Musica dalla spiaggia del paradiso
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Recensione della Redazione QLibri
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MARCHINGEGNI NON LUBRIFICATI
Lindqvist, emulo di King, sembra condividerne la medesima visione del male come scaturigine della psiche umana: la vita è un susseguirsi di traumi, insuperabili, provocati dall’insania altrui o dalla propria. Se incerta è l’esistenza di un Dio salvatore e redentore, sicuro è invece il potere del demone misterioso che, preso possesso delle anime, ne deturpa l’innocenza, e trasforma tempo e spazio in un delirio caotico, un ammasso confuso di sensazioni, ricordi ed emozioni che gradualmente conducono chi ne è preda alla follia. Se cosi non fosse, però gli esseri umani sarebbero «marchingegni ben lubrificati» le loro azioni sarebbero prevedibili, pertanto calcoli e simulazioni sostituirebbero letteratura ed arte. Da questo punto di vista “Musica dalla spiaggia del paradiso” è un romanzo fin troppo esemplare: un gruppo di ospiti di un campeggio vicino Stoccolma si trova all’improvviso in un luogo che rimanda a una realtà “altra”, irriconoscibile per gli occhi umani. Non ci sono alberi né sole, piove fuoco, strane creature la popolano e all’estremità dell’orizzonte una parete nera richiama e inghiotte chi vi entra. A dire vero, via via che leggi, ti addentri nelle turbe, descritte con dovizia di dettagli, dei vari personaggi, e la metafora si fa trasparente: la landa raccapricciante, il locus horridus, non è altro che l’interiorità disturbata di ciascuno di loro. Tutti rivedono li in forma di allucinazione le tracce di un passato di dolore e violenza; le canzoni degli Abba e del cantautore svedese Peter Himmerlstrand ascoltate ripetutamente alla radio fanno da controcanto, beffarda rievocazione di idilli illusori o perduti. E’ soprattutto la famiglia a generare mostri: nessuno delle vittime del “paradiso” vi si trova senza la compagnia di un coniuge/compagno odiato o disprezzato o non accettato fino in fondo. Significativo è il fatto che la figura più inquietante sia una bambina, Molly, che di quell’inferno sostiene di essere il frutto. La madre, una modella bellissima e nevrotica, stanca di lei, l’ha abbandonata in un tunnel buio dove ha subito la metamorfosi che l’ha trasformata in qualcos’altro. Come dimostra la coppia di contadini omosessuali neppure la purezza e la scoperta di un amore ricambiato salva: a chi si è limitato a negare per anni se stesso, senza nuocere ad altri, resta almeno l’unica consolazione di un attimo di dolcezza prima del precipizio.