Spiral
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Da un anello a una spirale...
Nel 1995, dopo ben 4 anni dal primo romanzo, lo scrittore giapponese Koji Suzuki torna con il sequel di "Ring": "Spiral" o, secondo il titolo originale, "Rasen".
Quando ci si trova davanti a un secondo capitolo di una storia, le domande che sfrecciano nella nostra mente sono molteplici e anche molto ovvie, come: l'autore aveva fin da subito concepito la sua storia come un dittico? Ha scritto un seguito semplicemente per cavalcare il successo del primo libro ed intascarsi una parte della grana, oppure ha veramente qualcosa di nuovo da dire? E tra le altre cose che gironzolano libere e indomite nella nostra testa, c'è un pensiero in particolare che fa capolino, ossia: questa storia sarà all'altezza della precedente? E questa si che è una domanda da un milione di dollari e tutti, più o meno, ben sanno che i seguiti difficilmente riescono ad eguagliare il loro predecessore; ancor più complesso è superarlo! Insomma: non è cosi facile scrivere un continuo di un libro di successo, ma Suzuki come si è comportato? Cosa ha fatto per cercare di scatenare nuovo interesse nel lettore? Beh, quello che solitamente avviene con un seguito: il livello si è alzato, la storia ha preso una strada particolare sviluppandosi in qualcosa di molto più grosso e complesso come anche il titolo del romanzo fa intuire. Non solo. Personalmente ho avvertito anche un mutamento di genere: da un thriller-horror quale era "Ring", mi è parso che qui la storia sia diventata una specie di mix "fantascientifico" (sopratutto nella seconda parte), almeno questo vien scritto da uno che di fantascienza ne sa ben poco, quindi perdonatemi se ho scritto un'eresia. Malgrado ciò, la componente orrorifica mi è sembrata poco presente o in caduta rispetto al precedente romanzo a parte alcune eccezioni, anche nelle tematiche dove il soprannaturale sembra essersi spento insieme alla tensione.
Tra le novità, abbiamo avuto un cambio di "cast" e un nuovo "dilemma". Tuttavia, senza nulla togliere ai nuovi protagonisti e co-protagonisti (mi sono ugualmente piaciuti), il Ryuji e l'Asakawa del primo libro secondo me rimangono inarrivabili, anche se l'aver deciso di buttare in mezzo dei medici invece che di un giornalista e un filosofo quali erano i due, ha permesso all'autore di approfondire ampiamente ciò che già alla fine del primo libro aveva delineato, portando il tutto ad un livello più alto e donando risposte importanti sulla "maledizione" della videocassetta, concludendo il puzzle con gli ultimi pezzi.
Anche qui c'è un "mistero" da risolvere, un quesito che ci viene direttamente dal finale del primo "Ring" rafforzandosi fin da subito durante un'autopsia all'inizio della storia e ugualmente questo libro sa dare quella voglia di continuare la lettura per vedere cosa accadrà e a quale soluzione si giungerà, anche se il tutto mi è sembrato a tratti meno avvincente. Anzi, lo sviluppo e la svolta che l'autore ha dato alla storia ad un certo punto in poi (verso l'ultima parte del libro), non mi ha del tutto convinto; mi è parso troppo "forzato", leggermente insipido. Sopratutto non sono convinto su come sia stato trattato un certo personaggio, quasi mi sembra stridere con quanto lo stesso aveva fatto in precedenza, senza dare una motivazione valida al suo "losco" operato... Di più non posso dire, tanto-meno posso nominare il suddetto personaggio, altrimenti farei un gravoso spoiler a chi non avesse letto il romanzo, al limite nei commenti risponderò a chi mi porrà qualche delucidazione in tal senso (a patto che abbia già letto questo libro). Il resto non è stato male, tuttavia queste cose appena scritte tendono a diminuire un po' la mia soddisfazione finale, quasi mi hanno lasciato perplesso o comunque non del tutto convinto, al contrario di quanto accadde con "Ring" che mi aveva lasciato con un bel retrogusto e senza incertezze.
Per quanto concerne lo stile dell'autore, rimane abbastanza semplice, fluido e non annoia. Qualche colpo di scena ce lo regala, qualche emozione anche. Pero, se con il primo romanzo Suzuki mi aveva spinto a leggere questo "Spiral" e mi aveva dato dei chiari "motivi" per leggerlo, visto anche il finale aperto, con questo seguito non posso dire che sia riuscito nello stesso intento, ma nel senso che non capisco cosa mai può aver scritto e dove può aver portato la storia con il terzo libro (già, esiste un terzo libro), intitolato "Loop", visto quello che è accaduto qui e il finale non proprio positivo che ci ha lasciato. Sono dubbioso, ma non curioso perché credo che con questo "Spiral" abbia già detto tutto e portato la storia al suo massimo livello e alla sua naturale conclusione. Per questo temo che il terzo libro non sia altro che un'operazione esclusivamente commerciale, un flop, tuttavia sono solo impressioni basate sul nulla.
Comunque, una cosa è certa: molta voglia di leggere il continuo questa volta non ce l'ho, ma non perché questo libro sia stato brutto o noioso, bensì perché ha semplicemente iniziato leggermente a scricchiolare e, sempre secondo me, ha "detto" già tutto. In pratica, non sembra ci sia bisogno di un ulteriore seguito, almeno no di primo acchito. Spero di essere smentito.
Alla fine mi sono ritrovato davanti ad un sequel piacevole e in certi momenti interessante, ma qualcosa non mi ha del tutto convinto sopratutto sul come l'autore ha gestito la trama sul finale e su come ha trattato un certo personaggio, quello che non posso nominare per i motivi già esposti. Sicuramente "Ring" aveva dalla sua l'effetto freschezza e novità, questo pare aver perso della brillantezza, ma rimane una lettura simpatica e piacevole, senz'altro!