Mia cugina Rachele Mia cugina Rachele

Mia cugina Rachele

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Cornovaglia, metà Ottocento. Rimasto orfano a diciotto mesi, Philip Ashley viene cresciuto dal cugino Ambrose, uno scapolo impenitente. Per anni il loro ménage familiare scorre sereno e tranquillo e vano risulta qualsiasi tentativo da parte di amici e conoscenti di spingere Ambrose verso le gioie domestiche del matrimonio. Grande è, perciò, lo stupore di Philip nel ricevere una lettera da Firenze, dove da qualche anno Ambrose si reca a svernare per motivi di salute, in cui il cugino gli comunica di aver sposato una lontana parente, la cugina Rachele, vedova di un nobile italiano che è stato ucciso in un duello, lasciandola con un mucchio di debiti e una grande villa vuota. Quando le lettere di Ambrose dall’Italia assumono i toni sempre più confusi e drammatici di un uomo spaventato, lo sconcerto di Philip si trasforma in un’apprensione tale da spingerlo a raggiungere al più presto la città toscana. A Firenze, però, lo aspetta un’amara realtà: Ambrose è deceduto e Rachele è partita subito dopo il funerale, chiudendo la villa e portando via con sé tutti gli effetti personali del defunto. Rientrato in Cornovaglia, Philip si macera nell’odio nei confronti della cugina Rachele, che si figura come una creatura grottesca e mostruosa capace, davanti al corpo di Ambrose, di afferrare le sue cose, infilare tutto nei bauli e sgusciare via col fare di un serpente. Ma ogni certezza vacilla quando Rachele giunge all’improvviso in Cornovaglia per restituire a Philip gli averi di Ambrose. Il giovane si ritrova, turbato e stupefatto, dinanzi a una donna molto diversa da quella che ha agitato le sue veglie e i suoi sogni per mesi. Ma chi si cela, davvero, dietro quella affascinante vedova dai lineamenti belli e regolari e dagli occhi grandi?



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Mia cugina Rachele 2020-11-02 15:25:42 Cathy
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Cathy Opinione inserita da Cathy    02 Novembre, 2020
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«Rachel, il mio tormento»

L'impulso alla conoscenza, il desiderio di capire, di comprendere ciò che resta fuori dal cono di luce della chiarezza, dell'evidenza, della razionalità, appartiene a tutti gli esseri umani. A risvegliare questo istinto sopito nel giovane, ingenuo Philip Ashley è l'incontro con la moglie dello zio Ambrose, che per anni lo ha allevato da solo, dopo la morte dei genitori, amandolo come un figlio e senza il bisogno di altri affetti finché, all'improvviso, durante un viaggio in Italia, decide di prendere moglie. Proprio lui, che ha sempre ostentato dubbi, scherno e disprezzo nei confronti della condizione coniugale. Stregato da una lontana parente vedova incontrata per caso, l'affascinante cugina Rachel, fa appena in tempo a sposarla prima di sviluppare una misteriosa, fatale malattia che lo porta in breve tempo alla morte.
E così il giovane Philip, rimasto in Cornovaglia ad amministrare la tenuta di famiglia, si trova a dover fronteggiare ben due misteri: capire cosa è successo al suo amato cugino-padre, in Italia, e sciogliere l'enigma-Rachel, graziosa, intelligente, navigata e assolutamente indecifrabile. La situazione si complica quando Philip, inizialmente deciso a detestarla con tutte le sue forze e addirittura convinto che sia responsabile della morte del cugino («Rachel, il mio tormento» scrive di lei Ambrose nelle ultime lettere che invia a Philip prima di morire, forse in preda al delirio o forse più lucido che mai), finisce con il perdere la testa per la vedova. Philip è un giovane uomo semplice cresciuto in un mondo semplice, campagnolo, scandito dall'avvicendarsi delle stagioni e dei lavori agricoli, dalle domeniche in chiesa, da piccoli eventi sociali. Il suo unico contatto di rilievo con l'universo femminile si riduce all'amica di infanzia Louise, che considera pressappoco una sorella, e alla moglie e alle figlie del pastore. Prima che arrivasse Rachel, sotto l'antico tetto degli Ashley non dormiva nessuna donna da quando Ambrose cacciò la balia del suo pupillo per tirarlo su da solo. In tutta la sua tranquilla, sonnolenta esistenza il giovane Philip non ha mai incontrato niente e nessuno che si avvicini anche solo vagamente alla seduzione sottile, all'ironia tagliente e al lieve fascino esotico di sua cugina Rachel e non può fare altro che soccombere al desiderio che prova. Ma il bisogno di capirla e svelare il mistero che avvolge lei, la sua vita, il suo matrimonio, la morte di Ambrose lo tormenta in ugual maniera.
Chi è davvero la cugina Rachel? È la carnefice che ha assassinato suo marito per ereditarne i beni? È la vittima dei pregiudizi e della malattia del marito? È entrambe le cose o nessuna di tutte e due? La realtà è troppo complessa e sfumata per essere inquadrata in un unico schema?
L'enigma-Rachel è destinato a restare insoluto e a tormentare Philip per il resto della sua vita, sfuggendo perfino a un facile inquadramento da parte di chi legge. Forse l'unica immagine autentica di Rachel che emerge dalla carta è quella di una donna forte, amante della propria indipendenza e determinata a conservarla, sottraendosi ai desideri e alle pretese di due uomini che hanno cercato, pur senza averne consapevolezza, di intrappolarla con il loro amore, una brama di possesso simile a una gabbia, e non ci sono riusciti.
Forse, però, come sempre nei romanzi di Daphne du Maurier, quello che conta di più non è tanto scoprire la verità, quanto godersi la bellissima scrittura, ricca, descrittiva, evocativa, le accurate costruzioni psicologiche e le ambientazioni suggestive e magistralmente delineate, a un livello pari o forse anche leggermente superiore rispetto al celeberrimo "Rebecca". A unire come un filo rosso i due romanzi c’è una femme fatale sulla quale incombe un destino minaccioso, quasi una sorta di punizione per la libertà che ha osato rivendicare e che sarà inflitta, naturalmente, da un uomo, ma anche il tema di fondo essenziale per comprendere la scrittura della du Maurier, qui portato alle estreme conseguenze: l’inevitabile, profonda ambiguità del reale e la difficoltà di rintracciare la verità al di sotto del velo ingannevole delle apparenze.
"Mia cugina Rachel" è un romanzo raffinato, complesso, forte e delicato al tempo stesso. Un mistero senza soluzioni sul quale il lettore, come Philip, resterà a interrogarsi a lungo, in cerca di una risposta che potrà essere soltanto relativa, personale, soggettiva, e che forse, in fondo, nemmeno esiste.

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