Questa tempesta
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Recensione della Redazione QLibri
Ottocento pagine di... cosa?
"Questa tempesta" è il secondo libro della seconda Tetralogia di Los Angeles, diretto successore di “Perfidia". Con questo ciclo narrativo, unito alla prima Tetralogia (che include un bellissimo libro come "L.A. Confidential”) e la Trilogia Americana, pare che Ellroy si sia proposto la grande ambizione di un affresco storico di oltre trent'anni (1941-1972), popolato da personaggi reali e di finzione che si mescolano tra loro e compaiono in diversi libri.
L'idea è certamente ammirevole, anche perché il contesto presentato è ben descritto e interessante, ovvero quello di un’America che vive la Seconda grande guerra da lontano, avendola toccata con mano solo con l’attacco inaspettato di Pearl Harbor. Altrettanto interessante è vedere come i tanto osannati Stati Uniti, sempre dipinti come liberatori senza macchia, abbiano essi stessi avuto una condotta discutibile e perpetrato nei confronti dei giapponesi una discriminazione simile a quella nazista. I giapponesi venivano infatti internati e, seppure non subissero le stesse brutalità subite dagli ebrei e dagli altri prigionieri nazisti, erano comunque maltrattati e non di rado uccisi senza alcun tipo di rimorso. Mentre in “Perfidia” questo aspetto era riuscito a farmi perdonare la troppa carne messa a cuocere dall’autore, in “Questa tempesta” tutto questo non è bastato e i motivi sono diversi.
Andrò con ordine.
Nelle prime centinaia di pagine sono sciorinati una serie infinita di nomi che l’autore ci presenta come se dovessero esserci familiari, ma che al lettore non dicono nulla e finiscono per confonderlo nei già ingarbugliati meandri della storia a cui si appresta ad assistere. Ellroy fa decine e decine di nomi, li ripete fino allo sfinimento mettendoli continuamente il correlazione tra loro e pretendendo che il lettore ne cavi qualcosa, mentre quest’ultimo sta invece tentando con tutte le sue forze di raccapezzarsi, invano. Questo aspetto rimarrà lungo tutta la storia, ma all’inizio è davvero irritante.
Quando i nomi più ricorrenti cominceranno finalmente a diventare familiari, ecco che emergono le tediosità della storia. A parte qualche raro stralcio d'azione (ben scritto, questo c'è da dirlo), "Questa tempesta" è tutto una continua ripetizione: Ellroy ribadisce le stesse cose fino allo sfinimento; tutto quello che i personaggi scoprono viene ripetuto quando un personaggio che ne era ignaro ne viene finalmente a conoscenza. Queste scoperte, poi, molto spesso lasciano totalmente indifferenti perché parte di un intrico troppo ingarbugliato per essere compreso o perché coinvolge personaggi lontani dallo spettro emotivo e cognitivo del lettore. Poche sono le rivelazioni davvero interessanti, che vengono oltretutto attutite dall’apatia che tutti gli altri eventi incomprensibili hanno generato. La storia non coinvolge mai: è troppo intricata, politica e in tutta sincerità poco interessante. Ottocentocinquanta pagine e si ha la sensazione di non aver letto nulla se non nodi e contronodi mentali: un esercizio intellettuale folle che l’autore ha fatto con la sua capacità stilistica e la sua conoscenza approfondita del periodo storico, che con questo cocktail si sono tuttavia annullate penosamente. Non si riesce a capire cosa Ellroy abbia voluto davvero raccontarci.
Per concludere, io sono un estimatore degli autori che vogliono offrire qualcosa più di un semplice intrattenimento: stimo ancora di più quelli che riescono a coniugare intrattenimento con letteratura impegnata. Anzi, vi dirò di più, è questa la letteratura che amo, e mi fa male vedere come Ellroy abbia fallito nei suoi nobili propositi, nella creazione di un contesto storico-narrativo che potesse lasciare il segno. Ma sebbene in "Perfidia" sia parzialmente riuscito nell' intento, in "Questa tempesta" credo abbia toppato alla grande e rappresenti un passo falso da cui difficilmente si possa riprendere, almeno per quanto riguarda questo ambizioso progetto. Non so se ha avuto eccessiva fiducia nei propri mezzi, se si sia lasciato prendere la mano, o abbia voluto semplicemente strafare; ma con la sua sconcertante mole non giustificata dai contenuti, "Questa tempesta" non ha generato in me altro che un sospiro di sollievo. Quando l'ho finito, si intende.
P.S. la menzione sul retro, in cui Joyce Carol Oates definisce Ellroy il Dostoevskij americano, è oltremodo offensiva nei confronti sia del russo, che di autori americani davvero meritevoli come Cormac McCarthy, che definisco il Dostoevskij americano da una vita. E io non sono nessuno. Davvero non capisco come personaggi di spicco possano fare affermazioni così azzardate.
“Tutti vogliamo essere qualcosa di più bello e dorato di quello che siamo.”
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Troppa carne al fuoco
“Questa storia un senso non ce l’ha mai avuto e mai l’avrà. C’è troppa carne al fuoco e va troppo indietro nel tempo. Non è necessario che abbia senso. Me l’ha detto Kay, e quando lei dice qualcosa, è così.” Basterebbe questo pensiero, esternato dallo stesso autore attraverso uno dei tanti, troppi personaggi presenti in questo libro, a riassumere in sintesi il giudizio su un'opera prolissa, caotica, esagerata. Ottocento e passa pagine che si leggono faticosamente, con una miriade di storie sovrapposte, intrecciate in modo confusionale, senza un reale filo conduttore, con una scrittura caratterizzata da frasi brevi, secche, fredde, un linguaggio scarno, dozzinale, con un numero incalcolabile di personaggi difficile da tenere a mente e nessun reale protagonista se non una Los Angeles spietata, cinica, cattiva, in periodo storico difficile per gli Stati Uniti, appena entrati nel secondo conflitto mondiale in seguito ai famosi fatti di Pearl Harbor. Probabilmente è proprio il ritratto storico la parte più interessante del libro, perché disegna un paese diverso da quello che viene fuori dai libri di storia, una nazione scossa dall'entrata in guerra, in cui l'interventismo lotta con le simpatie naziste di parte della popolazione, l'anticomunismo cozza con l'alleanza con i sovietici contro Hitler e soci, l'assetto multiculturale e multirazziale su cui si fonda la società, già messo a dura prova da un razzismo imperante, viene ulteriormente colpito da una vera e propria caccia all'uomo nei confronti dei cittadini di origine giapponese, ritenuti tutti traditori, terroristi, assassini dopo il 7 dicembre del 1941. I fatti narrati in "Questa tempesta" partono proprio a poche settimane dalla famigerata "Operazione Z", e si svolgono tra la notte di San Silvestro e il maggio successivo, in un continuo su e giù tra California e Messico. Inizia tutto con il casuale ritrovamento di un cadavere carbonizzato, risalente ad un tragico incendio di qualche anno prima. L'evento darà inizio ad un incessante effetto domino che, tra indagini pilotate, politica, corruzione, omicidi, salti temporali, vedrà storie apparentemente lontane unirsi, protagonisti scontrarsi, lottare, allearsi, tradirsi, fino ad un epilogo cupo, triste, che sa di sconfitta per la società, la Nazione, l'umanità tutta. In mezzo c'è spazio per un po' di tutto, dal sesso alla pornografia, dalla religione alla politica, passando per episodi di inaudita violenza, traffico di schiavi, rivolte popolari, persino improbabili complotti tra nazifascisti e stalinisti. Un eccesso di ingredienti che danno l'impressione di essere buttati lì a caso, incapaci di creare suspence, interesse, empatia, mescolati in maniera troppo superficiale per dare un risultato diverso da un noir ambizioso scaduto in un grossolano poliziesco di serie B infarcito di slang di questo tenore: "The boys are back in town. Piú che town era meglio dire ciudad . Boyle Heights era praticamente Tijuana nord. Territorio di tacos . Un grande cesto di mangiafagioli. Hola , stronzi. Adesso arrivano i guai. Tutti voi sporchi Juan e Diego stanotte prenderete un bel po’ di calci in culo.“