Port Mungo
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Il “giovane pintor grande, la sua pirata”
Vera Savage e Jack Rathbone (Il “giovane pintor grande, la sua pirata”) sono anime inquiete: si sono conosciuti a Londra e, dopo aver fatto tappa a New York, riparano a Port Mungo, Caraibi (“Vagava per i Caraibi insieme a una donna difficile, con la quale aveva una rovente e complicata storia d’amore”), alla ricerca dell’ispirazione artistica che consacri al successo definitivo l’ambizioso ed esibizionista Jack.
La relazione burrascosa e tormentata tra i due artisti viene narrata da Gin, sorella di Patrick, di lui infatuata (“Si era presa l’uomo che amavo”).
A Port Mungo Jack elabora una tecnica pittorica primitiva (“I suoi quadri malarici”), essenziale (“Ricordavo i colori spessi e fragorosi dei dipinti di Port Mungo, lo sguardo rozzo del primitivista, o meglio del tropicalista”) e violenta, ispirandosi a un modo di vivere rudimentale (“L’odore della carne macellata si mescolava alla fragranza della papaya e del mango”) e selvaggio (“Osservai un uomo sventrare un’iguana con un machete”), mentre Vera dà libro sfogo al suo temperamento infedele e vagabondo, tra fiumi di gin e rum.
Così su Jack incombono i doveri familiari nei confronti delle due bimbe nate dall’amore tormentato.
Ma la primogenita Peg muore tragicamente e la sua morte ricorre come ossessione (“Sogno dell’acqua bassa”) nei quadri del padre (“Posizione di Narciso”) in un nuova fase creativa (“La violenza con la quale aggrediva le tele: praticamente le violava”).
La secondogenita Anna, sottratta alla potestà per manifesta “irresponsabilità criminale” dei genitori dopo la morte di Peg, torna a New York dal padre, determinata a scoprire la verità…
La storia che racconta Gin corrisponde a verità?
E Jack è davvero il grande artista che la sorella tratteggia (“Aveva creato uno stile chiamato tropicalismo”)?
Come sempre, Patrick McGrath indaga i rapporti umani e le trappole della psiche con ambivalenza narrativa, diffondendo sulla storia chiaroscuri gotici e ombre proiettate da rielaborazioni e distorsioni dei complessi di Narciso, Elettra (figlia-padre), Mirra (padre-figlia), Antigone (sorella-fratello).
Giudizio finale: tropicalista, bohèmien, inquietante.
Bruno Elpis
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Il tropicalista
Londra, New York, Port Mungo.
Port Mungo misero villaggio caraibico affacciato sul fiume, baracche di lamiera e bimbi che corrono scalzi avvolti nelle infinite tonalita' della loro pelle, impreziositi da quei sorrisi bianchi e quegli occhioni verdi che si tuffano tra oceano e mangrovie.
Spicca una bambina dall' abbronzata pelle diafana, e' nata lì, parla con loro, gioca con loro, mangia le stesse cose : Peg, l'acqua cheta che riluce riflessa su un destino di morte.
Jack e Vera, un amore malarico che non conosce cura, due pittori devoti all'arte e pronti a sacrificare qualunque cosa sul suo altare. Ma la liberta' di rendersi schiavi della pittura non e' un dono, bisogna guadagnarsela, riuscire a ottenere la comunione con se stessi, guardarsi dentro e buttare fuori, espirare la propria anima ed esploderla sulla tela, senza tremori.
Leggere PORT MUNGO e' prendere coscienza di un fatto increscioso e poi abbandonare il normare fluire della corrente del fiume, fare dietro front , l'acqua inizia a scorrere da valle a monte, senza capogiri ma con un senso di vuoto piacevolmente mostruoso e privo di punti cardinali, come il salto nel vuoto da un grattacielo. A prescindere dall'esito della caduta in PORT MUNGO si rivive il risucchio della forza di gravita' , cosi' come i personaggi del libro vengono attirati verso le deviazioni psicotiche della mente.
I suoi attori si rivelano catalizzanti e inevitabilmente atomici, che siano autodistruttivi o meno essi sollevano una nube radioattiva che diffonde un'eco maligna di lungo raggio.
E il tropicalista dipinge dal suo studio di New York, costi quel che costi le tele di McGrath si pagano care.
Intrigante, si legge voracemente, il ritmo si fa piu' incalzante pagina dopo pagina, buona lettura.
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Niente è come sembra.
"Nel corso degli anni, mi preoccupai sovente per questo, ma per molto tempo sembrò che i fatti avvenuti fra le mangrovie dovessero restare inconoscibili, almeno per me - un mistero, anche se odio questa parola. Non esistono misteri: solo persone che nascondono le cose, solo segreti."
McGrath ci regala un'altra storia dove l'amore assume i lineamenti del disturbo patologico, del sentimento totalizzante che si trasforma in ossessione, dove il confine labile tra sano e malato è portato agli estremi e tutto, ancora una volta, è incerto.
Gin Rathbone racconta la tragica storia di suo fratello Jack.
Jack l' eccentrico, l'artista, il narcisista.
Impossibile per la sorella resistere al suo fascino, Gin vive nel culto della personalità del fratello fin dagli anni dell'infanzia trascorsa in un'Inghilterra un po' provinciale e un po' borghese.
Un fascino che assume una connotazione morbosa tant'è che resta saldo anche quando Vera Savage, artista in ascesa che ha tutti i tratti dell'avventuriera, glielo porta via facendogli balenare il sogno di una New York carica di energia e di promesse.
Ma il sogno dura poco. Jack incapace di reggere la competizione con la compagna e con un ambiente intriso di arte e innovazione decide di rifufiarsi in una dimensione più tranquilla: Port Mungo. Come Gauguin, Jack va a cercare la sua ispirazione artistica ai Tropici, portandosi dietro Vera.
Ma a Port Mungo naufragano sole le illusioni: Jack e Vera non sono in grado di dare vita a un progetto comune, né sul piano artistico né sul piano sentimentale e non li salva neanche l'arrivo di due figlie: Peg e Anna.
Peg, la maggiore delle due, cresce e vive come una selvaggia, a sette anni fuma e beve birra, e a sedici viene ritrovata morta annegata sotto un groviglio di mangrovie sotto lo sguardo passivo della sorella più piccola che inevitabilmente ne riporta i traumi.
Ma da dove nasce la tragedia?
Da dove viene il comportamento anomalo dei protagonisti?
Dove finisce la normalità e inizia la malattia?
Anche in questo romanzo di McGrath il narratore ha ruolo centrale, e come sempre l'autore vuole mettere in dubbio la sua affidabilità. Noi non possiamo che lasciarci guidare e ogni tanto cercare di tirare il freno a mano per riflettere lucidamente sulla narrazione.
Il plot è ben congegnato, la caratterizzazione dei personaggi è incisiva e delineata con precisione: atteggiamenti, sguardi, gestualità e modi di vestire li rivelano in poche righe in modo inequivocabile.
"Port Mungo" è un viaggio nei lati più torbidi e oscuri dell'animo umano. Impossibile resistere al fascino della penna di McGrath!
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Port Mungo
Dopo aver letto “follia” ho deciso di leggere altri romanzi di Mc Grath e adesso non riesco più ad abbandonarlo, devo dire che è un autore che crea dipendenza .
Ho dovuto lasciarlo un po’ li in disparte prima di scrivere la recensione, così a caldo non mi veniva niente, è strano ma non ero nemmeno sicura che il libro mi fosse piaciuto, non mi era mai capitato, ma questo genio riesce a smuovere strane sensazioni nel lettore
.
Sicuramente non ha toccato le vette di “follia”, ma oggi posso dire che è appena appena sotto, questo romanzo mi è piaciuto e io , è ufficiale, da oggi adoro Mc Grath.
La vicenda si svolge in Inghilterra, New York, ma soprattutto a Port Mungo, una cittadina dei Caraibi dove Jack pare trovare finalmente la sua casa e la sua dimensione di artista , come nel precedente libro però le descrizioni delle ambientazioni sono veramente ridotte all’osso , sono altre le cose più importanti per quest’autore, il contorno è proprio solo un contorno per lui, mentre quello che più gli interessa è viaggiare nella mente dei personaggi e condurci il lettore piano piano , fino ad inchiodarlo al libro .
La voce narrante è quella Gin, sorella di Jack, devota al fratello che lo asseconda in tutte le sue stranezze da artista, anche quando lui sposa Vera, pittrice anche lei, di qualche anno più vecchia , una donna incapace di mettere radici nella vita, ingovernabile, inesorabilmente libera .
Gin è sempre lì per lui, a raccogliere i cocci di una vita vissuta in maniera dissoluta, priva di regole , ed è sempre lei che lo accoglie nella sua casa a New York dopo la morte di sua figlia Peg , appena quindicenne, e cerca di restituirgli fiducia in se stesso e nel suo lavoro.
Ma la causa della morte di Peg è davvero quella che ha raccontato Jack? Vera è davvero una donna ingestibile e priva di senso materno ? Le persone che conosciamo sono davvero come le vediamo ?
Solo alla fine, nelle ultimissime pagine si svelerà il mistero di questi strani personaggi che popolano questo romanzo, personaggi veri, Mc grath ce li fa conoscere talmente da vicino che quasi pari di toccarli, di vederli, di percepire le loro emozioni .
A volte mi sono un po’ “persa” nella lettura perché non è di certo un libro leggero e ho fatto fatica in alcuni passaggi in cui i salti temporali erano addirittura tra una riga e l’altra, un attimo prima Gin era a Port Mungo e poche frasi dopo era tornata con la narrazione al presente , nella sua casa di New York.
Leggetelo, mi sento davvero di consigliarlo, una lettura un po’ particolare che merita .
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Segreti di famiglia
L'autore di “Follia” ci catapulta in un'altra storia vibrante e sconcertante.
Una famiglia allo sbando, un uomo e una donna intrappolati in una relazione esplosiva, figli succubi di un clima insano, un'ambientazione che spazia tra Londra, New York e Caraibi.
Leggere i romanzi di Mc Grath significa entrare in un tunnel e avvertire inizialmente un forte senso di disorientamento che strada facendo si trasforma in claustrofobia e soffocamento.
Pochi autori hanno la capacità di mettere in scena la mente umana, cogliendone le sfaccettature più segrete, più complesse, più orribili, più subdole.
Siamo sicuri di conoscere la persona che ci sta accanto e che abbiamo scelto per condividere la vita? Siamo certi di comprendere la reale intenzione dei suoi gesti?
Mc Grath accompagna il lettore dentro la storia, avvolgendolo con una narrazione incalzante alla scoperta del personaggio, percorrendo le strade impervie delle perversioni, delle fobie, delle ossessioni; un viaggio doloroso e destabilizzante al cui capolinea si giunge senza fiato.
Tante le sensazioni, gli interrogativi, i dilemmi.
Ecco servita un'altra storia cruda, amara, tagliente, animata dalla certosina penna di un autore in grado di scavare nelle zone d'ombra con una cura meticolosa e con occhio clinico.
Dove finisce il confine della lucidità ed inizia quello della pazzia? Quando terminano le aspirazioni ed i sogni per lasciare spazio alle manie?
Quesiti ostici, nodi inestricabili, ai quali tuttavia l'autore dà risposta dopo un excursus psicologico a tutto tondo, dopo aver instillato mille dubbi nel pubblico e dopo aver provocato una girandola di supposizioni.
La carica narrativa dello scrittore è delicata ma pervasiva, denotando un'abilità dialettica fuori dal comune; egli sa utilizzare le parole in modo acuto per ammantare i suoi personaggi di un estremo realismo e per esplorare le complesse logiche che muovono l'agire umano.
Sicuramente non è un genere di lettura da evasione, bensì dedicata a chi desidera affrontare un viaggio nell'io più profondo e segreto dell'uomo.