Perfidia
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Recensione della Redazione QLibri
Il cuore nero di un’America in guerra
“Perfidia” fa da apripista alla seconda “tetralogia di Los Angeles”, rispolverando personaggi già visti nella prima tetralogia, che vanta tra le sue file un capolavoro del calibro di “L.A. Confidential”.
“Perfidia” non ha una trama intrigante come il capostipite della serie che lo precede, ma a mio modesto parere compensa questa mancanza con la perfetta caratterizzazione di una Los Angeles sconvolta dall’ingresso in guerra degli Stati Uniti, in seguito al famoso attacco di Pearl Harbor. Tutto si oscura, tutto diventa caos; odio razziale, corruzione e omicidi imperversano per le strade. Come sempre, Ellroy tinge le sue storie con colori cupi e smorti; seppure Ellroy non eccella nella descrizione degli ambienti, colma questa mancanza con il suo fantastico modo di raccontare i fatti, rendendo il tutto più visivo e permettendo al lettore di scrutare l’oscurità dilagante nei luoghi in cui si svolgono le vicende. Bisogna ammettere che lo scrittore tende a mettere fin troppa carne a cuocere, ma nonostante questo bisogna anche concedergli il merito di riuscire a mantenere una coerenza indistruttibile, nonostante l’immensa mole di eventi che si susseguono nelle pagine che scrive (che non sono poche). Eventi a cui non tutti riuscirebbero a reggere a causa della loro profonda crudezza; ma in fin dei conti qui si parla di noir, e il noir non è adatto ai deboli di stomaco.
L’inizio di “Perfidia” è scatenato dalla morte di una famiglia giapponese. Tutti gli indizi sembrano condurre al suicidio “rituale”. Un caso semplice? Niente di più sbagliato; impossibile immaginare in anticipo gli intrighi che si nascondono dietro le quinte, celati ulteriormente dal vile attacco di Pearl Harbor, che oltre a provocare numerose vittime, ha sconvolto le menti di un intero continente. E’ nel momento dell’attacco che l’America si tinge di nero. Essa mostra al mondo la profonda indignazione nei confronti di Hitler e della sua guerra; si disgusta quando scopre l’ignobile fine che il nazismo ha riservato alla innocente razza ebraica. Eppure nasconde tra i suoi confini atrocità molto simili, riversando il suo odio verso la razza giapponese, senza distinzioni, anche nei confronti di quelle persone che in fin dei conti sono americane in tutto e per tutto, anche se con tratti somatici differenti. Licenziati, insultati, malmenati, uccisi; come se fossero stati loro ad ordinare l’attacco; come se fossero stati loro a manovrare quegli aerei; come se fossero coinvolti in quella sporca faccenda in ogni modo possibile. In realtà, nel loro cuore, molti di quegli uomini la disapprovano.
Ellroy ci disegna l’America in guerra, ma ci mostra l’altra faccia della medaglia.
Un’America che, incupendosi, rende luminosi i limiti dell’essere umano, che si lascia facilmente andare al razzismo indistinto e ad istinti animaleschi.
All’immagine degli eroici Alleati che intervengono coraggiosamente per porre fine alla follia nazi-giapponese, si contrappone l’immagine di un’America vista dall’interno, dal retroscena, fuori dai tanto decantati campi di battaglia. Forse lo scenario sarà un po’ meno sanguinoso, ma vi assicuro, è decisamente più cupo e oscuro.
“L’apocalisse imminente non è colpa nostra. Noi siamo stati buoni cittadini e non sapevamo che sarebbe giunta.”
Indicazioni utili
Noir.
Romanzi incentrati sulle guerre mondiali.
Recensione Utenti
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Perfidia
Invece di proseguire attraverso le perigliose ma stimolanti acque degli anni Settanta, la rivisitazione ellroiana della storia novecentesca degli Stati Uniti fa un improvviso salto all’indietro andando a seminare le radici di ciò che conosciamo già. Ecco allora questo librone di quasi novecento pagine – peraltro annunciato come l’inizio di una seconda quadrilogia di Los Angeles – che prende le mosse pochi giorni prima di Pearl Harbor e si conclude entro la fine del 1941. Uno dopo l’altro entrano in scena i personaggi che sono protagonisti soprattutto della prima quadrilogia (su tutti Dudley Smith e Bill Parker), ma che compaiono anche nella triologia intitolata Underworld USA (vedi la piccola parte di Ward Littell) per un cast complessivo a causa del quale, se in appendice non ci fosse una guida ragionata, il lettore rischierebbe seriamente di perdersi pure se è un affezionato dell’autore come il sottoscritto (in fondo, la lettura di ‘Dalia nera’ e seguiti data ormai a decenni fa). Come è consuetudine di Ellroy, le figure storiche si intrecciano con quelle di fantasia allo stesso modo in cui lo scorrere degli eventi conosciuto viene lentamente considerato sotto un punto di vista differente grazie alla contaminazione con ciò che è solo immaginato: l’inizio della guerra e la crescente isteria antigiapponese che porterà all’internamento si intersecano con le indagini sull’omicidio solo all’apparenza rituale di una famiglia di origini nipponiche a sua volta collegato con un piano di speculazione edilizia. Come se non bastasse, al tutto si aggiungono rivalità tra bande cinesi nonchè tra cinesi e giapponesi, il tentativo di incastrare un gruppo di ‘comunisti’, le immancabili lotte di potere all’interno di una polizia corrotta e violenta (in cui il buon Dudster ne combina impunito di ogni, ma gli altri non sono poi da meno) e le vicende di una ragazza del Midwest che attira uomini come il miele fa con le mosche. Il diario di Kay Lake, che ne racconta l’evoluzione, è peraltro una piacevole variazione sul tema – già in parte avvistata in ‘Il sangue è randagio’ – che porta la voce di una donna che, pur essendo tutto meno che una santa, finisce per far contrasto all’interno di un universo essenzialmente maschile in cui dominano gli aspetti negativi propulsi da un forsennato miscuglio di testosterone, avidità e benzedrina. In poche parole, il ben conosciuto mondo narrativo che lo scrittore losangelino è andato costruendo negli anni e, in special modo, con gli ultimi romanzi grazie a una lingua ritmata e senza fronzoli in cui si sviluppano dialoghi tanto serrati che paiono sempre tesi a esasperare le caratteristiche del noir, al punto che a volte lo scrittore esagera con le ellissi lasciando disorientati pur in un quadro complessivo in cui l’ossessività degli ultimi volumi risulta attenuata (a meno che non si tratti di un problema di traduzione). Se il periodare è meno assillante, l’umanità che viene raccontata è vista con il solito sguardo profondamente pessimistico che descrive i rapporti tra i personaggi segnati da violenza (molta violenza) e prevaricazione: il quadro plumbeo variegato rosso sangue è assicurato, ma l’effetto, a volte, lambisce pericolosamente i confini della caricatura involontaria, come nella Hollywood dipinta quale una sentina di pervertiti senza possibilità di eccezioni. Tra le conferme ellroyane può essere messo anche il finale forzato e non particolarmente eccitante, ma è ormai da un po’ che per lo scrittore gli scioglimenti delle intricatissime trame risultano meno importanti dello sviluppo delle stesse: problema meno grave, comunque, dell’eccessivo affastellarsi in poco più di venti giorni (e notti, qui nessuno dorme mai) di una serie di eventi non sempre brillanti o significativi. Insomma, Ellroy ha scritto di meglio e ‘Perfidia’ soddisferà soprattutto i vecchi tifosi senza però riuscire a reclutarne di nuovi: però lo sciupafemmine (pure troppo) Dudley Smith va assumendo una dimensione da ‘villain’ contrastato assai coinvolgente e sarà interessante vedere quel che succederà alla prossima puntata.