Psycho
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Un "tranquillo" motel di periferia
Da questo romanzo è stato tratto uno dei più grandi e famosi capolavori della storia del cinema.
Film cult, che ho sempre rivisto con estremo interesse, con la scena della doccia, che è una della più famose mai girate.
Il Maestro Alfred Hitchcock prese idea del suo film più famoso, da questo libro di Bloch (autore tra l'altro anche di "Jack lo squartatore", anche quello libro di successo da cui sono state tratte innumerevoli opere cinematografiche e teatrali".
La vicenda si svolge quasi tutta intorno a un tetro e dimenticato motel di periferia, taglio fuori con il suo folle proprietario, dal mondo, a causa della costruzione di una superstrada.
Solitudine, impotenza, sdoppiamento di personalità, amori impossibili, miseria umana e sociale, emarginazioni sociali, paura, odio.....sono tanti i sogni che si infrangono in quelle sinistre stanze.
Il libro di certo lo si gusta di più se non si è visto il film. Ma comunque approfondisce maggiormente la vicenda rispetto alla pellicola, introducendo elementi nuovi per comprendere la contorta psiche dell'assassino.
C'è però a mio avviso una grandissima discrepanza tra la versione su carta e quella su celluloide!
La scena, che dicevo prima, della doccia.....mi ha colpito molto, come lo scrittore e il regista abbiano dato una importanza sensibilmente diversa a questo passaggio fondamentale della storia.
Per non spoilerare preferisco non dire nulla di più, ma ritengo che il grande Alfred Hitchcock
abbia colto nel segno e approfondito maggiormente il delirio che ammanta l'opera.
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Prima di Hitchcock
Premetto di essere una grandissima amante di tutti i capolavori del grande Hitchcock, ed in particolare di Psycho: il film che l ha reso più famoso.
Con grande stupore ho scoperto recentemente che esiste una versione cartacea di psycho, proprio il romanzo da cui Hitchcock ha tratto ispirazione per il suo film.
Che dire? Peccato che avessi già visto il film perché altrimenti il libro mi avrebbe fatto molta più paura.
Non ho amato granché lo stile di scrittura dell autore, ma la storia è senza alcun dubbio GENIALE!
Voglio anche aggiungere che è utilissimo per chi, come me, ha già visto il film perché spiega delle particolarità molto interessanti e che fanno capire più a fondo la personalità di Norman Bates. Assolutamente da leggere!
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L'insospettabile vicino di casa...
A volte non si vorrebbe mai credere o sospettare che l'apparentemente innoquo vicino di casa possa nascondere scheletri nell'armadio, possa essere un mostro, un individuo con turbe psichiatriche gravi, una persona potenzialemnte pericolosa.
La vicenda raccontata nel libro è attuale poichè noi vediamo nella cronaca del nostro paese esempi di gente insospettabile che poi si è rivelata omicida e che ha svelato infine il suo lato oscuro...
Un serial killer, uno psicopatico...il mio vicino, ma chi l'avrebbe mai detto?
Eppure qualche segnale, sicuramente c'è stato a svelare l'arcano: le bizzarrie del comportamento, le occhiate torve...le maniere non convenzionali...
Vero che non tutte le persone stravaganti sono dei killer, occorre però prudenza nelle relazioni sociali anche per non trovarsi invischiati in qualche storia a senso unico, che non ha ritorno...
Ora parliamo del libro che ha ispirato il famoso film omonimo: Norman, l'inquietante personaggio rientra nel profilo del vicino di casa che attraverso comportamenti inusuali svela la sua doppia natura,
succube di una madre autoritaria che nonostante tutto si ostina a far rivivere in un tragico fantoccio, vivo solo nei suoi ricordi, si manifesta nel teatro di una grottesca messa in scena...
La pericolosità di Norman non si manifesta subito, ma coloro che lo circondano ne vedranno infine gli aspetti più inquietanti e pericolosi....
Attenti ai vicini di casa, mostri nostrani di casa nostra, in cui comunque spira la tempesta di una follia appena sopita da repressioni e convenzioni...
Io ho sempre tenuto le distanze..non sia mai che...
Consiglio questa lettura.
Io l'ho trovata appassionante..
Saluti.
Ginseng666
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Mamma!
Un motel sinistro, su una strada poco battuta (“Ma non è probabile che qualcuno passi di qui. Tutti ormai prendono la nuova strada”). Il suo gestore è Norman Bates: un uomo succube della madre (“lei gli aveva sempre imposto la sua legge”), con evidenti problemi d’identità e di autostima (“sei una femminuccia”).
Lì capita Mary, un’avvenente giovane donna che ha rubato (“in totale quarantamila dollari”) per amore.
Dopo averle assegnato la camera numero 6, Norman invita a cena Mary nella “casa sul pendio della collina dietro il motel”, ove l’uomo vive con la stramba mamma.
Dalle parole di Norman traspaiono soggezione (“La mamma non permette che ci siano liquori in questa casa”), riconoscenza (“… so quanti sacrifici ha fatto. Se oggi appare un poco strana, è colpa mia”), senso di colpa (“sono io il responsabile. Quando è venuta da me quella volta e mi ha detto che voleva risposarsi, sono stato io a impedirglielo”) e anche qualche mania (“Volevo parlarvi delle mie piccole manie. Ho una specie di laboratorio, giù nel seminterrato…”). Mary Crane conclude che “il poveretto aveva terrore di avvicinare una donna”.
In realtà le turbe di Norman sono ben più gravi: tanto per cominciare (e non finire) sono di carattere sessuale (“impotente”) e voyeuristico (“spiare attraverso il piccolo buco che aveva praticato tanto tempo addietro”).
La reazione della mamma - gelosia? Istinto repressivo? - non tarda ad arrivare e Norman non esita a coprire il delitto (“ora l’essenziale era far sparire le prove. Il corpus delicti”): quello famosissimo e celebrato da Hitchcock nell’indimenticabile scena della doccia…
Ma la mamma è sempre la mamma e Norman la pensa proprio così: “Ed eccola scivolare fuori, con un delizioso abito a trine. Aveva il viso incipriato di fresco e appena passato il rossetto, era graziosa come un quadro e sorrideva mentre si avviava giù per le scale”.
Le gesta successive di Norman mirano a rintuzzare Lila Crane e Sam Loomis, rispettivamente sorella e fidanzato di Mary, che tentano di far luce sulla sparizione di Mary affiancati dall’investigatore assicurativo Milton Arbogast.
Questo psicothriller è un capolavoro: si trastulla tra asperità e sfaccettature del complesso di Edipo, asseconda la violenza della rimozione (“solo di una cosa era lieto: di non essere responsabile di quanto era accaduto”), rappresenta con potenza scenografica le dilacerazioni che nella psicosi dissociativa trovano teatrale e rutilante manifestazione: “Norman il ragazzino che aveva bisogno della madre e odiava tutto quello che si metteva tra lui e lei. Poi c’era Norma la madre, che non si poteva lasciar morire. Il terzo aspetto potrebbe essere chiamato Normal… il Norman Bates adulto che doveva adattarsi al lavoro quotidiano e nascondere al mondo l’esistenza delle altre personalità… l’empia trinità.”
Da leggere, mantenendo - negli occhi che scorrono sulle parole del libro - il diaframma delle immagini del film di Hitchcock.
Bruno Elpis