Revival
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Recensione della Redazione QLibri
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Non è morto ciò che può attendere in eterno
Mi sento come un insegnante deluso dal suo alunno migliore, quello che ti regala sempre qualcosa in più rispetto alla media e che invece nell' ultimo trimestre si applica giusto per raggiungere la sufficienza, che nei casi di uno scrittore del calibro del Re si traduce in prospettive alimentari, inerenti la mera commercializzazione e poco altro.
Ma andiamo con ordine: la nuova fatica letteraria di Stephen King si potrebbe suddividere in tre tranche più un epilogo all'interno del quale gli amanti dell'horror potranno affondare i loro denti aguzzi. Per giungere al tanto atteso climax l'autore costruisce un percorso lastricato sulle lacrime di un dolore lancinante, imperniato su disillusione e sbugiardamento dei falsi miti. Un viaggio ahimè piatto, senza scossoni e caratterizzato da ammaestrata prassi sfociante nel racconto di formazione, con veloci sterzate nella drammaturgia, mirato a creare le basi per un excursus in un mondo severamente vietato all'uomo.
Si parte dall'infanzia di Jamie Morton che bambino incontra per la prima volta Charles Jacobs, allora consacrato al credo e alla chiesa metodista, persona ammirata da tutti nella piccola comunità del Maine in cui si fa portavoce del suo Dio. Un personaggio amabile con il pallino degli esperimenti scientifici e più esattamente, come un epigone di Tesla, di quelli con l'elettricità attraverso cui sembra poter compiere dei piccoli quanto strabilianti interventi sananti.
Purtroppo per lui le vie del Signore sono infinite e spesso imperscrutabili. Una terrificante tragedia lo attende al varco e Charles perde la fede, il tutto sottolineato nella cosiddetta Predica Terribile, in cui King, al primo step in cui potrebbe mostrare la sua immane classe, si incarta in un' invettiva pregna di retorica spiccia e qualunquismo dogmatico.
Allontanato dall'indignita comunità Charles svanisce nel nulla, mentre Jamie, ormai ragazzotto di belle speranze, grazie alla passione per la chitarra, diventa un ricercato turnista per alcune rock band che gli permettono di girare l'America. Almeno fin quando la droga non ne ottunde talento e professionalità. A quel punto il baratro è a un passo ma Charles riappare, pronto a salvarlo dal demone dell'eroina. L'elettricità funge da bizzarro salvagente, gli esperimenti sono progrediti e Charles sfiora il miracoloso sostituendosi a chi ha rinnegato anni prima.
Siamo al cospetto di un altro momento clou, in cui il rapporto tra i due viene saldato da un patto quasi luciferino a cui Jamie dovrà rispondere al momento del bisogno.
Purtroppo King annoia mortalmente tra nostalgie rock, luna park itineranti ed esperimenti sempre più sbalorditivi ma spaventosi nelle conseguenze.
La storia continua quindi a trascinarsi, senza lampi che non siano quelli di un'elettricità che abbaglierà pure i bifolchi delle fiere in cui Charles si è reinventato imbonitore, ma difficilmente faranno presa sul lettore più sgamato che conosce il talento di King, in questo caso ancora più in versione diesel del solito mentre annaspa per giungere al nocciolo.
Revival sembra prendere velocità nel terzo segmento, ma è solo un fuoco di paglia. Torna l'ossessione per le dimensioni parallele, in questo caso debitrici a qualche obsoleto b-movie buono per la seconda serata di Italia 1, e non bastano certo citazioni di grande spessore a risollevarlo dall'ennesima illusoria resurrezione.
Non si sobbalza, non ci si emoziona, non ci si appassiona: anche se King sguazza tra Lovecraft, il mito di Prometeo, il Frankenstein di Mary Shelly, libri maledetti e oscuri rituali alchemici, il romanzo resta un ensemble di idee incompiute, confezionato in modo professionale ma senza cuore. Addirittura la cifra stilistica giunge stantia: l'ironia non graffia, l'intreccio si perde in barbosi snodi mentre l' insostenibile buonismo del protagonista, miscelato alla consueta retorica da buon samaritano, imperano restituendo un'integrità ammirevole ma ormai abusatissima.
King ci mette mestiere e poco altro, mentre il popolo dei fedelissimi (tra cui il sottoscritto), grato per ciò che fu, si sorbisce la solita sbobba.
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Non il miglior King, ma va bene così.
Premetto che amo visceralmente ogni cosa che esca dalla penna del Re.
Tradotto in termini pratici: sono di parte.
Detto questo, personalmente adoro i libri di King che raccontano la vita intera di un personaggio, di una comunità. E questo è uno di quelli. Tuttavia, malgrado la scrittura agevole la storia, per quanto parta da premesse allettanti per gli amanti del genere, stenta a decollare del tutto.
Tutta la vicenda ruota attorno alla vita di Jamie Morton e del Reverendo Jacobs che una volta incrociate le loro vite, si legheranno indissolubilmente e (forse) inconsapevomente verso destini misteriosi.
Lungo il dipanarsi della storia appaiono degli elementi che King attinge dalla letteratura Lovecraftiana, di cui - bisogna riconoscerlo - a tratti riesce a riprodurre sulle proprie pagine i toni cupi e la sensazione di oppressione tipiche degli scritti del "solitario di Providence".
I personaggi del romanzo, ad eccezione di Jamie e Jacobs, che sono ben tratteggiati e sufficientemente individualizzati, restano su un piano di sfondo, opaco e marginale.
Lo stile è scorrevole e mai ampolloso. Il Re, del resto, sa scrivere abbastanza bene e lo dimostra.
La storia, come poco più sopra anticipato, scorre lineare verso il climax rappresentato dagli ultimi due capitoli in cui i chiari riferimenti agli strani mondi di Lovecraft e a quegli "antichi dei" tanti cari allo scrittore americano, si fanno più incisivi.
In definitiva non è il miglior King, ma per gli amanti del Re è sicuramente un libro da leggere.
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Revival
Insomma, sia detto una volta per tutte: l’implacabile ritmo di un romanzo ogni sei mesi – per non parlare poi di altre scribacchiature varie ed eventuali – è troppo anche per un iperprolifico come il Re, oltretutto ormai da un po’, forse inevitabilmente, oltre la collina. Pubblicasse di meno e mettesse mano con maggior lena alla lima, lo scrittore del Maine sarebbe riuscito a mantenere appieno le promesse evocate dalla lettura dei primi capitoli di ‘Revival’ che sono una sorta di quintessenza kinghiana: i primi anni Sessanta, un bambino che inizia a uscire dall’infanzia, una piccola comunità raccontata come se la colonna sonora fosse sempre Small Town di John Mellencamp, il racconto che procede lento e avvolgente nonché ricco di personaggi con cui è facile empatizzare così da rendere più doloroso l’irrompere della tragedia. Non si fa a tempo a rallegrarsi meditando sul fatto che il titolo possa riferirsi anche a un ritorno dell’autore agli splendori passati che, tra un salto temporale e l’altro, la qualità comincia ad andare in altalena; interessante e duro in maniera inattesa il parallelo tra religione e imbonitori, ma anche una storia d’amore tra l’inutile e l’insulso nonché l’ennesima espiazione personale nella rappresentazione di una dipendenza, da droga questa volta. Malgrado i passaggi a vuoto, King sa comunque come costringere il lettore a voltare le pagine, narrando il lento evolvere di una passione che si trasforma in mania per sfociare infine nella pazzia, ma senza ignorare l’opzione che il tutto sia il parto di una mente malata, come potrebbe suggerire una conclusione parecchio sinistra: un horror psicologico che confina gli effettacci in pratica in un solo capitolo – davvero debole, tra l’altro, ma non è una novità (e per non parlare delle formiche…) – giustificando la dedica a scrittori come Lovecraft o Block. L’incontro tra il piccolo Jamie e il reverendo Jacobs mostra segni poco simpatici anche nei giorni migliori, figurarsi quando il secondo si allontana dal pulpito dopo i lutti familiari e il primo cresce come chitarrista ritmico di seconda o terza fila ben presto nelle spire dell’eroina: la fissazione di Jacobs è l’elettricità e con quella, quando le loro strade per caso si incrociano di nuovo, libera Jamie dalla schiavitù chimica grazie a un potere di guarigione esercitato prima nelle fiere e poi da predicatore televisivo che però è causa di pericolosi effetti collaterali (perché, ovviamente, c’è sempre un prezzo da pagare). Il rapporto tra i due personaggi diventa così sempre più stretto malgrado il prendersi e lasciarsi nel corso degli anni - attraverso svolte che non è bene raccontare – fino a un estremo in cui la follia di uno è aiutata dalla curiosità dell’altro. Sforbiciando qua e là, il risultato sarebbe stato di certo migliore perché le sezioni che sanno emozionare e coinvolgere sono in larga maggioranza, ma ormai King è questo e – per quanto i miracoli siano sempre possibili – difficilmente ci darà un altro libro all’altezza dei suoi migliori: teniamoci comunque stretta la sua capacità di trascinare con forza il lettore nei suoi mondi immaginari resi ancora più inquietanti dalla profonda immersione nella realtà quotidiana e pazienza se ogni tanto tocca sorvolare su qualche capitolo che poteva essere cestinato con tranquillità. Insomma, un po’ come uno dei protagonisti secondari di ‘Revival’, ovvero quel rock ‘n’ roll che sa essere irresistibile anche se ‘tutta quella merda inizia in Mi'.
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L'elettricità è buona o cattiva?
Jamie non sa che la decisione di sua sorella di regalargli una scatola di soldatini avrà così tanta influenza nella sua vita. All'inizio lo aiuta a conocere il nuovo reverendo. Un uomo simpatico, alla mano, con forse una qualche ombra sinistra, ma che cosa ne sa un bambino di sei ann delle stranezze degli adulti o di che cosa può nascondersi dietro un sorriso.. Proprio quell'incontro, col suo fattore di cambiamento sarà alla base di una serie di incontri più o meni casuali con il reverendo Jacobs. Ma come Stephen King ci insegna il caso non eiste, dietro a tutto ciò che facciamo c'è sempre qualcosa,, di solito di terribile, che tira i fili. Un grave luto sembra trasformare l'innocente passione di Jacobs per l'elettricità in qualcosa altro. Dapprima sembra solo un mondo dove rifugiarsi per sfuggire al dolore, poi diventa un modo per attrarre citrulli. Chissà se era entrambe le cose o nessuna delle due. Come l'autore abilmente ci fa pian piano scoprirte quella vera è l'ultima ipotesi.
Forse non il migliore dei libri scritto da King, ma comunque facile da leggere e coinvolgente. La strategia dell'autore di buttare qua e là qualche anticipazione spinge il lettore a girare più velocemente le pagine per capire dove si sta andando. L'abilità però è quella di dire e non dire in modo che il piacere della lettura non venga rovinato.
Nel comlesso il volume è molto piacevole con personaggi tratteggiati con cura ed una trama coinvolgente. Un pò debole il finale, con il momento della resa dei conti. Forse ll'argomento della lotta contro il sovrannaturale è stato talmente sfruttato da .diventare ovvio.
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E luce fu
ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER
E luce fu.
Così recita il verbo sacro, quasi a significare che la luce, nella sua intima essenza, è il vero, unico, assoluto emblema del potere divino.
L’elettricità, quel volgare e misteriosissimo flusso di elettroni che gli uomini di scienza s’illudono di imbrigliare e gestire a proprio piacimento, in realtà è qualcosa d’invisibile, d’ingovernabile, d’insondato, è strumento che solo il creatore assoluto, o chi per lui, può utilizzare e gestirne al meglio l’infinito potere, potere figurativamente ed efficacemente manifestato con il fulmine, non a caso da Giove in poi la saetta è l’unico scettro che identifica il Dominus onnipotente.
Vero o no che sia, ciò che conta è che ne è però intimamente convinto il reverendo Charles Jacobs, nuovo pastore di un piccolo borgo rurale nel New England, ambiguo e intrigante protagonista dell’ultimo romanzo di Stephen King.
Jacobs crede in Dio, confida ciecamente che il suo Dio sia unico, immenso, misericordioso, l’assoluto creatore del cielo, della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili, è convinto che il buon Dio si manifesti nella natura e in tutto quanto da Lui creato, ed in particolare non esita a identificare i fulmini e l’elettricità come diretta emanazione del potere del Signore.
Al punto che, a fianco delle prediche e degli inni sacri, richiama alle funzioni le sue pecorelle, allettando specie i più giovani, allestendo piccoli artifizi elettronici, tipo un Gesù che cammina sulle acque di un laghetto di un plastico, scorrendo su rotaie invisibili, mosso ovviamente dalla corrente elettrica.
Niente di particolare, un semplice effetto scenico creato con un po’ di abilità manuale e un sapiente gioco di luci su un elementare scenario presepiale nelle cantine della chiesa, e che tuttavia sottende, nella sua semplicità, la passione e la fede cieca e assoluta in Dio, nella sua opera e nel suo potere.
Jacobs dovremmo dire meglio è in realtà coprotagonista, giacchè al suo fianco, e parallelamente alle sue vicende esistenziali, si snoda anche la vita del giovanissimo Jamie Morton, che è appena un bimbetto di sei anni allorchè la sua esistenza si incrocia indissolubilmente, e lo sarà per tutta la vita, con quella del giovane pastore di anime.
Sulla falsariga quindi dei migliori romanzi dello scrittore del Maine, che vede sempre un ragazzino al centro delle sue storie, e ricordiamo ad esempio i giovanissimi “perdenti” protagonisti di “It”, la liceale pirocinetica di “Carrie”, i giovani neopatentati di “Christine” ecc.
Il tutto non per caso, poiché “Revival” è a parer mio da ritenersi tra i migliori romanzi di Stephen King di recente produzione, ben superiore comunque ai precedenti in ordine cronologico “Mr Mercedes” e “Doctor Sleep”, malgrado quest’ultimo, per dirne una, addirittura sia stato spacciato come il seguito del celebre “Shining”, quando in realtà con quel piccolo capolavoro kinghiano non ha nulla da spartire, se non solo di sfuggita il protagonista.
“Revival” è da intendersi davvero come un ritorno all’antico di King, uno splendido ritorno ai fasti del passato.
“Revival” è un romanzo che ripresenta e riporta in auge il meglio della letteratura kinghiana, lo scrittore americano si rituffa nell’arco temporale che conosce direttamente per averlo vissuto in prima persona, quello dei favolosi anni ’60, con i suoi usi, costumi, gusti, tendenze soprattutto musicali, in particolare il rock and roll.
C’è tutto il meglio del mondo kinghiano in “Revival”: i bambini, i preadolescenti, la vita della piccola provincia americana, con i suoi valori semplici e assoluti, la dedizione al lavoro, alla fatica, gli anni liceali, l’università, i primi amori, la scoperta della musica diversa e dirompente del rock, il richiamo diretto ed esplicito a scrittori all’epoca riscoperti in pieno come Lovecraft, Poe e tutti i loro “altri” mondi sommersi e misteriosi, animati dalle forze terribili e dannate evocabili solo tramite le formule segrete di antichissimi leggendari testi esoterici come ad esempio il “De Vermis Misterya”.
E su tutto questo vissuto in qualche modo “normale” ecco l’imprevisto, ecco un “quinto elemento”, ecco il catalizzatore perturbatore che, si voglia o meno, fa da spartiacque all’esistenza di ciascuno, rendendo diversa, e affascinante, una storia di per sé comune.
Stavolta non si tratta come nei romanzi precedenti di King di una misteriosa creatura con sembianze di clown nascosta nelle fogne o di un insito potere paranormale che si esterna all’improvviso, bensì un avvenimento assai più prosaico e banale.
Un incidente stradale stronca all’improvviso, è il caso di dire proprio un fulmine a ciel sereno, l’esistenza della splendida moglie e dell’adorato unico figlioletto del buon pastore Charlie Jacobs.
Il luttuoso trauma ha un effetto sconvolgente nell’animo del buon Jacobs: dopo un periodo di comprensibile silenzio, ritorna a dir messa per il suo gregge che si presenta al completo speranzoso nel “recupero” del suo amato pastore.
Restandone però completamente spiazzato e disilluso: in un drammatico sermone, che sarà poi ricordato negli anni a venire con il termine di “predica terribile”, Jacobs abiura completamente il suo credo, il suo Dio, tutto quanto in cui ha sempre creduto, professato e predicato, con amarezza e cattiveria nega l’esistenza di un Dio buono e misericordioso affermando invece che è se un Dio c’è, esso è solo un Dio crudele, meschino, che irride e dileggia le sue creature.
Ne consegue quindi l’allontanamento del reverendo, e l’enorme dispiacere del piccolo Jamie, sinceramente affezionato, ricambiato, al giovane curato, la prima figura adulta rilevante della sua esistenza al di fuori delle figure parentali.
Segue quindi un lungo periodo di separazione, fin quando un giorno, per puro caso, Jamie, divenuto nel frattempo un buon musicista rock, e un’ancora migliore tossicodipendente di eroina all’ultimo stadio, incontra in un luna park l’ex reverendo Jacobs, che ora si è trasformato in un imbonitore da baraccone, guadagnandosi la vita girando tra fiere e mercati stupendo il pubblico, manco a farlo apposta, con piccoli prodigi di elettricità, foto “miracolose” e simili meraviglie di facile leva sul pubblico.
Un prodigio ancora più grande compie l’ex parroco prendendosi cura di Jamie colto da malore, sottoponendolo a un piccolo assaggio di elettricità con un marchingegno di sua invenzione, procurandogli una sorta di banale elettroshock rudimentale, che però repentinamente e definitivamente libera lo stupefatto Jamie dalla sua tossicodipendenza, letteralmente restituendogli la vita.
I destini dei due sembrano poi dividersi ancora una volta, per poi ancora una volta rincontrarsi: stavolta Jacobs ha letteralmente svoltato, ormai avanti con gli anni è diventato un classico, famosissimo predicatore via etere, uno di quei reverendi che tramite la televisione diffondono la propria immagine, il proprio credo, i propri sermoni ai quattro angoli degli USA.
Jacobs compie ora quelli che appaiono con tutta evidenza autentici miracoli, sempre avvalendosi di marchingegni spettacolari su base elettrica, restituisce salute e vigore a moltitudini di disperati, che ricambiano con generose offerte in denaro.
Quello che era un semplice curato di campagna si presenta ora come un mirabile santone, che predica di essere un semplice strumento di Dio, l’unico responsabile delle miracolose guarigioni, di cui egli è un semplice tramite.
Jamie però conosce troppo bene il suo parroco, sa perfettamente che mente, ricorda con esattezza il contenuto della “predica terribile” e ben presto si rende conto che Jacobs ha sempre solo e soltanto continuato i suoi studi sull’elettricità e le sue applicazioni.
Le immense ricchezze raccolte tramite i suoi interventi miracolistici hanno l’unico scopo di fornirgli i mezzi per proseguire ancora più in profondità i suoi studi sul potere tanto immenso quanto misterioso dell’elettricità, ormai giunti al termine.
Data la sua veneranda età, ha bisogno di un fidato aiutante, e si rivolge pertanto a Jamie perché lo assista nel suo ultimo esperimento, rammentandogli sia l’antico legame affettivo sia la guarigione dalla tossicodipendenza.
Jamie accetta, non tanto per sé, ma perché si rende conto che Jacobs, nella sua folle ricerca del potere assoluto dell’elettricità, in realtà cerca un altro potere, quello di schiudere la porta sul mistero dell’esistenza, una folle ossessione di dimostrare l’assenza del Dio buono in vece del Dio meschino artefice del suo immenso dolore. Non solo, ma Jamie ha scoperto come le “guarigioni” o presunte tali compite da Jacobs, compresa quella sua personale di disintossicazione rapida e definitiva dall’eroina, presentano molti e diffusi effetti collaterali, la gran parte spiacevoli e terrificanti.
Jacobs non ha, infatti, alcun potere sulla forza che manipola; la usa, ma non ne conosce i limiti, la sfrutta, ma senza riuscire a imbrigliarla, la desidera certamente, perché in essa vede il dominio del fulmine, e quindi il controllo del potere divino, l’accensione della luce che illumini la porta da varcare, esclusivamente per accedere alla centrale di comando e impadronirsene per i suoi scopi.
Novello Frankestein, Charlie Jacobs usa la forza e l’energia del fulmine, ma non per generare la vita in pezzi di carne inanimata, e neanche per richiamare in vita gli amori della sua esistenza brutalmente strappati al suo affetto, come sarebbe più logico; semplicemente, intende riportare a una parvenza di vita una persona deceduta per una delle poche malattie insensibili ai suoi poteri di guarigione, utilizzando un concentrato di energia mai sperimentato prima, perché parli, perché riveli cosa c’è oltre la luce, oltre la porta che tiene rinchiuso il buio e le sue terrificanti creature.
Jacobs non vuole la luce, anela invece al potere del buio, pretende il potere terrificante che è dietro la luce, non si rende conto che proprio perché è privo di luce deve essere negativo, deve per forza avere una valenza negativa, e sarà proprio Jamie, al quale aveva salvato l’esistenza, a far fallire il suo piano, decretando la sua fine, sarà Jamie a rinchiudere brutalmente il vaso di Pandora prima che sia riaperto liberando le ombre malefiche prive di luce.
Sarà Jamie, come forse così era scritto, già dai tempi che qualcuno pronunciò la frase fatidica: E luce fu.
“Revival” potremmo definirlo in definitiva un buon King, un King d’annata; quelli che l’autore indica come i suoi “fedeli lettori” ritroveranno in questo romanzo molti temi, atmosfere e soggetti già incontrati nella produzione pregressa dello scrittore americano.
Basta ricordare la citata Castle Rock e il “mitico” locale per i fedeli kinghiani denominato “Mellow Tiger”, e ancora l’antico dilemma sulla vita oltre la morte trattato per esempio in “Pet Cemetary”.
“Revival” è un libro quindi che piacerà, più di tutti, a coloro che King già conoscono, e profondamente, con devozione: appunto, i fedeli lettori.
I fedeli lettori già in trepidante attesa del prossimo lavoro del Re del Maine.