Resti perfetti
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Prigioniere del folle
L’ispettore Luc Callanach è un bravo poliziotto franco-britannico che ha operato per molti anni in Francia, presso l’Interpol. Per una brutta storia che vorrebbe poter dimenticare ha dovuto cambiare vita e trasferirsi in Scozia, terra natale di suo padre. Qui, assegnato a dirigere una squadra investigativa, appena insediato e con lo scoglio linguistico ancora da assorbire, si trova a dover sbrogliare un intricatissimo caso: tra i resti bruciati di un rifugio delle Highlands sono stati trovati pochi frammenti carbonizzati appartenenti a una donna. Gli scarsissimi reperti biologici ancora utilizzabili per l’analisi fanno risalire il cadavere a Elaine Buxton, giovane avvocato civilista di Edimburgo, scomparsa da alcune settimane. Le indagini partono immediatamente tra dissidi interni alla squadra e scarsità di elementi di prova da valutare. Chi è che ha selvaggiamente ucciso e dato alle fiamme la povera donna? Soprattutto: può colpire ancora?
Ma Elaine non è morta: è malconcia, brutalmente torturata, psicologicamente devastata, ma è viva e ancora prigioniera del pazzo dott. Reginald King che ha in serbo per lei e, purtroppo, per altre vittime un futuro raccapricciante per soddisfare un suo progetto allucinato.
Mentre l’ispettore Callanach si dibatte tra i fantasmi del suo passato e l'impotenza a risolvere rapidamente il mistero, la sua collega e amica ispettrice Ava Turner è alle prese con un doloroso caso di neonati abbandonati a morire di freddo in un parco. Per una serie di imprevedibili coincidenze le due indagini finiranno per incrociarsi, fino alla conclusione spasmodica e tragica della vicenda.
Il primo aggettivo che mi è venuto in mente, giunto alla parola fine di questo libro, è stato: agghiacciante. Infatti il romanzo è davvero spaventoso, da incubi notturni. Tuttavia è pure avvincente: è difficile staccare gli occhi dalle sue pagine e si vorrebbe concludere la lettura in un battito di ciglia, per il desiderio di scoprire tutti i risvolti della vicenda, ma soprattutto per l’inconscia impazienza di abbreviare i tormenti delle povere vittime del dott. King, per far cessare la subdola inquietudine che la storia semina nell'animo.
Trovo incredibile come le storie più feroci di maltrattamenti alle donne siano concepite e scritte proprio da autrici. Molto più dei colleghi maschi riescono a toccare le corde giuste per seminare ansia e far partecipare il lettore a questi viaggi nel terrore puro. Incredibile, ma anche logico: chi più di una donna, infatti, può concepire, comprendere e descrivere con lucida vivezza la malvagia disumanità di cui può, essa stessa, essere fatta oggetto da parte degli uomini o della società (maschilista?) in generale.
La Fields è riuscita perfettamente nell'intento di suscitare empatia, tensione e la convulsa, spasmodica attenzione nel lettore, pur avendo scelto una strada decisamente impervia: il serial killer ci viene presentato sin dalle primissime pagine. Apprendiamo tutto di lui: il suo nome, i suoi metodi, il motivo delle sue insane pulsioni, dove e con chi lavora, come sceglie le sue vittime e cosa infligge loro, dove le nasconde e cosa si prefigge. Mentre gli investigatori brancolano nel buio, il lettore può seguire le due storie che si sviluppano in parallelo senza alcun velo che offuschi la visione complessiva. Nonostante l’assoluta mancanza di mistero la storia riesce a ingenerare ansia e aspettativa al massimo grado, al punto da far sorvolare pure su alcune probabili incongruenze e semplificazioni che, a mente fredda, potrebbero forse far storcere il naso ai più esigenti.
Lo stile è sempre incalzante e i personaggi sono tutti ben delineati e molto umani, con i loro pregi e i loro difetti. La storia principale, anzi le due storie principali (quella dei rapimenti operati da King e quella dei neonati) non tolgono spazio alle storie personali dei protagonisti con cui familiarizziamo lentamente.
Insomma, davvero un buon libro da inserire nella categoria che i francesi definiscono polar, cioè tra i thriller ad altissima tensione emotiva.
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Per l’angolo del pignolo osservo che tra le probabili incongruenze cui ho fatto cenno ce n’è una a mio avviso piuttosto grossolana. Ovviamente non rivelerò qual è per non anticipare un particolare centrale della storia, tuttavia, al lettore più attento non sfuggirà che il dott. Reginald King, per quanto perfettamente organizzato ed efficientissimo, non avrebbe potuto procurarsi alcuni oggetti molto particolari con tale facilità, in modo così semplicistico come descrive la storia, per lo meno senza lasciare un’evidentissima traccia dietro di sé. Però, la narrazione è così convulsa che il dettaglio sfugge nell'immediato: io ho riflettuto sull'assurdità solo parecchi giorni dopo aver terminato il libro e ne ho sorriso. Quindi, in fondo, ciò va a ulteriore merito per l’autrice. Brava, davvero brava.