Marnie
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Le maschere dell'anima e l'identità nascosta..
Marnie, creatura disturbata, ma imperturbabile nelle azioni, scaturisce come un fantasma dalle pagine di questo libro, testimone di quanto la mente può risultare controversa, misteriosa e allo stesso tempo influenzare profondamente tutte le azioni dell'individuo.
Da questo libro è tratto l'indimenticabile film di Hichcock del 1964 che ci presenta una donna quasi sempre in fuga da una città all'altra, bugiarda, che commette furti e che indossa diverse maschere, identità fittizie dopo aver cambiato la località di lavoro...dopo essere fuggita con il malloppo....
Marnie soffre di claustrofobia e teme i temporali...
Ma la cosa più interessante è vederla ogni volta cambiare personalità, cambiare colore dei capelli e impersonare ogni volta una donna diversa, pur calandosi nel ruolo di un'impiegata modello.
"Nel corso della vita incontrerai più maschere che persone reali" affermava Luigi Pirandello e questa massima pare calzare a pennello per la protagonista di questo romanzo.
Anche quando trova qualcuno interessato a lei non è in grado di rinunciare in pieno alle sue contraddizioni, alla sua personalità bugiarda, contraddittoria...
La patologia della sua anima si contraddistingue nel nascondersi, senza volersi liberare dalle spire dei suoi problemi.
Una donna ha molti volti, certo...ma quando li nasconde nel pertugio di una maschera non la si può più né comprendere, né definire...
Consigliato.
Saluti.
Ginseng666
Indicazioni utili
Marnie feat. Hitchcock
Uno psicodramma di notevole caratura: “Marnie” di Winston Graham è l’opera dalla quale Hitchcock ha tratto l’omonimo film del 1964.
Marnie soffre di cleptomania (“A dieci anni ero stata sorpresa a rubare due volte… Imparai subito che era molto meglio non avere partner”). In particolare, nei suoi “colpi”, segue un canovaccio collaudato:
- si fa assumere preferibilmente in ruoli di cassiera/contabile (“Un anno dopo il colpo al Roxy, risposi a un’offerta della John Rutland & Co. di Barnet. Si trattava di un posto da vice cassiera”);
- dimostra grande professionalità (“Non si può dire che ti manchi l’iniziativa sul lavoro, ma è come se recitassi una parte”) e studia attentamente le abitudini del luogo di lavoro;
- coglie l’opportunità di impossessarsi dei contanti;
- sparisce con il malloppo;
- cambia identità e riparte per una nuova avventura (“Un anno dopo il colpo al Roxy, risposi a un’offerta della John Rutland & Co. di Barnet. Si trattava di un posto da vice cassiera”).
Con questi furti, la donna mantiene l’anziana madre, che ha un passato ambiguo nel quale i problemi di Marnie affondano le loro radici (“…sebbene fossi la luce dei suoi occhi, non mi baciava mai con un sincero slancio d’affetto”) e vive a Torquay con un’inserviente.
Nel corso dell’ennesimo cambio d’identità (“A volte mi viene il dubbio che nascondi un insospettabile passato”), la ladra approda alla Rutland & Co. E lì, i due giovani rampolli della proprietà aziendale - Terry e Mark - la corteggiano (“Volevo evitare di rovinare i rapporti anche con l’altro dirigente giovane dell’azienda… In realtà non sapevo cosa farmene, né di lui né di suo cugino”). Perché Marnie è tanto bugiarda (“So che hai ventitré anni e che sei vedova. Tuo padre e tua madre vivono in Australia e tu hai studiato a Norwich. Sei bravissima con i numeri, i temporali ti spaventano a morte e vai spesso alle corse…”) quanto bella.
Ma la cleptomania non è l’unico complesso che affligge l’apparentemente inappuntabile impiegata: Marnie è ceraunofoba, ossia ha una paura ancestrale per i temporali (“Se un lampo si riflette in uno specchio, vedrai lo sguardo del diavolo”) e – se ne accorgerà ben presto Mark, che scopre il tentativo di furto e ciononostante la sposa – è frigida (“No, non sei tu il problema. Non sopporto il contatto fisico”).
L’unica situazione nella quale la donna sembra felice è il contatto con il cavallo che possiede (“Mi piacciono i cavalli. Per me non c’è niente di più bello”)…
Mark convince la moglie a sottoporsi a psicoterapia e Marnie oppone anche a questo tentativo ogni resistenza possibile, frapponendo tra sé e lo psicanalista la sua fortissima tendenza a mentire (“E’ come se un bocciolo rifiutasse di schiudersi o una farfalla volesse a tutti i costi rimanere crisalide”): mentire sempre e comunque (“le lacrime erano finte, naturalmente, non provavo il minimo rimorso”).
Il finale del romanzo di Graham è completamente diverso da quello rappresentato da Hitchcock nel film: più complesso (“Penso che i sentimenti siano come le scatole cinesi: ne apri una e dentro ne trovi un’altra e poi un’altra e non riesci mai ad arrivare all’ultima…”) e credibile (“Il dolore degli altri non era tanto diverso dal mio”), meno hollywoodiano, più esistenziale (“Non è la banderuola che cambia direzione, è il vento”)…
Bruno Elpis