Pet Sematary
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Sul rifiuto della morte
Ma non poteva mancare un romanzo di Stephen King nel periodo di Halloween! Tra l'altro un volume terrificante già dalla copertina, ossia “Pet Sematary”, romanzo tra i più iconici di questo prolifico autore che quest'anno ha ottenuto anche una nuova trasposizione cinematografica.
La storia è ambientata immancabilmente nel Maine, in particolare nella cittadina di Ludlow dove il dottor Louis Creed si trasferisce con la famiglia per motivi di lavoro; il giorno stesso del suo arrivo, l'uomo viene messo al corrente dall'anziano vicino Jud circa la presenza di un cimitero per gli animaletti domestici che vengono uccisi sulla vicina strada statale. Una serie di sogni terribilmente reali fanno però capire all'uomo che c'è ben altro nascosto nei boschi, oltre la barriera di tronchi che delimita il cimitero: una presenza malvagia collegata all'antica tribù indiana dei micmac, pronta ora a scatenare degli eventi tragici pur di conquistare il potere perduto.
Penso sia inutile negare che il libro svolge egregiamente il suo compito di horror, con diverse scene genuinamente terrificanti ed altre al limite dello splatter. Trovo però che questo lato sia stato molto ben bilanciato dalla presenza di temi un po' più rilevanti, in primis la capacità di affrontare il lutto come qualcosa di non unicamente negativo; in questo aiuta la metafora della resurrezione “sbagliata”, che va a simboleggiare gli avvenimenti della vita ben peggiori della morte.
Interessante anche la riflessione sul desiderio umano di prevalere sulla morte -non a caso il protagonista è un medico!-, e questo sogno ancestrale va quasi a sostituire l'antagonista nella storia, dimostrandosi ben più efficacie di qualsiasi mostro. Penso sia stata ottima anche la scelta di legare il lato fantastico della vicenda alle tradizioni indiane ed in particolare alla figura mistica del Wendigo, anziché puntare sul fantascientifico e far comparire bestie spaziali!
Sempre in confronto con “Le notti di Salem”, in questo libro anche il finale mi ha convito e l'unico aspetto negativo a mio avviso è la presenza di alcune scene etichettabili come filler.
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Tragico e terrificante
Se non ricordo male, lo stesso Stephen King definisce il suo "Pet Sematary" come uno dei libri più spaventosi da lui scritti. Ora, non so dire se sia realmente tra i più spaventosi, ma tra quelli che ho letto è sicuramente uno di quelli più tragici (insieme a "Il miglio verde"). Una lettura non facile, dunque, che presenta senza mezze misure eventi davvero devastanti, che potrebbero facilmente distruggere la psiche di un essere umano e gettarlo in un oblio senza via di uscita. Questo implica il trattamento di temi piuttosto spinosi e difficili da digerire, su tutti la morte; che da quando siamo sulla Terra è di certo la cosa che accettiamo meno facilmente: sia per quanto riguarda la nostra, sia quando si parla della morte di qualcuno che ci è caro, sia esso un animale o una persona. La domanda che sorge durante la lettura è: se dovessimo perdere una persona cara e ci venisse concessa la possibilità di riportarla indietro, ma quella persona non fosse più del tutto sé stessa e anzi mostrasse istinti aggressivi e malvagi, lo faremmo?
Lo stile del Re è quello dei tempi d'oro, capace di tenere in tensione e trasmettere perfettamente gli stati d'animo dei personaggi (in particolare del protagonista), che si ritrovano in mezzo a vicissitudini da brivido; travolti da tragedie inaspettate che cambieranno radicalmente la loro vita.
Tutto ha inizio quando la famiglia Creed (quattro persone più il gattino Winston Churchill) si trasferisce in una casetta nel Maine, alle cui spalle si estende una foresta dove risiede il "Cimitero degli animali", nel quale tutti i bambini del paese portavano a seppellire i loro animaletti tanto amati.
Macabro, ma finora tutto normale, fino a quando il nuovo vicino di casa non presenta al nostro protagonista (Louis) un luogo piuttosto speciale: una specie di cimitero indiano che si nasconde non lontano dal Pet Sematary, che pare essere in grado di riportare indietro chi ci ha lasciato.
Ma con uno spaventoso prezzo da pagare.
"Probabilmente sbaglia chi crede che vi sia un limite all'orrore che la mente umana può sperimentare. Al contrario, per quanto possa dispiacere ammetterlo, l'esperienza umana tende, per molti aspetti, a confermare che, quando l'incubo diventa sufficientemente cupo, orrore dà origine a orrore, un male fortuito genera altri e spesso più deliberati mali, finché la tenebra sembra ricoprire tutto. E l'interrogativo più agghiacciante potrebbe essere, forse, quanto orrore la mente umana può sopportare pur conservando un equilibrio vigile, attento, implacabile."
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IL CIMITERO DEI CUCCIOLI
Un altro capolavoro firmato King.
Questo libro è incentrato sul concetto della morte e della vita.
La morte è da sempre un grande interrogativo per l'uomo che da sempre si batte non solo per sconfiggere le cause "innaturali", che fanno terminare la vita prima del giusto tempo, ma anche per svelare i mistesi dell'aldilà.
La vita passa dall'accettazione della teporaneità e, quindi, del concetto stesso di morte, altrimenti si vivrebbe sempre nel terrore..
King, attraverso questo libro, parla di questo.
La morte conosciuta attraverso la vita del protagonista di questo romanzo, Louis, medico, che durante il primo giorno del nuovo lavoro si trova di fronte a un caso irrisolvibile, diventa fulcro intorno a cui si regge la sua vita.
La paura irrazionale di sua figlia Ellie per la possibile morte del gatto, lo spingono ad esaminare il concetto dal punto di vista di un bambino e la stessa esperienza della moglie, che inizialmente si rifiuta anche solo di parlarne, lo spingono ad osservalo attraverso agli occhi di un non-medico.
Ma si può davvero accettare la morte? Se ci fosse una sola, piccola, possibilità che tutto ritorni alla normalità non ci aggrapperemmo ad essa con tutte le nostre forze?
In un crescendo di suspanse e terrore, king ci da la sua particolare ed unica risposta a queste domande.
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Lazzaro non risorgere
E' bello quando inizi un libro e ci trovi quello che ti aspetti. In questo mi aspettavo di trovare un brivido lungo la schiene e ne ho trovato più d'uno. Facendo leva su uno dei desideri che maggiormente ci inquietano, cioè quello che i nostro cari tornino in vita King ha prodotto un gran bel libro. Piano piano ci ha fatto conoscere la felice famigliola americana: papà medico, mamma casalinga e due figli maschio e femmina. Abbiamo scoperto che la loro vita non è perfetta, ma ci va vicino, che la moglie ha delle difficoltà ad approcciarsi con la morte, i rapporti con i suoceri sono tesi. Niente di nuovo sotto il sole. Poi scopriamo che la bella casa dove si sono trasferiti si affaccia su una strada dove passano in continuazione camion che negli anni sono stati capaci di fare strage di animali domestici. Conosciamo un simpatico vicino, che alla resa dei conti, forse sarebbe stato meglio se se ne rimaneva sulla sua veranda a bere birra. ma le cose non vanno sempre come dovrebbero.
Proprio dietro la casa della famiglia Creed c'è un sentiero, che spicca sulla natura selvaggia che lo circonda. i ragazzi del paese lo engono sempre in ordine, perchè porta fino al luogo dove per tradizione seppelliscono i loro cuccioli. Louis Creed scoprirà che più in là di quel cimitero c'è un altro luogo di sepoltura che ha la capacità di attirarti e di farti fare quello che vuole. Anche quando si tratta di cose irrazionali e pericolose.
Abbiamo letto e visto in televisione praticamente tutto, quindi è difficile che qualcosa riesca ancora a terrorizzarci o stupirci. Questo romanzo però è stato capace di lasciarmi una certa inquetitudine. Probabilmente dipende dal fatto che parli di morte e del desiderio di riavere indietro i propri cari, costi quello che costi. Chi non sarebbe attratto dalla possibilità di veder risorgere il figlio, pur consapevole di quanto sia contro natura questo evento? Molto dipende anche dall'abilità dell'autore, che ci ha raccontato le cose poco alla volta, ci ha descritto con precisione i sentimenti dei protagonisti, e alla fine ha lasciato il finale aperto ad altri orrori. In parte dipende anche dal mio gatto che ha senpre avuto la brutta abitudine di portarmi in giardino ogni sorta di animaletto dopo averlo seviziato.
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Il tabù più grande
Possiamo inquietarci, spaventarci, morire di paura leggendo e vedendo le pellicole con i temi dell’orrore classico, i più comuni, il vampiro, l’uomo lupo, lo zombie, il fantasma, ma in fin dei conti tutto l’orrore che si può provare, tutti gli spaventi, le palpitazioni, i salti dalla sedia, possono tutti indistintamente ricondursi alla paura per l’orrore più grande, indefinibile, nascosto finanche a se stessi, quello di cui non si parla mai, almeno in pubblico, quasi a volerlo celare ed esorcizzare nello stesso tempo: la morte.
In “Pet Sematary” Stephen King affronta, appunto, il gran tabù, l’orrore principe di cui tutti hanno paura, lui stesso compreso: la leggenda vuole che King abbia avuto più di un ripensamento prima di dare il proprio assenso alla pubblicazione di questo suo romanzo, giudicandolo il più inquietante parto dalla sua fantasia.
In effetti, “Pet Semetary” è un romanzo inquietante, nel senso che lascia un che d’indefinito, di spiacevole, al lettore: ma è, a ben pensarci, un effetto voluto, diretta conseguenza del modo come l’argomento della morte è dibattuto.
La storia, di per sé assai semplice, e che tuttavia ben si presta alla tecnica solita dello scrittore del Maine di introdurre un elemento insolito, perturbatore in una situazione di banale e ordinaria routine, vede protagonista, ed anche questa non rappresenta alcuna novità nella produzione di King, una famiglia rappresentativa della middle class della piccola provincia americana, costituita dal dottor Louis Creed, giovane e valente medico, un dottor Kildare sui generis, pare creato apposta sullo stampo del mitico dottor Manson d’alcuni fortunati romanzi di Cronin, sua moglie, Rachel, una classica e saggia massaia, di cui è innamorato pure dopo anni di matrimonio, la figlia Ellie, una bambina dolce e delicata, il figlio più piccolo Gage, un bambino vispo e vivace, e naturalmente, il “pet”, il classico ed immancabile animale domestico di casa, un membro della famiglia a tutti gli effetti, amato e coccolato da tutti gli umani della famiglia, nella fattispecie non il più comune cagnone tenerone alla Cujo, ma il più infido gatto Church, il cui nome (chiesa) è già tutto un programma.
A questi si aggiunge il vecchio Jud Crandall, il vicino di casa che a Louis, cresciuto senza padre, appare come il genitore, la guida che non ha mai avuto.
Ma anche i genitori, anche le guide, possono sbagliare strada e sentieri, ed è questa casuale conoscenza che porterà il dottor Creed a conoscere gli effetti magici, o meglio diabolici, del locale cimitero degli animali, gravato da un’antica maledizione indiana, che restituisce alla vita gli esseri viventi riposti in quel luogo per breve tempo. Li restituisce a una parvenza di vita; non li trasforma in zombie, fa di più, li trasforma in puri e gratuiti concentrati d’indifferente malvagità, in esseri senza anima, senza sentimenti, senza discernimento, poiché il ritorno alla vita è in realtà una tragica beffa, il prezzo pagato per questa rentrée non vale lo spettacolo in scena, non ha nulla di sacro e di benigno, è agli antipodi per esempio rispetto alla cristiana resurrezione dei corpi o al risveglio ed incarnazione in una dimensione migliore, in una nuova positiva esistenza.
Quello che lascia sconcertati, che crea l’inquietudine che serpeggia sottilmente e magistralmente in tutte le pagine del romanzo, è proprio l’assurdo comportamento di Louis Creed.
Louis, lo ripetiamo, è un medico: come tutti i medici, ha dimestichezza con la morte, sa che essa è un evento, non è un “mostro”, è un accadimento, talora imprevisto, precoce, accidentale, e tuttavia inevitabile, naturale, parte intrinseca del corso delle cose. Per la morte, tutti i medici hanno rispetto; la combattono, la respingono, talora la maledicono, eppure nessun medico si sogna di dileggiarla, deriderla, sminuirne il valore, l’importanza, il mistero. Un buon medico, un qualunque medico, si limita a curare, anche parossisticamente, intensivamente, cocciutamente, ma non si accanisce inutilmente, non tenta mai, con presunzione ed arroganza, di osare l’incredibile quando sa, con umiltà ed umanità, di essere giunto ad una soglia oltre la quale non è permesso, non è di questo mondo, nemmeno è giusto ed umano provare a ritornare, e perciò il suo sforzo è vano, deleterio, finanche demoniaco.
Louis Creed pecca, e pecca per cieco egoismo: non intende rassegnarsi con umiltà, accettare i propri limiti, essere leso come tanti altri nei propri affetti, si ammanta senza neanche accorgersene di superiorità e di presunzione, e perciò nemmeno intende riconoscere alcuna valenza catartica, salvifica, consolatoria al dolore umano, anche a quello più atroce e più intimo, e forse soprattutto a quello, non ha rispetto per il mistero, il tabù per eccellenza, e ne infrange la sacralità. E riporta alla vita, alla grottesca parvenza di vita, prima il gatto, poi il figlio, e altri via via, in una sorta di diabolico, vampiresco deja vù, un delirio di folle onnipotenza di creazione e resurrezione alla Frankstein, con un finale magistralmente lasciato in sospeso, onde non sminuire la tensione, l’inquietudine che è la caratteristica unica e principe del romanzo.
Un buon romanzo quindi sul tabù, vero o presunto, della morte, al solito un buon romanzo di King; ottime le descrizioni dei luoghi e degli ambienti, le caratterizzazioni dei protagonisti, profondi ed intimi i pensieri e le considerazioni sugli eventi, scorrevole il tragico dipanarsi della storia; sarebbe stato un romanzo ancora migliore, tuttavia, solo se il dottor Louis Creed, e per lui Stephen King, avesse avuto conoscenza diretta o immediata memoria delle parole dello scrittore argentino Jorge Luis Borges: “La morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare”.
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Il potere della reincarnazione
Uno dei più grandi capolavori del re del brivido.
Innanzitutto, è stato piacevole scoprire la commistione di più svariati temi, trattati con inspiegabile maestria, e con un tocco che non ho mai ritrovato in nessun altro autore. Sì, perché King , contrariamente a quanto molti credono , non è soltanto horror e soprattutto non è un horror scadente, di quelli facilmente riproducibili, come le moderne saghe di vampirismo.
Siamo negli anni ‘80 del ‘900 e Louis, protagonista del racconto, si trasferisce con la moglie Rachel, la piccola Ellie e l’ultimogenito Gage, a Ludlow , nel Maine, proprio vicino a un cimitero dove i bambini del posto hanno seppellito per anni i loro animali defunti. Cani, gatti, roditori, uccelli e perfino un toro. Qui Louis incontra Jud Crandall, ottantenne saggio e vispo, marito di Norma Crandall, una docile vecchietta colpita dall’artrosi. Tra le due famiglie si viene a creare un rapporto di profonda stima e fiducia e , in particolar modo, tra Jud e Louis, come tra un padre e il proprio figlio. Il primo grande evento drammatico colpisce il lettore sin dai primi capitoli, con la morte di Pascow, studente presso l’istituto dove Louis lavora come medico. Proprio mentre spira tra le sue braccia, il ragazzo pronuncerà delle frasi apparentemente incomprensibili, che colpiranno Louis come una profezia. L’evento darà inizio a una lunga serie di morti spiacevoli, da quella di Norma, a quella del gatto Church a quella del figlioletto Gage. Ma Jud svelerà a Louis il modo per farli ritornare...
Il succedersi delle tragedie all’interno dell’opera ha dato modo , all’autore, di toccare in maniera piacevolmente coinvolgente il tema della morte, intrecciato con quello dell’infanzia, tra la perdita dei propri affetti e dell' innocenza stessa, quella che caratterizza l’età adulta. L'orrore trasuda dalle pagine parallelamente al dolore per la perdita di una persona cara, e, se da un lato, King racconta l'impossibilità di revocarlo (nella figura della moglie Rachel, traumatizzata dalla perdita della sorella Zelda) , dall'altro descrive con minuzia quel desiderio , quasi morboso, che tutti, almeno una volta, abbiamo provato,nel voler, "riportare indietro" qualcuno. Louis viene posseduto da una forza oscura, dal wendigo, che gli impedisce di pensare razionalmente, spingendolo a compiere atti estremi, sfruttando la sua sofferenza. Ma, ad una lettura attenta, King non offre soltanto soluzioni spiacevoli: ad emergere, infatti, è anche l' accettazione della perdita, attraverso la consapevolezza che la morte è, ad ogni modo, la fine delle sofferenze terrene. I temi , già, personalmente, riscontrati in IT e nell’Acchiappasogni, sono espressi con una prosa vellutata e scorrevole, dando l’impressione di cullare dolcemente la propria immaginazione , verso i più orridi sentieri del proprio inconscio, proprio lì dove sono sepolte le nostre personali tragedie, i nostri personali incubi, che King riesce così meravigliosamente bene a tirar fuori.
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Ma state scherzando?
Si, a costo di ricevere decine di pollici in giù per questa domanda, devo proprio chiedervelo: ma state scherzando?
Ho acquistato il libro dopo aver letto i vostri suggerimenti su un romanzo terrificante, spaventoso, prendendo nota di come alcuni di voi addirittura affermino di aver dormito la notte con le luci accese, non riuscendo a scordarsi la trama per mesi e mesi...e devo dire che, appena terminato Pet Sematary, avrei voluto "strangolarvi" per avermelo fatto acquistare. Forse, molti di quelli che affrontano King, non hanno mai letto/visto/affrontato l'horror in vita loro, o non sanno cosa sia questo genere, perchè ci vuole molto coraggio ed un gran cuore ad affermare che Pet Sematary faccia paura.
E non per una questione di gusti personali, della serie "io non mi faccio impressionare come voi", ma perchè il libro è composto da 400 pagine circa, e in 360 pagine non esiste NULLA. Il romanzo, se non portasse il nome di King, vi sarebbe sembrata una commedia. In pratica per oltre 3/4 del libro vi troverete a leggere delle vicende perfettamente regolari e quotidiane di una famigliola scialba e antipaticissima, di come lavano i piatti, vanno a scuola, bevono birra e raccontano storielle, affrontando per circa 4 pagine di seguito un cimitero magico perfettamente uguale a tutti gli altri, e continuando così fino alla fine dell'opera. E' come se voi acquistaste il Signore degli Anelli, ma fino alle ultime 10 pagine non esistono le spade, i viaggi, le razze o gli oggetti magici, ma ci sono Frodo e Bilbo che guardano la televisione e giocano a scacchi, e intorno a voi i commenti entusiasti dei lettori scrivono di "un viaggio bellissimo all'interno delle montagne". Ma che diavolo...
Se non fosse per le ultime pagine e per il finale un pò inusuale, Pet Sematary sarebbe stato un cartone animato, o una serie a colori.
Non presenta nessun genere di suspance, di horror, di caratterizzazione, di mistero o di angoscia. E' tutto normalissimo.
E, devo dirlo, nonostante sia un fan di King, lo stile è davvero scadente, cercando di raggiungere uno standard di quotidineità familiare così elevato da risultate irritante, spesso sgrammatico. Vi troverete a leggere per almeno cinque volte (non scherzo!) i rutti del protagonista con la differenze fra i sapori acidi che assumono, intere righe (decine!) di frasi ripetute come "nondevodormirenondevodormirenondevodormire", e centinaia di onomatopeici versi infantili come "gaaaaaaaaaa" o "daaaaa" che vanno a distribuire immensi filler all'interno di un romanzo che, di per sè, non ha nulla da dare.
Scordatevi sfondi morali, creature paurose, situazioni od oggetti misteriosi, angosciosi eventi quotidiani, capitoli che terminano con una certa suspance, quesiti misteriosi o colpi di scena.
Mi dispiace dirlo, ma Pet Sematary avrebbe potuto scriverlo un bambino con un pizzico (ma veramente piccolo) di fantasia e, anche se i presupposti ci sono, dimenticatevi l'horror.
E' un soap opera bella e buona, con la tragedia familiare di mezzo, le magliette per i bambini, i gattini che giocano, i sogni divertenti e le gite al mare con l'acquilone.
Deluso, dal libro come dai suoi lettori.
Ma davvero...vi siete spaventati? Ma di cosa? Del protagonista che beve le birre?
Sono a dir poco senza parole.
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IL MISTERO DELLA MORTE
Ho finito stanotte il libro (chiaramente a luce accesa) ed ancora non riesco a smettere di pensarci.
Sì, perchè mi aspettavo un romanzo da brivido, e fino a circa la metà il racconto è in linea con le aspettative. La classica cittadina apparentemente tranquilla del Maine è il teatro di un potere soprannaturale, di una forza sconosciuta che pian piano entra nella vita dei protagonisti per turbarne la quiete. Il gatto di famiglia viene investito ed ucciso, ma un luogo di sepoltura magico lo restituisce alla famiglia Creed ... seppure cambiato. Quell'animale, un tempo compagno affettuoso della figlia maggiore, comincia ad incattivirsi, ad uccidere altri animali per puro piacere, tormentando Luis, il padre della bambina, che lo ha riportato in vita. Pallidi fantasmi si agitano nei sogni del protagonista, e mi ero immaginata che la storia potesse sciogliersi con una escalation di crudeltà del gatto o con la resurrezione degli altri animali seppelliti nel "pet sematary".
E invece, il colpo di scena. Il romanzo cambia. La storia non è più d'orrore, ma di dolore: per la perdita di un caro, per il senso d'impotenza di fronte al destino, per la frustrazione ed il senso di colpa di chi rimane. Non importano più i fantasmi, gli animaletti smembrati da Church, o il wendigo che si aggira nei boschi del Maine. Resta solo quel dolore sordo, martellante, che ti toglie il fiato. Si spalanca il pensiero: io, cosa farei? Lascerei andare la persona amata, se solo avessi la possibilità di farla tornare indietro, seppure diversa? All'orrore si sovrappone, lentamente ma inesorabilmente, la follia di chi non può accettare la perdita e si spinge al di là dei confini del bene e del male - e che per questo viene terribilmente punito.
Un romanzo bellissimo, maturo, profondo, a cui non ho dato il massimo in "Piacevolezza" perchè in certi momenti mi ha fatto stare veramente male!
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Un King da non perdere...
King, maestro del brivido e uno dei più grandi autori contemporanei, non si smentisce.
Pet Sematary è un romanzo complesso.
Complesso in quanto contiene più livelli di lettura capaci di soddisfare il gusto sia di chi cerca una avvincente storia dai tratti horror sia di chi apprezza il confronto con tematiche spinose e molto delicate, la perdita di una persona cara.
Il libro permette di godere fin dalle primissime pagine del primo aspetto e , se lo si vuole, anche del secondo , leggendo tra le righe di una scrittura magistrale.
La trama racconta la placida vita di una famiglia americana del Maine, una quotidianità resa in modo impeccabile che subisce però un piccolo contraccolpo quando il gatto di casa viene investito sulla strada.
Come può il Dottor Creed comunicare la notizia ai propri bambini? Non è forse meglio " nascondere" la perdita?
La risposta a questi interrogativi da origine ad una serie di eventi imprevedibili che sconvolgerà per sempre l'armonia dei Creed.
La tematica del lutto è trattata in modo molto delicato, alla conclusione del libro è inevitabile fermarsi e riflettere su ciò che si è letto. Il tutto senza disdegnare al tocco thriller/ horror a cui King ci ha abituati. Da non perdere!!!
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Resurrezione..ne vale la pena?
Stephen King non a caso è soprannominato "il Re" dell'horror (The King appunto); ha una straordinaria capacità di creare atmosfere surreali e allo stesso tempo credibili, agghiaccianti nella loro natura così onirica eppure così reale.
Il tema qui trattato è quello della morte, della sua inaccettabilità da parte dell'istino umano, incapace di metabolizzarla ma capace di scendere a ogni compromesso pur di riavere indietro la vita che si è persa...ad ogni costo.
La scrittura e lo stile sono struggenti in alcuni punti; la maestria dell'autore nel tenere altissimo il livello di tensione per tutta la durata del romanzo è straordinaria: l'autore ci rende partecipi di ogni sentimento e pensiero che pervade ogni singoli personaggio e come sempre la loro caratterizzazione è di prim'ordine.
Un libro che all'apparenza credevo fosse una buona sceneggiatura per un film dell'orrore si è rivelato un bel'approfondimento sul tema della fragilità umana con risvolti addirittura consolanti in merito.