Merrick la strega
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Merrik, l'inutile
Avendo letto altre cose di Anne Rice mi aspettavo di meglio. È un libro piccolo, d’accordo – e comunque più di 300 pagine… – ma questo non credo basti a giustificare la quasi totale assenza di trama.
Si parla di una strega, Merrick, che ci viene presentata – perlomeno nella quarta di copertina – come l’anello che lega la saga dei «Vampiri» a quella delle Streghe Mayfair. Eppure le Streghe Mayfair non c’entrano assolutamente nulla. Solo quel cognome, retaggio di un vecchio e lontano ramo di parentela, fine del contatto.
La storia è narrata da un personaggio pseudo-secondario – ma non è ben chiaro se sia lui il protagonista o se, al contrario, lo sia lei. In ogni caso, tale David Talbot è un vampiro e racconta al lettore la vicenda della sua vita con Merrick, quella pregressa e quella che sta che svolgersi. Tuttavia solo il pregresso, a mio parere, sembra dare un certo tono d’interesse alla narrazione: una parte composta da circa cento pagine, l’unica che valga effettivamente la pena di essere letta.
Merrick del resto è un personaggio interessante, ben tratteggiato e dotato di una certa presenza. Ma David rimane quasi solo ed esclusivamente un narratore e tende in genere a scomparire nel testo. Louis Pont du Lac, che ritorna dopo altre storie, appare e si comporta come una sorta di fantasma, ben poco importante in tutto quello che succede, nonostante si sappia sin dal principio che tutto punta a far «resuscitare» lo spirito di Claudia. Ma è una resurrezione perlopiù inutile, e tutto quello che si verifica a partire dalla fine del racconto di David – la suddetta vita pregressa con Merrick – e fino alla fine della storia appare in verità piuttosto inutile.
Ho impiegato quasi due settimane a terminare di leggere le ultime trenta ancora più inutilissime pagine dopo l’evocazione di Claudia. E leggendo sulla quarta… «nonostante i suoi grandi poteri, il gioco di Merrick è troppo pericoloso, e la danza di seduzione e di morte a cui ha dato inizio le sfugge ben presto di mano…»
…chissà cosa mi aspettavo! E invece è stata soltanto una grossa delusione.
Anche lo stile della Rice, che normalmente trovo molto seducente e scorrevole, in questo libro si è dimostrato terribilmente appesantito dal ricorso continuo a specialismi preziosi, «squisitamente» e «meravigliosamente» esagerati nella descrizione di ogni singolo – spesso banale – dettaglio. Il «virtuosismo di stile», insomma, ha sorpassato la storia e in questo modo l’equilibrio non regge affatto.