Ogni nostra caduta
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Recensione della Redazione QLibri
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Il nocciolo vuoto
Chi siamo? Cos’è che definisce il nostro io, la nostra coscienza? Come è possibile cambiare, e rimanere gli stessi? In fondo, si può dire che siamo tutti impostori e bugiardi, almeno in parte? E se è così, che cos’è veramente la menzogna? E l’onestà? E che dire del coraggio?
Non soltanto narrativa crime, non soltanto un ritmo che trascina, non soltanto approfondimento psicologico, non soltanto critica (aspra e senza sconti) delle crudeltà e dei miti contemporanei... questo romanzo è molto di più. Romanzo di formazione, tanto per cominciare: il lettore cresce, cerca, soffre, crea, cade e risorge insieme alla protagonista, ne condivide le disillusioni e le scoperte, e soprattutto si pone le stesse domande.
Una storia che, oltre ad aprire interrogativi, azzarda pure qualche risposta, senza timore di annoiare o distrarre. Una storia con personaggi forti, complessi, stupefacenti, che sembrano fatti apposta per schernire luoghi comuni e stereotipi. Una vicenda di bruschi cambiamenti ed eterni ritorni, di riflessioni e d’azione, che riflette la disarmonia della vita piuttosto che tentare di ordinarla intorno a una struttura dalle simmetrie suggestive.
Il romanzo si divide in due parti, che coincidono con due tempi ben distinti ritagliati nella vicenda della protagonista, ma presente e futuro narrativi si inseguono in cerchi sempre più stretti, fino a raggiungere al nocciolo finale che include in un solo continuum temporale l’intero personaggio, dalla nascita alla morte più volte sfiorata ed evitata, eppure sempre presente. La morte, infine, risulta soltanto uno tra i tanti cambiamenti, di certo non il peggiore, ma unico e definitivo (così pare).
Una scrittura magistrale per un romanzo che mescola in modo originale e con disinvoltura azione e riflessione, tessendo un romanzo non semplice, talvolta contorto in collegamenti e citazioni, comunque ben funzionante, come un organismo vivo. Un’opera molto ambiziosa, in cui non mancano i difetti: come in gran parte della narrativa crime, la verosimiglianza latita, tra personaggi ben delineati spunta qua e là qualche macchietta, temi complessi si esprimono in sintesi non sempre icastiche; ma è anche un’avventura da cogliere al volo, adatta a lettori esigenti e amanti della contaminazione.
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Passato, presente futuro: enigma irrisolto
Quale senso d’ identità sembra appartenerci? È il tema che percorre e percuote l’ intero romanzo, diviso in due parti e con due facce distinte, indipendenti, un’ unica protagonista, ed un dubbio che si insinua e ritorna: conosciamo veramente noi stessi, l’ origine delle nostre paure, i nostri desideri repressi, e chi sono realmente le persone che ci vivono accanto, e possiamo fidarci di loro? Che cosa si nasconde oltre l’ ovvio mostrarsi, e quando la vita sembra avere raggiunto maturità ed inclusione, quale verità e dubbi si celano, e possibili improvvise rivelazioni funeste?
Questo è il viaggio di Rachel, la giovane e fragile protagonista da sempre vittima di solitudine affettiva, forti ed ingombranti presenze ( la madre Elisabeth ), assenze misteriose e protratte ( un padre sconosciuto ).
Semplici volti che continuano a guardarla da una foto e che paiono irriconoscibili, in preda a follia egocentrica, mentre lei si è spinta in una dolorosa ricerca, protratta ed infruttuosa, per ritrovarsi come sempre … “ sola, riflessa in un vetro, dal lato sbagliato dello specchio “….
Un’ infanzia difficile, il tentativo di uscirne affrontando una lenta rinascita ed una escalation lavorativa, un matrimonio apparentemente tranquillo, ma un passato che inevitabilmente le mostra la propria costruita fragilità inabissandola in solitudine affranta, travolta da attacchi di panico e dipendenze funeste.
Attorno a Rachel la paura di rivivere quei momenti ed il terrore che, come era sempre successo, tutti prima o poi scomparissero.
Poi l’ incontro con Brian, la crescita della conoscenza, una certa affinità qualitativa ed un neologismo , “ fiducia “, sinonimo di ottimismo, presenza e di una vita alle porte.
Ma quale il legame tra fede ed incredulità, verità ed inganno, ragione e sentimento? Un incontro casuale, in un freddo pomeriggio invernale, può celare e rivelare verità nascoste capovolgendo speranze e certezze.
Basta poco per annullare il quotidiano mostrarsi e per rigettare persino chi abbiamo avuto per anni vicino, immagine distorta e nemico inatteso, almeno nella nostra testa, o forse è semplicemente il nostro passato a riconsegnarci un incubo già vissuto.
Ecco l’ inizio di un’ altra storia, un thriller dai contorni indefiniti a ribaltare relazioni e personaggi, trasfigurati e cangianti. E l’ epilogo respira di una sensazione già vista, una palese difficoltà per Rachel di affrontare la vecchia e nuova se’, memore dei cambiamenti riguardanti le persone che nel tempo hanno attraversato la sua vita, toccandola, sfiorandola, modificando se stessi e la propria versione di se’, per poi intraprendere altre strade e divenire qualcun altro.
La lotta tra la vecchia e la nuova Rachel è ancora in fieri senza una reale fine ed un luogo famigliare dove andare e fermarsi, per il momento costretta ad adattarsi alla fragilita’ e volubilità delle circostanze.
Un Lehane certamente diverso dai tempi e dalle ambientazioni di Mystic River. Una protagonista femminile, assoluta novità, ed una mescolanza ed alternanza di generi.
Una prima parte a sfondo psicologico, a sondare il complesso universo personale e famigliare, una seconda parte prettamente di azione, con ( pochi ) colpi di scena e cambi prospettici.
Al di là’ di una trama un po’ scarna ci si sofferma sulla definizione dell’ identità dei personaggi, e la ricerca di un colpevole è alimentata e preceduta dalla conoscenza di se’.
Forse un po’ tutti siamo e vittime e carnefici ed il male un po’ sembra appartenerci, nessuno ne è esente, come le grandi menzogne che si nascondono dietro verità apparenti. Sicuramente siamo fragili ed insoddisfatti, maschere di identità diverse e piuttosto complesse.
Tratti descrittivi in eccesso, definizione non ottimale di alcuni personaggi, un finale un po’ affrettato e non memorabile per un Lehane non propriamente ispirato ma pur sempre degno di lettura ed ascolto.