Orient
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Un ospite ambiguo
Ambientato in una cittadina ad est della metropoli di New York, caratterizzata da uno stile di vita decisamente più semplice, questa storia porta l’attenzione sulla vita sregolata e un po’ ribelle degli artisti, sulla complessità dei legami familiari, che siano o no di sangue, ma soprattutto ruota attorno alla paura dello straniero, dell’intruso all’interno di una comunità che sembra compatta, anche se tutto è fuorchè unita come vuole apparire. Nella cerchia chiusa di questa piccola comunità è facile puntare il dito contro colui che non le appartiene, ma la realtà è diversa da come sempre. Attraverso uno stile davvero troppo lento e noioso, si arriva ad un crescendo finale che mi ha permesso di rivalutare un po’ la costruzione narrativa, un colpevole inaspettato, un movente che era molto latente fin dall’inizio, una corsa finale che vale il riscatto di una vita.
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Orient ovvero la Peyton Place del XXI secolo?
Orient è una cittadina americana posta all'estremità orientale di Long Island, sulla North Fork. Dista poco più di cento miglia dalla tentacolare New York, ma se ne distacca anni luce per mentalità e stile di vita. Dove la grande metropoli è cosmopolita, poliedrica, tollerante e aperta ad ogni possibile esperienza, Orient è chiusa, provinciale, pettegola, gretta, invidiosa. Contrasta con astiosa ferocia ogni tentativo volto ad alterarne lo status quo, vecchio di secoli. Per tale motivo la comunità è ostile agli abitanti di recente arrivo. In particolare disprezza gli artisti d’avanguardia ed i ricconi che hanno acquistato le vecchie, tradizionali abitazioni della zona, spesso pagandole somme assurde, al solo fine di trasformarle in lussuose e stravaganti residenze estive. Odia il turismo fracassone e spendaccione che essi hanno importato. Aborrisce tutte le novità: anche l’acquedotto pubblico è duramente osteggiato dal Comitato storico poiché invoglierebbe i turisti newyorkesi a trasferirsi lì. Inoltre è terrorizzata dai Laboratori di ricerca statali sulle malattie animali. Situati sulla vicina isola Palm sono incolpati di tentare spaventosi esperimenti che rischiano di inquinare definitivamente l’incontaminata natura dei luoghi inondandola di mostri geneticamente modificati.
L’opinione pubblica di Orient trova un nuovo obiettivo per i suoi sospetti e rancori quando Paul Benchley ritorna ad abitare nella vecchia abitazione della madre, da poco defunta. Lui è uno stimato e conosciuto architetto vissuto per tanti anni a New York, ma viene accompagnato da uno strano ragazzo dall'oscuro passato. Mills Chevern (così si fa chiamare) proviene da Modesto, California. Abbandonato alla nascita, ha alle spalle una lunga, triste storia di affidi temporanei. A New York era finito in un brutto giro di alcool e droga. Come aggravante è pure omosessuale. In realtà nessuno di questi fatti è di dominio pubblico, ma i vecchi abitanti di Orion, guidati dalla velenosa Pam Muldoon (suo marito Bryan è autorevole membro del Comitato storico), si coalizzano contro il ragazzo per il solo fatto di essere estraneo a Orient e, peggio, di venire dalla costa occidentale. A provare simpatia per Mills c’è solo Beth Sheperd, artista figurativa nativa di Orient, fuggita da Manhattan a causa delle feroci critiche alle sue opere. Ad Orient sperava di ricostruirsi la vita al fianco del marito Gavril, stravagante performer rumeno. Voleva dedicarsi alla famiglia, fare un figlio. Ma l’ambiente chiuso a cui non è più abituata la soffoca, perde ogni certezza, anche sulla maternità che, però, pare finalmente giunta. Così cerca la compagnia del ragazzo il quale, del resto, solo con lei si apre.
Nel frattempo cominciano a morire misteriosamente molti degli abitanti storici di Orient. Per primo tocca al factotum che curava tutte le manutenzioni ad Orient. Jeff Trader è annegato nella baia, ma forse era ubriaco come suo solito e non è stato in grado di liberarsi da una fune di pescatori che gli si era avvoltolata attorno ai piedi.
Poi, però, muore anche Magdalena Kiefer presidentessa del Comitato storico. La donna aveva sollevato dubbi sulla morte di Jeff. Tuttavia aveva pure ottantatré anni, soffriva di cuore ed è stata punta molte volte dalle sue api.
Infine tutta la famiglia Muldoon soccombe in un devastante incendio che distrugge la loro casa. A quel punto ogni dubbio cade perché l’incendio è stato chiaramente doloso. Il terrore serpeggia in paese. E chi può mai essere il misterioso assassino se non l’enigmatico Mills che, tra l’altro, aveva litigato proprio con Pam la quale lo accusava di avere una cattiva influenza sul figlio Tommy?
Mentre ci vengono descritti con cura e attenzione gli abitanti di Orient, nei loro pubblici meriti e nei loro reconditi ed innominabili vizi e peccati, il thriller scivola pigro verso una lenta escalation sempre più drammatica e cruenta.
Il romanzo di Christopher Bollen è uno strano ibrido. Sotto le spoglie ufficiali di una vicenda noir si cela un romanzo di indagine sociale che si dilunga nella descrizione di una provincia americana pettegola e conservatrice, ancorata ai suoi vecchi miti, che rifugge da qualsiasi cosa possa intaccarli.
Due sono i bersagli principali dell’A.: il primo è, appunto, il perbenismo gretto che, sotto la scusante di difendere i morigerati costumi del passato, in effetti coltiva odi, razzismo e discriminazione nei confronti del “diverso”. Il secondo obiettivo, preso di mira con salace ironia, sono i cosiddetti artisti d’avanguardia che riescono a spillare soldi ad investitori creduloni sulla spinta di mercanti d’arte privi di scrupoli che spacciano per opere d’arte macchie di catrame bulbose, molle di divano appiccicate a casaccio su una tela o schizzi di sperma su un lenzuolo.
Il romanzo procede lento e metodico, attento alla descrizione delle situazioni, dei paesaggi e dei sentimenti dei protagonisti più che alla trama thriller che, per la maggior parte delle pagine, ammicca dietro le quinte. Talvolta questa sua lentezza rende un po’ faticosa la lettura, soprattutto nelle pagine iniziali, quando l’affastellarsi di sempre nuovi personaggi con le loro storie personali rende difficoltoso al lettore ambientarsi nella chiusa comunità di Orient. Poi la narrazione si fa più sciolta. Una volta presa familiarità con gli abitanti, si partecipa con morbosa curiosità alle loro piccole, spesso sporche vicende. Nei capitoli finali anche la vicenda gialla si fa coinvolgente fino a subire una improvvisa ed inattesa accelerazione nelle ultimissime pagine che trasmettono un trascinante pathos.
Appena un po’ deludente la conclusione, del resto già preannunziata in prefazione. Tuttavia si deve riconoscere che l’epilogo appare tristemente aderente alla vita reale molto più di quanto lo siano le normali storie poliziesche.
Lo stile dell’A. è estremamente ricercato ed elegante al punto che alcune frasi, alcune metafore, alcune descrizioni sarebbero degne di essere estrapolate dal testo: per la loro forza espressiva ed evocativa, infatti, meriterebbero di essere ammirate nella loro autonoma bellezza.
Molto efficace e, per quanto è dato di comprendere, ben documentato e vivo è l’affresco che ritrae la società provinciale americana tanto lontana sociologicamente dalla più nota e documentata popolazione delle grandi metropoli. L’A. commette un lieve scivolone quanto passa alla descrizione di ambienti e situazioni europee. Qui, purtroppo, mostra la sua assai più scarsa conoscenza della nostra realtà incappando in fastidiosi luoghi comuni e in palesi anacronismi e contraddizioni. Tuttavia considerando il romanzo nella sua essenza di opera integralmente di fantasia (anche Orion, si suppone, non è come ci viene descritta) lo si può ritenere un peccato benignamente perdonabile, visto che un romanziere non è schiavo dalla pedante riproduzione della verità.
In conclusione si tratta di un ottimo romanzo, forse un po’ troppo lungo, ma sicuramente da leggere ed apprezzare.
Per l’angolo del pignolo debbo sollevare alcune critiche all'editing: il numero dei refusi, per un volume composto nell'epoca del digitale, è alto in modo imbarazzante. Non è impeccabile, poi, la traduzione che talvolta incespica pure sull'italiano. Peccato!