Spider
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Il vortice della follia
Dopo aver letto con estrema attenzione il romanzo, ho dedotto la seguente mia riflessione:
Il disagio e l’alienazione mentale sono spesso causati da eventi traumatici vissuti nell’infanzia; la psiche non accetta tali circostanze e, di conseguenza, si instaura un complesso processo che da una parte rimuove l’evento negativo ma d’altro canto riemerge inaspettatamente e in maniera improvvisa. La mente subisce, quindi, una specie di shock che astrae il soggetto dal mondo reale e costruisce un altro mondo nel quale si elabora e si vive un’interiorità non comprensibile o difficilmente percepibile all’esterno.
La narrazione si svolge nell’Inghilterra alla fine degli anni ’50; Dennis, il nostro “spider” il cui nomignolo gli fu dato dalla madre quando gli raccontava delle fiabe-storie sui ragni, dopo circa venti anni trascorsi negli ospedali psichiatrici, ritorna, all’età di 33 anni, a Londra dove la sua vita di giovane adolescente è stata interrotta nel lontano 1937; ancora frastornato dall’esperienza passata, cerca comunque di ricostruire gli accadimenti della sua pre-adolescenza che hanno quali principali protagonisti un algido padre infedele e una madre infelice e con scarsa personalità e autostima; tramite continui flash-back ricompone un mosaico le cui tessere sono, in gran parte, inerenti al disprezzo verso il padre, colto in flagrante durante l’adulterio nei confronti della madre, e la stessa madre verso la quale “spider” nutre un morboso attaccamento.
Ma la memoria, la volontà di rendere chiaro il suo sfuocato passato, possono arrecare ulteriori disturbi che sono stati sempre presenti nei meandri della propria mente e che ora, durante la rielaborazione, si ripresentano in maniera devastante. Si può rimanere imprigionati nella ragnatela dei ricordi e non conoscere il modo su come liberarsene.
Rielaborare un passato traumatico è sempre pagante? Oppure la ricostruzione del puzzle della vita può scatenare mostri mentali che invadono e fagocitano le nostre deboli difese psichiche? Il rischio di cadere, nuovamente, nel vortice della follia è altissimo e irreversibile; la mente dell’essere umano è paragonabile a una foresta la cui superficie e gli innumerevoli nascondigli sono per la maggior parte inesplorati; l’immaginazione si confonde con la realtà producendo un circolo vizioso che innesca deleteri e pericolosi stati d’animo; quindi il nostro “IO” cade inesorabilmente in un pozzo senza fondo i cui appigli sono inesistenti.
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Nei pensieri del ragno
La mente di Dennis Cleg è il fulcro di questo romanzo in cui Patrick McGrath fionda mirabilmente il lettore tra immagini, pensieri e ricordi disastrati dalla malattia.
Narrato in prima persona dal protagonista è un viaggio ora triste, ora repellente, ora malinconico, nell'infermità psichica. E' un' aggrovigliata ricerca (non si sa quanto voluta) della verità, di un passato pauroso nel quale la memoria è stata sepolta e in cui a dominare è il rimosso.
Reminiscenze frammentate riemergono da un trascorso inserito nel depresso panorama industriale dell'East End Londinese. Dennis è figlio indesiderato della working class, ha un padre ubriacone e fedifrago, una madre amorevole e molto fragile che gli ha affibbiato quel nomignolo ("spider") tanto bizzarro.
La sua mente è come la tela di un ragno in cui restano invischiate, come prede più o meno divorate o decomposte, particelle di una tragedia che ha costretto Dennis ad una lunga degenza in manicomio. Da allora sono passati vent'anni, ma Spider continua a non capire e a rielaborare l'accaduto, torna alla sua infanzia denotando esigenze infantili per poi riemergere in un presente incomprensibile all'interno del quale non può integrarsi.
Mc Grath scava insieme al suo protagonista sino a raggiungere l'insanabile e terrificante punto di non ritorno, giungendo alla lacerazione definitiva di una mente destinata all' inesorabile deteriorarsi in un progressivo declino verso il buio.
Il grigiore di Londra è il colore dei ragionamenti obnubilati di Dennis, perennemente a caccia di indizi in una narrazione destrutturata, efficace nel sostenere i vari salti temporali nella struggente involuzione.
L'autore restituisce la cognizione dell'inadeguatezza e il senso di colpa, li deforma sfruttando l'ambiguità del suo personaggio che resta in bilico tra l'essere vittima degli eventi e fautore del proprio tragico destino.
Signor romanzo da cui David Cronenberg ha tratto l'omonimo film con protagonista l'ottimo Ralph Fiennes.
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Nella mente di Spider
Dennis e Spider, i due volti di un uomo.
Spider e Dennis, due anime fuse in un solo corpo.
Mc Grath disegna con la sua penna clinica, una figura indimenticabile, destinata a lasciare segni indelebili nella sensibilità del lettore.
Incredibilmente forte e suggestiva la narrazione in prima persona del protagonista, a tal punto da manipolare e ipnotizzare il pubblico lungo tutto l'excursus del racconto.
Un racconto dal ritmo lento, dominato da immagini e da visioni, da un alternarsi di sogno e realtà, di follia e lucidità, fino a portare il lettore ad annaspare nei meandri della mente di un uomo e a cercarne la via d'uscita.
L'autore utilizza le confessioni di Spider per ricostruire la sua personalità, pezzo per pezzo come un artigiano dell'arte del mosaico.
Chi sei tu Spider? Una vittima o un carnefice?
Una domanda martellante e vischiosa su cui Mc Grath fa poggiare le basi del suo ottimo lavoro.
Le diverse stratificazioni presenti nell'animo di Spider sono opera di una mano che associa doti letterarie a conoscenze specifiche in materia psichiatrica, trasformandole in emozioni per chi legge.
Il personaggio di Spider è una vera chicca, una maschera commovente e rivoltante, a tratti innocuo a tratti detestabile, un uomo da indagare e da comprendere osservandone le oscure sfaccettature.
Uno dei romanzi meglio riusciti dell'autore, una storia cruda per raccontare le infinite deviazioni della mente viaggiando all'interno di essa; nascono proprio da questo percorso interno e sotterraneo la bellezza, lo stupore, l'angoscia provocate dalla narrazione.
E' una lettura avvolgente che fa sprofondare in una terra buia dove la luce lascia spazio solo ad ombre.
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Oedipus & horror
Il 17 ottobre 1957 troviamo Dennis Cleg, alias Spider, in una pensione londinese amministrata dalla signora Wilkinson: “La mia camera è all’ultimo piano, appena sotto il solaio … non riesco a immaginare come possano fare tutto il rumore che fanno …”
Con lui vi sono strani coinquilini: “… lentamente le anime morte emergono dalle loro stanze e scendono con le facce vuote e le membra rigide …”
“Sedevano nelle loro sedie abituali come un gruppo di manichini da sarto, stupefatte dai medicinali, le facce di lardo, le mani tremanti …”
Dennis, reduce da un’allegorica lunga permanenza in Canada (“Vent’anni è durato il mio Canada”), appunta su un diario la sua storia e cerca di affrontare il complicato ritorno alla casa nativa: il numero 27 di Kitchener Street. Per accertare che ancora esista.
DENNIS CLEG ALIAS SPIDER
“Mia madre mi chiamava sempre Spider. Sono un tipo cadente e fragile …”
A suo dire, ha un padre crudele (“Molto spesso io venivo portato giù nella carbonaia e assaggiavo l’estremità della sua cintura”) e alcolizzato. Trascorre un’infanzia-incubo (“I pasti erano un inferno”) tra manie (“M’immersi nella mia collezione d’insetti” … “Da ragazzo collezionavo insetti, soprattutto mosche, che fissavo dentro a scatole in composizioni artistiche …”) e paure di punizioni corporali.
Fino al culmine: nel “terribile autunno-inverno dei miei tredici anni, quando mio padre incontrò per la prima volta Hilda Wilkinson”, riferisce di aver assistito all’omicidio della madre ad opera della coppia clandestina.
Poi dimensioni temporali e persone si confondono (“si era verificato il ben noto parallelismo di passato e presente, e io dovevo essere entrato in una sorta di trance”) e la schizofrenia diventa una forma di difesa (“Col tempo sviluppai il mio sistema a due teste. Il davanti della mia testa lo usavo con le altre persone in casa, il dietro lo utilizzavo quando mi trovavo da solo”).
IL COMPLESSO DI EDIPO
Il complesso di Edipo di Spider si indirizza in modo feroce verso il padre, l’idraulico Horace. Un personaggio per il quale “l’orto era il centro spirituale e l’essenza di una vita che, per il resto, era priva di amore, monotona e grigia”. Un individuo da odiare senza remissione: “un uomo furtivo e sogghignante, una donnola con le agili zampe macchiate di sangue – misterioso, abile, lascivo, crudele e maligno”. E da spiare. Autentico Edipo, Dennis vigila (possibile?) sui tradimenti di Horace e sulle sue prestazioni: “Era un pene insolitamente sottile, quello di mio padre, ma duro come una matita, e sussultante”.
Spider elabora un odio ambivalente anche per Hilda Wilkinson, la sgualdrina che sostituisce (nella mente, nella realtà?) la figura materna e incarna nel presente la titolare dell’alloggio: “Un grosso animale femmina, non troppo pulito. Forse pericoloso”
“Ricordo che cominciai a spiarla, perché provocava in me una sorta di fascinazione atterrita”.
Nella rappresentazione di Dennis, Horace e Hilda formano una coppia diabolica: “Io funzionavo per Horace e Hilda come valvola di sfogo per il senso di colpa e per l’ansia che incombevano su di loro”. “Essi secernevano le tossine che l’omicidio … distilla nel cuore umana” “Io dovevo incanalare e assorbire quel veleno”.
Perché “l’omicidio lacera un uomo, lo scompone in mondi diversi. Lo blocca, rendendolo prigioniero del senso di colpa, della complicità e della paura di essere tradito.”
Ma il vero problema per il lettore è stabilire: chi ha ucciso? E chi è stato ucciso? Possibile che il dramma della morte della madre naturale, rimpiazzata troppo presto da un’altra donna, sia il vero trauma che getta scompiglio nella mente di Dennis e lo induce al matricidio?
SOLAIO, CANTINA-CARBONAIA, GASOMETRI
In un’ambientazione londinese da incubo, lungo il canale dei gasometri, tra dock, orti, vicoli e pub densi di fumo, il povero Spider si aggira nella nebbia, incurante della pioggia. Mentre la sua mente vaga tra una cantina dell’infanzia (“E’ strano che mi piacesse la carbonaia, perché è lì che lui mi frustava”) e un solaio del presente (“Dormii male; gli organi interni mi dolevano ancora, e c’era molta attività in solaio”).
RAGNI E RAGNATELE: ARACNOFOBIA
Nel ricordo, le ragnatele sono una geometria naturale. Nel casotto dell’orto “le ragnatele brillavano al sole mentre io fissavo incantato la delicatezza e la perfezione della loro fattura”.
Sono anche un filo che lega Spider alla mamma: “Spesso mi parlava dei ragni, del modo in cui tessevano nel silenzio della notte, e di come, alla mattina presto … vedeva le ragnatele appese ai rami come nuvole di mussolina, anche se quando si avvicinava si trasformavano in ruote scintillanti, ciascuna con un ragno immobile al centro”.
Poi i ragni invadono Spider e il suo corpo cerca di espellere “minuscoli ragni neri, che si raggrinzano in puntolini e galleggiano sull’acqua. Sembra che ne sia infestato; sembra che dia alloggio a una colonia di ragni; sembra che io sia una rete per le uova.”
I ragni avviluppano: “Immaginavo trame di ragnatele scintillanti nell’oscurità, umide trappole di seta tese dallo sterno alla spina dorsale, dalle costole al bacino. Creature che correvano, filavano e tessevano dentro di me.”
E condannano: “Attaccatemi alla trave più vicina e lasciatemi penzolare come il ragno che sono!”
HORROR
Il romanzo ha diversi passaggi che sono classici dell’horror.
Innanzitutto c’è un luogo-simbolo, l’orto degli orrori, con il suo casotto e i suoi personaggi: “C’era un furetto impagliato in una teca di vetro impolverata … Digrignava i denti bianchi e aguzzi … benché uno dei suoi occhi di vetro mancasse e l’imbottitura spuntasse dall’orbita, l’altro scintillava nell’oscurità e mi turbava sempre se lo guardavo troppo a lungo, da creatura maligna qual era.”
“Dalla penombra, sulla parete di fondo, l’occhio del furetto impagliato improvvisamente coglie la fiamma della candela e riflette nel casotto un lampo di luce argentata.”
Oltre all’animale imbalsamato, nell’orto c’è “uno spaventapasseri … le braccia aperte era attaccato a una rozza croce … il cappello posato sulla testa molle e senza occhi, inchiodata alla croce, era scolorito per la pioggia … Per qualche minuto ci fissammo reciprocamente, quella creatura e io, finché un soffio di vento tese i sacchi allentati e mi fece sussultare.”
Poi vi sono le ossessioni: rumori nelle tubature, voci, odori (“A quei tempi c’era sempre, sempre, sempre il pervasivo e opprimente e sporco odore di gas”). E presenze inquietanti: “… Le perfide creature, diavoletti o altro che fossero, erano sempre troppo veloci per me.”
Infine, pullulano animali come topi, larve e scarafaggi.
LA MIA VALUTAZIONE
L’autore di “Follia” ci propone un altro viaggio nella malattia mentale: questa volta non dal punto di vista di un narratore esterno, bensì dall’interno grazie al protagonista narratore.
L’atmosfera è cupa, le descrizioni – anche delle pratiche cliniche – sono agghiaccianti. Al lettore viene lasciata la libertà di interpretare una realtà complicata da confusioni e sovrapposizioni. Il finale tronco è degno di un’opera sospesa e piena di suspense: e ti lascia lì, su un precipizio con una gamba già nel vuoto …
Bruno Elpis
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Follia dello stesso autore.
FOLLIA = FOLLIA?
McGrath è uno scrittore bollente. Non so se mi spiego.
I suoi libri vanno prima osservati a debita distanza, annusati, poi sorseggiati lentamente ed infine bevuti con avidità. Bevi un tè speziato, di quelli che arrivano dalle terre più lontane per allietarti il palato e lo spirito.
So che iniziare un suo libro è come intraprendere un viaggio negli abissi con un piccolissimo sommergibile o come fare rafting estremo tra le ripide di un fiume americano, ed anche questa volta ho fatto melina, scrutando Spider per diversi giorni prima di iniziare a leggerlo, come un fiorettista prima di lanciare (o ricevere) la ferale stoccata.
Ed infatti mi è bastato allacciarmi le cinture per calarmi immediatamente nell’atmosfera fumosa di una Londra invernale del 1957, dove Dennis, il cui nomignolo dato dalla madre è Spider, torna dopo una lunga permanenza in Canada.
Dennis/Spider alberga in una strana pensione gestita dalla Signora Wilkinson, abitata da coinquilini ancora più strani e cerca di ricordare il suo passato, ritornando sui luoghi vissuti vent’anni prima.
Ma forse Spider ha un passato ancor più misterioso, che riaffiora mentre scrive in un diario i ricordi di quel periodo, il difficile rapporto con il padre e la sempre più ingombrante presenza di Hilde, la prostituta che gli sta facendo perdere la testa, lasciando nello sconforto l’amatissima madre.
Ma il passato rievoca in Dennis anche gli odori di quel tempo, un’insopportabile puzza di gas, gli fa vedere escrementi, facendogli percepire morte e decomposizione. Poi i suoi ricordi altalenanti rimbalzano sui successivi anni vissuti in manicomio.
Ma allora Spider è un pazzo? Stiamo leggendo la sua vera storia o si tratta di un delirio? Di una lucida e nello stesso tempo folle trasfigurazione degli eventi?
A furia di togliere e mettere, McGrath questa volta pur deliziandomi con il suo solito stile ricco e nello stesso tempo raffinato, mi ha fatto un po’ incartare. Almeno a me, lettore forse troppo esigente che ha quasi sempre bisogno di un solido finale.
Oppure, rimasto invischiato nella tela mi è dispiaciuto che alla fine Spider, il ragno, non è più arrivato.
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Il delirio del ragno
Non è un libro per tutti.
Un pantano delirante che puntualmente ti sommerge. Una tela che ti avvolge e rende immobili davanti all'allucinazione della memoria, mentre le barriere della mente diventano cartapesta e vengono disintegrate dalla pazzia.
Un ragno tesse le fila della sua vita, fila forgiate dalla schizofrenia e rese appiccicose e rivoltanti dallo sporco. Escrementi, ratti, vermi, alcool e fumo. Tutto imprigionato in una tela mortifera di derelitti dove il disfacimento della realtà è pari al progredire della follia.
Non è un libro per tutti. Senza coordinate, schiavi di un diario fuligginoso dove frasi sbilenche si rincorrono frenetiche mentre spiriti malvagi agitano il soffitto e tormentano il cervello, i Lettori sono fagocitati dal dubbio, inermi di fronte ai rintocchi di un conto alla rovescia la cui destinazione è inevitabilmente un'infanzia negata, affogata dell'alcool del Porto e ferita dalle cinghie di una cintura.
Paranoico, destabilizzante, inquietante: in Spider si chiede la normalità, ma si ottiene la pallida imitazione -un’allucinazione -del reale.
Una cisterna di aggettivi, azioni reali assenti, dialoghi solo un ricordo, percorsi nella mente tortuosi come le condutture del gas. Gas penetrante che percorre le vie olfattive, soffoca i polmoni, raggrinzisce lo stomaco e modella l'intestino. Gas, dovunque.
Disgusto, stomaco in subbuglio, sono questi i primi effetti.
Poi la mente pesante, il pensiero attaccato dal ricordo.
Ricordo del gas? Questa volta no. Ricordo del lettore delle pagine lette, frasi che avvinghiano prima lo stomaco, poi pesano sulla mente.
I rintocchi crescono, il fondo del delirio è in vista. Dove arriva la verità? Qual è il confine tra realtà e allucinazione, tra idealizzazione e concretezza? Nella mente di un paranoico tutto è in dubbio, tutto va soppesato. Facile con un po' di attenzione? No, difficile una volta caduti nell'occhio del ciclone, un turbine di menzogne involontarie, sporco, vittime e carnefici. Qual è lo shock? Niente è come sembra. I tuoi occhi sono quelli della schizofrenia e tra te e la realtà c'è una galleria infinita di specchi. Frammenti della realtà da ricomporre. E una mente malata PUO' sbagliare.
Un libro unico, senza punti fermi, un testo dove il lettore è in ALL'INTERNO della mente di un folle. Cosa si prova? Spider, semplice no? Chiedilo alle pagine e la risposta è ancora nuovo caos.
Non è un libro per tutti, ripetere è noioso, ma fa bene. Non ci credete? Provateci, poi mi direte.
Migliore di Follia, senza dubbio, questa è l'unica certezza. Rischioso leggerlo, ma terribilmente emozionante, affascinante. Inquietante. Tremendamente destabilizzante.
(Se lo leggete ditelo a me o a Cub, le domande sul finale e su realtà-immaginazione sono dietro l'angolo.)
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La deriva del ragno OVVERO la dieta Mc Grath.
L’ho finito poco fa e sono ancora stordita, questo libro e’ un pandemonio insidioso.
Forse il piu’ ostile dei suoi romanzi letti fino ad oggi, forse quello che mi e’ piaciuto di piu’.
Concedetemi un suggerimento : se siete soliti mangiare leggendo… Allora datemi retta. O leggete altro durante i pasti, o vi consiglio di mettervi a dieta. Questo libro vi fara’ passare l’appetito.
Cupo, grigio e nebbioso. Umido, sporco e puzzolente. Topi. Larve di scarafaggi. Cibo putrido. Ambientazioni ai limiti della decenza, insane, debilitanti. Tutto terribilmente dettagliato .
I personaggi non sono da meno. Sporchi. Rivoltanti nei loro capelli puzzolenti di fumo, unghie nere mentre maneggiano la farina, odore stantio di birra e alcool. Sesso squallido, abusi e soprusi.
Un uomo scrive un diario e pagina dopo pagina, riscopre il suo passato.
Un ragnetto di tredici anni impara ad essere veloce e scattare nel buco della sua tana per trovarne un pacifico nascondiglio.
Se deciderete di addentrarvi nella lettura di SPIDER, lasciate perdere ogni sorta di paragone col piu’ famoso FOLLIA. Partite ex novo. Se strada facendo vorrete abbandonarlo – non che mi abbia mai sfiorato l’idea, ma capisco che a qualcuno potrebbe succedere – tenete duro.
In questo romanzo l’azione e’ per lo piu’ assente, ci si muove essenzialmente nei meandri della mente di un uomo. Si pende dalle sue labbra. La ricostruzione psichiatrica di una personalita’ malata e’ profonda e accattivante, senza tregua, delirante.
Mi sono lasciata inghiottire dal passato del ragno e dalla mente contorta dell’autore che lo ha generato. Avvincente per quanto statico, questo scrittore, in particolare in questo libro, e’ pazzesco. Inorridisci e rifletti e fino all’ultimo sei aperto a qualsiasi prospettiva. Scorrono le pagine. L’assennatezza scema sempre piu’ velocemente.
Chi sei Spider ? E’ vero quello che mi hai raccontato o la schizofrenia dilagante ha mosso la tua mano su quel diario ?
Buona lettura.
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la tela del ragno
Grandi aspettative che solo in parte sono state colmate: buono l'argomento, ma non mi è piaciuto molto lo stile dell'autore.. l'ho trovato poco accattivante, e, in termini concreti, non ha tenuto il libro incollato ai miei occhi!
Non che sia un brutto romanzo, per carità, però, per un viaggio nell'abisso della follia e della paura, semplicemente mi aspettavo molto di più.. Avrei voluto essere avvolta dalla tela di questo "spider"..