Mysterious Skin
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Il futuro è un premio di consolazione
Mysterious Skin – Scott Heim, 1995 (pubblicato in Italia nel 2006).
SPOILER (lieve, ma presente).
«"Se fossi stato un vero rockettaro nichilista - se avessi creduto davvero nei vestiti neri e nei capelli tinti, nella passione per i teschi, le croci e i cimiteri in rovina, o nella malinconia e nel pessimismo dei testi della canzoni dei miei gruppi preferiti - questo sarebbe stato il momento giusto per impiccarmi. I miei genitori erano tre metri sotto terra. Neil, in un certo senso, era insieme a loro. Presi il mio diario, scarabocchiai una figurina che pendeva da un cappio e meditai dieci minuti sulla metafora più adatta per descrivere cosa mi riservava il futuro.
Alla fine decisi per "Il mio futuro è un premio di consolazione."»
Non avevo mai sentito parlare di questo libro, né di questo autore fino a poco tempo fa. Galeotto, come spesso accade, fu un gruppo di lettura, una recensione ispirata e via.
Ambientato in Kansas, nella piccola cittadina di Hutchinson – luogo natio dell'autore - nel granaio d'America, in un paesaggio piatto ed uniforme.
Come trovo assolutamente disturbante la pianura, allo stesso modo ho trovato disturbante questo libro. Disturbante come certi graffiti sui muri. Come certo slang giovanile. Come certe manifestazioni di abbigliamento, acconciature, fede calcistica o alimentare. Disturbante come molte cose che si conoscono, ma si preferirebbe di no, come ci insegna Bartleby.
Durante la lettura, il libro – e le vicende dei protagonisti – ti appassionano, ma contemporaneamente vorresti metterlo giù, dimenticarlo sul treno e non saperne più niente.
Poi lo finisci, lo lasci decantare per qualche giorno e, alla fine, sei solo contenta di averlo letto.
La trama si articola in tre macro parti, definite mediante un colore e un preciso momento cronologico; i capitoli hanno il nome delle diverse voci narranti e le voci narranti sono quelle dei protagonisti e dei co-protagonisti della vicenda.
Apriamo con il piccolo Brian Lackley, di otto anni, che si ritrova rintanato nella cantina di casa durante un furibondo temporale.
E con cinque ore della sua vita che mancano all'appello.
Cinque ore di cui non ricorda nulla.
Era in panchina, durante la partita di baseball della sua squadra, e si ritrova dolorante, accucciato nella cantina di casa. Si accorge di aver perso del sangue dal naso. Chiama la sorella maggiore e chiede della madre, che non è ancora tornata dal lavoro. C'è il padre, ma Brian non lo vuole ed attende la mamma. La sorella Deborah finisce il suo solitario con le carte.
Al suo ritorno la mamma fa il bagno a Brian e cerca di farsi raccontare cosa sia successo.
Se si sia fatto male durante la partita.
"Forse."
Se la mamma di qualche compagno di squadra lo abbia accompagnato a casa.
"Credo di sì."
Il capitolo successivo si intitola "Neil McCormick".
Ed è Neil a raccontare.
Neil ha l'età di Brian, e gioca nella sua stessa squadra. Ma diversamente da Brian, Neil gioca, non sta in panchina; diversamente da Brian, Neil a baseball è un piccolo campione. Diversamente da Brian, Neil non è vittima dei bulli, ma anzi, sa come farsi rispettare
Neil non ha un papà, ma una mamma un tantino sopra le righe.
E inoltre Neil è innamorato.
Dell'allenatore della squadra di baseball. E anche l'allenatore lo ama.
Così racconta Neil.
E poi c'è Wendy, che diventa amica di Neil e vorrebbe solo andare via da Hutchinson e da tutto quello che conosce e che le è familiare: " Era il settembre del 1983; a dodici anni avevo fatto mio quell'atteggiamento antisociale, del quale non mi sarei mai più liberata. Ciò che piaceva ai miei compagni di Hutchinson, mi sembrava totalmente idiota: braccialetti di gomma fluorescenti, soprannomi stampati sul retro delle T-shirt, o lecca lecca illegali di tequila con dentro un vero verme morto cristallizzato."
Ed infine c'è Erick. Che vive con i nonni perché i genitori sono morti in un incidente stradale. Che ha i capelli tinti, l'eye liner ed è un rockettaro nichilista. Ed è innamorato di Neil. Lui sì, davvero.
Ma per un'importante parte della sua vita, Neil sarà davvero convinto dell'amore dell'allenatore.
Brian, invece, penserà di essere stato rapito dagli alieni, per spiegare le sue cinque ore di black-out.
Neil comincerà a vivere una vita sessuale disordinata, prostituendosi ed Erick, Wendy e sua madre cercheranno di stargli dietro come possono.
Infine, nella maniera più improbabile, Brian scoprirà di non essere stato rapito dagli alieni e sarà proprio Neil ad aiutarlo. Analogamente Brian aiuterà Neil.
Non voglio spoilerare troppo, perché lo scioglimento della trama è molto bello (come il resto del libro) ed è meglio leggerlo. Inoltre "il finale" non aggiunge molto alle riflessioni che si possono fare sulla storia.
La parte "disturbante" e quella più terribile del libro è proprio quella in cui viene descritto come il piccolo Neil vive il rapporto con il l'allenatore. Restituisce esattamente quello che deve provare un bambino così biecamente e subdolamente ingannato da una figura per cui prova ammirazione ed affetto. Lavoro da tanti anni con i bambini e quello che ti colpisce sempre, con loro, è l'essere "nuovi". Tu li vedi senza capelli in un corridoio d'ospedale che cercano di andare in triciclo attaccati alla flebo. Le prime volte maledici dio perché è innaturale che un bambino debba soffrire (e morire) così. Poi a dio smetti di crederci, però continua a sembrare innaturale.
Però è innaturale per te che sei adulto e ci ragioni sopra. In genere il bambino pensa al suo triciclo e a non far cadere la flebo per terra. Non è che non soffra e non pensi. Ma quella realtà conosce e a quella si adegua. In questo senso è "nuovo".
E in questo, secondo me, c'è la straordinaria "forza" dei bambini.
Vivono la realtà in cui sono, e magari sbirciano un adulto di riferimento, per capire quello che succede, quando sono in difficoltà.
È da questo punto di vista che il racconto di Neil è così lacerante.
Perché l'allenatore gli dice che è il suo bambino preferito, che hanno un segreto, che vuole bene solo a lui etc.
E Neil ci crede.
Quella banconota che gli mette in mano quando ha finito di usarlo, è una sorta di pegno, del segreto fra di loro.
Questo gli dice l'allenatore, Neil è "nuovo" e quindi ci crede. E forse inconsciamente comincia a non avere considerazione ed amore per sé esattamente come non ne aveva avuto l'adulto di riferimento. Sarà un altro trauma brutale a permettere a Neil di vedere chiaramente quello che era successo nei pomeriggi prima delle partite della sua infanzia. E ad aprire – forse – ad uno spiraglio di speranza, di amicizia, di relazioni "sane".
Il tema è indubbiamente forte, ma io mi sento di consigliarlo.