Missione Eagle
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Guerra Fredda e Popcorn
Scritto nel 84 e pubblicato in Italia diversi anni dopo per molti aspetti Missione Eagle può essere considerato il seguito di Salto nel Buio, un seguito indiretto. Personaggi, situazioni e dinamiche infatti sono simili ma l'atmosfera ahimè no. Se nel primo la vicenda, che verte sulla tensione tra Stati Uniti e Canada, non ? nient'altro che un riflesso, un rimando, alla più grave crisi con l' Unione Sovietica (crisi di cui lungo tutta la narrazione se ne avverte sì il peso, ma più appunto per le atmosfere e gli atteggiamenti dei protagonisti che per degli oggettivi concreti accadimenti) qui, in Missione Eagle, si tira in ballo la "cosa vera", la Guerra Fredda, quel complesso dissidio internazionale tra le due super potenze che in quegli anni più volte parverò sul punto (anche con futili pretesti) di far scoppiare un terzo conflitto mondiale. E tirandola in ballo (verrebbe da dire finalmente in ballo) ogni rapporto, circostanza, causa e conseguenza, che nel primo romanzo si tingeva di oscuri presagi per luce riflessa, qui diventa oggettivamente più cupa, più sinistra, e ogni atteggiamento, differenza di opinione, e di veduta, diventa più netta, marcata e se si vuole spietata. Non c'è più tempo per concederersi alle riflessioni, alle ipotesi, alle sensazioni del precedente romanzo, qui bisogna agire, bisogna fare qualcosa, bisogna porre rimedio ai fatti con i fatti altrimenti non è più solo una guerra fredda ma una guerra vera, altrimenti sono i missili nucleari, altrimenti è la fine dell' umanità! E tutto così in Missione Eagle diventa azione, e l'affascinante oscura atmosfera di Salto nel Buio, che lasciava spazio a ipotesi e dubbi, diventa la spigolosa e semplice rappresentazione da battaglia navale delle schermaglie tra due nazioni, e le incertezze diventano miopi certezze, e l'affascinante disincantato distacco dei protagonisti diventa l'implacabile (e talvolta) cieco estremismo che fa presa sulla popolazione nei momenti di crisi, un estremismo che si gonfia la bocca dei "sacri" termini di Patria, Giustizia, Ragione, senza capirne realmente il valore, senza ammettere che la difesa di tali valori è sì lecita e quanto mai auspicabile, ma lo è da entrambe le parti, lo è anche per gli altri, per quei popoli, popolazioni, uomini, che in un dato momento storico, in un preciso contesto temporale, definiamo "nemici."
Loro sono diversi, loro hanno differenti interessi, loro sono contro di noi, dunque loro sono i nemici, dunque noi dobbiamo combatterli. Forse giusto così, forse è più realistico, del resto la storia insegna che da quando esiste l'uomo vale il detto "mors tua vita mea", è la legge di natura, la legge del più forte, tuttavia narrativamente parlando (poichè non bisogna scordarsi che qui sì è comunque sempre di fronte ad un romanzo che, pur attinente alla realtà, rimane sempre il frutto della fervida immaginazione di uno scrittore), narrativamente, si viene a perdere qualcosa: è il lusso della prospettiva storica, la possibilità degli uomini di farsi un'idea più concreta e imparziale con lo scorre del tempo, grazie allo scorrere del tempo, e allo scemare delle tensioni. Pochi anni dopo la pubblicazione del romanzo sarebbe stato abbattuto il muro di Berlino, sarebbe accaduta cioè quella cosa che agli occhi di tutto il mondo avrebbe sancito in maniera più o meno allegorica e definitiva la conclusione della Guerra Fredda; pochi anni dopo già, ma in realtà era da alcuni anni che ormai se ne parlava, era da alcuni anni che ormai si respirava un clima di distensione, e di certo i dissidi tra le nazioni non erano più così accesì come dieci, vent'anni prima; dunque che bisogno c'era dell'estremismo, dunque che bisogno c'era di rispolverare per l'ennesima volta il vecchio paradigma "Usa buoni - Urss cattivi"? Magari si poteva evitarlo, magari si poteva ometterlo o anche solo celarlo all'insegna di una più interessante e imparziale prospettiva, una prospettiva magari più focalizzata sulla vicenda dei singoli (come appunto in Salto nel Buio) che su un pirotecnico ma improbabile rischio di conflitto mondiale. Ma così non è e dagli sfuocati e disincantati personaggi del precedente romanzo qui si torna ai buoni e i cattivi, agli integerrimi paladini del bene e ai sadici, e talvolta macchiettistici, ciarltani tipici della cultura del tempo.
Forse è proprio questo il problema principale di Missione Eagle, il problema che sul piano della qualità lo colloca qualche passo più indietro rispetto al precedente romanzo: che è troppo figlio della cultura dell'epoca, quella stessa cultura che voleva che se nei film il cattivone di turno era uno str... di prima categoria o un gradasso un po' stupidotto, quello doveva essere per forza Russo, quella stessa cultura che scampato ormai il pericolo esorcizzava le paure esasperando i tratti distintivi dei presunti nemici per ridicolizzarli e così riderci sopra. Forse è proprio questo il problema: che al pari di quei film (basta vedere Rocky IV o un qualsiasi James Bond dell'epoca per rendersene conto) descrive la situazione internazionale non tanto come il complesso e realistico retroscena davanti al quale si svolge una singolare vicenda, ma come un' ovvietà la cui unica cura è sfogarne la tensione caricaturizzando la stupidità di fatti e personaggi.
Troppo figlio del suo tempo, troppo figlio della cultura di un' epoca, e come gli altri prodotti di quella cultura, (di cui, intendiamoci, tutto si può dire tranne che non fosse divertente, compresi i vari Rocky e James Bond!) anche qui l'obbiettività e il realismo lasciano il posto al dogmatico eroismo dei buoni, il ragionamento e la profondità ai posticci colpi di scena, i dubbi e le incertezze alle risate al gusto di popcorn nelle sale dei cinema.
Missione Eagle insomma è un libro divertente, un "popcorn book" facile, entusiasmante, e, considerato in una certa prospettiva storico-sociale, anche interessante, ma è anche un libro che sia per respiro narrativo che per eccesso di faciloneria sarà sempre adombrato dal profondo, oscuro, fascino del precedente.