Nel tunnel
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Danny Katz
Stoccolma. Jorma Hedlund se lo sentiva sin dall’incontro con il mediatore che qualcosa in quella rapina ad un portavalori non quadrava. E purtroppo non si sbagliava, l’esecuzione in diretta di Zoran, vecchia conoscenza del protagonista, non è altro che una conferma del fatto che i suoi sospetti e timori erano ben fondati.
Al contempo il quarantaquattrenne Danny Katz, ex eroinomane “pulito” da ben dieci anni mago delle lingue e dell’informatica, occhi scuri, capelli corvini e lineamenti alla Keith Richards solcati dai segni di una vita passata per strada, rincontra Ramon, tossico improvvisato pusher, che insieme alla sua ragazza Jenny, gli propone di assaggiare il nuovo prodotto che ha tra le mani. Katz resiste al “richiamo” ma inevitabilmente finisce col chiedersi come i due si siano trovati tra le mani un tale quantitativo di droga. Non fa in tempo però a trovare una risposta al quesito che il rumeno viene rinvenuto morto di overdose (volontaria? Qualcosa non torna nella scenda del delitto, Danny è ben consapevole di ciò) e della ragazza si perde ogni traccia.
Allo svedese non resta altro che indagare e per sbrigliare la matassa non può far altro che contattare Eva, procuratrice, a cui è da sempre sentimentalmente legato. Più le indagini vanno avanti e più il mistero si infittisce portando l’uomo ad abbracciare una pista oscura che ha a che vedere con “Il tunnel”. Da mesi, infatti, una serie di donne, prostitute ed eroinomani, svaniscono nel nulla e della loro sparizione nessuno si preoccupa in quanto invisibili, in quanto ultimo gradino di una società perbenista dedita alle apparenze.
Ed è in questa ricerca che le strade dei tre protagonisti si incrociano in quella che è una rete basata su pornografia, prostituzione, droga e violenza dove le donne sono trattate peggio che del bestiame. Brutalità dalle quali non sono esenti nemmeno i bambini, sia chiaro.
Con “Nel tunnel” sequel de “il bambino ombra”, torniamo a conoscere delle avventure di Danny Katz, eclettico personaggio nato dalla penna di Carl Johan Vallgren. Il romanzo si presta ad una lettura rapida poiché caratterizzato da uno stile fluente, libero, semplice e da una trama intuibile ma sufficientemente ben costruita. Pagina dopo pagina, invero, l’autore ricompone i tasselli della vicenda seguendo uno schema logico-lineare che fa si che chi legge sia incuriosito dallo sviluppo dell’intrigo seppur, appunto, né anticipi l’epilogo.
Grande pecca del testo è l’eccesso. Nel voler descrivere una Stoccolma cupa, degradata e ben diversa dalle apparenze, Vallgren ha calcato un po’ troppo la mano tanto che lo scopritore letterario fatica a concretizzare detta realtà. Per l’effetto, artefatte risultano essere anche la violenza, la criminalità e il consumo di droghe descritte. E’ il classico caso di chi “nel voler far troppo” rischia di rovinare quella che era una buona base di partenza. Lo scrittore, difatti, avrebbe potuto ottenere il medesimo risultato – e forse anche qualcosa di più – con molto meno.
Consigliato agli amanti del genere e a chi cerca un elaborato non troppo impegnativo che si conclude in massimo un paio di giorni.
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