande potenziale. Non ci sono solo nuovi caratteri, ma anche delle nuove ambientazioni, o meglio vengono ampliati i confini noti al lettore del Medio-Mondo; location da conoscere attraverso le immaginifiche descrizioni dell'autore, e da esplorare per ottenere qualche conoscenza in più a livello di world building.
Rispetto ai volumi precedenti, ho apprezzato la scelta di dare più spazio ai POV di tutti i protagonisti, soprattutto quello di Eddie che è il mio preferito, rendendo la storia meno Roland-centrica. Anche i legami tra loro mi sono sembrati più genuini e credibili nei piccoli gesti d'intesa e d'affetto. Un punto di forza totalmente soggettivo è dato invece dai paradossi temporali: un espediente narrativo che amo (quasi) sempre.
Ho amato molto meno la prevedibilità con cui si sviluppa la trama, inficiata anche da un ritmo decisamente lento che non sprona di certo a continuare la lettura. Mi sarebbe piaciuto leggere inoltre più scene dal punto di vista di Susannah, che mi è sembrata a tratti messa in secondo piano rispetto al resto del gruppo. A volume ultimato devo poi evidenziare che il titolo e la cover di questa edizione sono poco rappresentativi del contenuto effettivo: più che mostrare una parte della storia raccontata nel libro, anticipano quello che ne è alla fin fine l'epilogo, quindi vi consiglio di non farvi delle aspettative basandovi su questi elementi.
Indicazioni utili
Fantastici ed allucinanti terrori degli undici ann
Sprofondare in tutti i fantastici ed allucinanti terrori degli undici anni.
Terre Desolate, Stephen King, 1991.
Terzo episodio del Ciclo della Torre Nera e finalmente si assisterà al ricongiungimento del ka-tet, il gruppo di affini che dovrà compiere l’impresa.
Un compagnonnage come nella migliore tradizione dei cavalieri medievali. («Noi siamo un ka-tet», cominciò Roland, «che significa un gruppo di persone legate insieme dal destino. I filosofi della mia terra dicono che un ka-tet può essere spezzato solo dalla morte o dal tradimento. Cort, il mio grande istruttore, sostiene che siccome anche morte e tradimento sono sui raggi della ruota del ka, un legame come questo non può mai essere spezzato. Con il passare degli anni, mi avvicino sempre di più anch'io all'opinione di Cort.» Ora ditemi se non è una chanson de geste. Soltanto non noiosa). Assoluto protagonista è l’ultimo cavaliere, Roland, che addestra ed istruisce i suoi scudieri, («Terrore e panico abbandonarono all'improvviso Eddie. Su di lui cadde il mantello della freddezza, una cappa che Roland di Gilead aveva indossato più di una volta. Era l'unica armatura che possedesse il vero pistolero... e la sola di cui avesse bisogno») naufraga sull’orlo della pazzia per un paradosso temporale da lui stesso creato e – alla fine – recupera anche l’ultimo membro della sua tavola rotonda.
E le prove che il piccolo gruppo si trova a fronteggiare sono tremende.
Prove esterne (il cyber-orso Shardik, l’Uomo-casa, il demone custode del Cerchio Parlante, il “trenino” Blaine, la città di Lud, il ripugnante Gasher, l’Uomo Tick-Tock – che credo che avremo ancora il dispiacere di incontrare - etc) e prove interiori, particolarmente ardue soprattutto per Eddie, che finalmente si libererà (speriamo per sempre) dall’influenza distruttiva del fratello Henry.
Il libro è un lungo viaggio attraverso le Terre Desolate di Eliottiana memoria; desolate da una qualche catastrofe a cui si fanno continui riferimenti, ma che ancora non viene affrontata nel suo orrore.
Il mondo è andato avanti, si dice spesso e questo aumenta lo sgomento e la curiosità di lettori e personaggi (solo Roland conosce parte della verità: «Per ogni cosa che so, ce ne sono cento che non so. È un fatto che voi due dovrete imparare ad accettare. Il mondo è andato avanti, diciamo noi.»). Il viaggio regala scorci di abbandono, aberrazione, orrore e – qualche volta – dignità.
King in stato di grazia crea scenari di rara potenza evocativa e fantastica. Da restare a bocca aperta e chiedersi, attoniti “ma come avrà fatto a pensare a questo?”, non sono tanti i libri che mi hanno fatto questo effetto. La Divina Commedia, Cent’Anni di Solitudine, Moby Dick, i racconti di Borges, Dance Dance Dance… La sequenza dell’Uomo-casa è terrore puro, è il capitolo successivo dell’Incubo di Hill House della Jackson e rivaleggia con l’amata “maestra”, così come è perfetta la descrizione del libro per bambini, dove i bambini ridono felici, ma forse urlano terrorizzati.
Non è che te lo racconta. Li vedi.
Ad un quarto de “La Sfera del Buio” (anche per me, come per Roland, la cosa più difficile è aspettare) e di quello che si annuncia come un lungo flask-back sul giovane pistolero (se Will Dearborn non è il giovane Roland, mi impegno solennemente a mangiarmi il cappello), mi sento di dire che, dall’inizio della Chiamata dei Tre, fin qui, King non ha sbagliato una virgola.
Grandioso.