Non l'ho mai detto
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Opinioni inserite: 3
Buono, Cattivo, Cattivello
Tutto ruota attorno a questa formula, un ricordo che emerge da una seduta ipnotica, senza motivo e senza che Amber, la protagonista di questo giallo, ne conosca lei stessa l’origine ed il significato. E’ un ritornello che diventa quasi un’ossessione per tutta la lettura, in quanto fa da sottofondo ai giorni, pervasi dall’inquietudine e dalla paura, in cui ci ritroviamo catapultati. L’incipit del libro è buono, ma entri talmente tanto lentamente nella storia che, se non avessi letto la trama prima, capiresti poco. Amber non risulta un personaggio gradevole, forse più per lo stile con cui viene raccontata: tantissimi, troppi dialoghi interiori ed un’autoironia, un po’ troppo accentuata, che diventa quasi fastidiosa. La casa di Jo, con una quantità impossibile di persone, aumenta la confusione dei personaggi e dei ruoli. Le vicende private dei poliziotti e dell’ipnoterapista complicano inutilmente l’inanellarsi della vicenda. Quello che però mi ha più colpito, in negativo, è il capitolo finale in cui viene spiegato, da parte del poliziotto che l’ha scoperto, il movente del doppio delitto, perché più che non un capitolo illuminante, che incatena e collega e motiva eventi come mai avresti pensato, mi è sembrato un autocompiacimento dell’autrice proprio per aver scovato qualcosa di assurdo ed i modi più strambi per concatenare questo qualcosa di assurdo a tutto ciò che hai letto in precedenza. Senza la sua penna, nessun poliziotto, sono sicura, ci sarebbe mai arrivato. E’ un libro che mette in evidenza le contorsioni della psiche che sono un tratto distintivo dei suoi romanzi, così come i titoli che genericamente iniziano con un “non”, ma devo ammettere che, eccetto per le figure delle due bambine pseudo-adottate, che sono i personaggi a mio avviso meglio riusciti, soprattutto per come viene raccontato il rapporto fra le due, per dirla alla maniera dell’autrice, “non mi è piaciuto e non lo consiglio”.
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Ma che delusione
Mi hanno parlato molto bene della scrittrice Sophie Hannah, così mi sono deciso ad acquistare il suo ultimo lavoro "Non l'ho mai detto".
Dalle prime pagine ho come l'impressione che più che un thriller sia un giallo/noir.
Proseguendo con la lettura mi ritrovo spesso a leggere le stesse cose, sì sì sono decisamente delle ripetizioni, ma non pochi accenni a quanto già scritto, ma intere pagine di ripetizioni, come se l'autrice ritenesse i suoi lettori dei pesci rossi...
Da pagina 60 circa la sviluppo del libro appare scontato, chi oltre al colpevole poteva esserlo?
Onestamente da un giallo mi aspetterei più suspance più coinvolgimento del lettore, un insieme di più scenari possibili, non una sequenza di riproposizioni interminabili della stessa teoria.
Sconsiglio a chiunque questa lettura, da parte mia l'ho ritenuta una perdita di tempo.
Perchè sui libri non esiste la clausula soddisfatti o rimborsati?
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Nuovo romanzo, vecchie impressioni
Qualche mese fa scrissi una recensione sul primo libro letto di questa autrice, dall'accattivante titolo di " Non è mia figlia".
Dissi che erano buoni i presupposti di partenza ma le tante idee, ottime per un giallo, erano rimaste intrappolate in una narrazione piuttosto scialba e priva di personaggi degni di nota.
A distanza di qualche mese ho voluto dare una nuova chance a Sophie Hannah e verificare se con questo nuovo romanzo fossero stati fatti dei passi in avanti.
Di seguito le mie impressioni.
In " Non l'ho mai detto" ritroviamo una trama che ha tutte le carte in regola per destare la massima curiosità nel lettore, accompagnandolo, mano per mano, in un giallo più che avvincente.
Amber Hewerdine convive con una domanda che la tormenta dal lontano 2003. Perché mai quattro membri della sua ampia famiglia scomparvero, mentre si trovavano raccolti per i festeggiamenti natalizi in una splendida villa del Surrey? Perché , ritornati improvvisamente la sera, non vollero dare spiegazioni? Perché nessuno ha mai voluto in dieci anni parlare di quel fatto? E' forse per questo che soffre ormai di una invalidante insonnia? C'è un qualche collegamento con la morte della sua migliore amica Sharon?
E' evidente che quel pizzico di brivido e di curiosità necessario per far decollare un romanzo giallo ci sia tutto. E posso anche affermare che per oltre la metà del libro la curiosità non fa che crescere, nutrita da una giusta dose di indizi ed eventi ben congegnati.
Tuttavia anche questa volta la magia non dura a lungo.
Nella seconda parte il filo logico del racconto sembra spezzarsi, la trama diviene meno lineare e molto introspettiva, alcune scene appaiono del tutto superflue , addirittura noiose, e a risentirne e il gusto nella lettura.
Non c'è più nulla che trasmetta un qualche brivido, una qualche emozione forte. Le parole scorrono, rimane l'interesse per sciogliere i nodi della vicenda, ma nulla più.
A mio parere il climax discendente che sembra colpire, purtroppo, i romani della Hannah vanno attribuiti soprattutto nell'incapacità di gestire a lungo personaggi interessanti.
La coppia di detective che segue il caso è detestabile, irritante per incompetenza oltre che priva di un minimo di charme.
Al contrario, la protagonista è forse l'unico soggetto che mi ha incuriosito. Amber è consumata dal desiderio di risolvere il mistero che circonda la sua famiglia, ma non sa come fare se non scavare, a vuoto, nei propri ricordi. Il confine tra curiosità, paura a follia sembra essere labile.
Peccato che tutto ciò venga solo fatto sentire l'odore.
Emergono le paure di Amber ma non le risposte ad esse, emerge una personalità complessa, anche in relazione con la propria dimensione affettiva, che però non si riesce ad afferrare.
Si termina il libro e ci si rende conto che molto di più si poteva dire.
Una lettura senza infamia né lode.
Non credo che ci sarà una terza possibilità.