Marinai perduti Marinai perduti

Marinai perduti

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La storia parla di tre marinai, tre navigatori del Mediterraneo, tre "Ulisse" contemporanei: il libanese Abdul Aziz, il greco Diamantis e il turco Nedim. La loro nave, l'Aldebaran (Abdul è il capitano, Diamantis è il suo secondo, Nedim è il marconista), è una vecchia carretta abbandonata nel porto di Marsiglia a causa del fallimento dell'armatore. I tre sono così costretti a un'immobilità forzata, terribile per dei marinai, che però consente alle loro avventurose storie di emergere e di fondersi l'una con l'altra. Hanno alle spalle delle storie piene di misteri, di donne che li attendono per anni oppure che li hanno abbandonati, storie di violenze e d'ingiustizie. Diamantis è alla ricerca di una donna amata in gioventù e che forse vive ancora a Marsiglia. E questo porto mediterraneo, città di accoglienza per gli esiliati di tutto il mondo e per i loro misteri, diventa il teatro dell'ultima avventura di questi tre uomini perduti. Il Mediterraneo - racconta Izzo -, dietro la sua apparenza solare e il colore blu del mare, nasconde una crudeltà, un destino tragico che riserva a molti dei suoi figli.



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Marinai perduti 2018-08-15 17:35:21 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Agosto, 2018
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Perduti.

«In mare non si sentiva né vivo né morto. Solo altrove. Un altrove in cui riusciva a trovare qualche buona ragione per essere se stesso. E gli bastava.»

Un porto. Il mare aperto. Una rotta da non poter seguire. L’impossibilità di ripartire. Cinque mesi. Almeno centocinquanta giorni che i marinai dell’Aldébaran sono relegati a Marsiglia, al termine di quei sei chilometri dalla diga del lago. In attesa. In una interminabile e irrefrenabile attesa dove ogni giorno è uguale al precedente, dove il richiamo del mare è tanto irresistibile quanto irrealizzabile è lasciarvisi andare, dove il denaro, ancora, manca, dove lasciare la nave significa perdere tutto quel che gli spetta, dove restarvici, significa conclamare la condizione di marinaio perduto.
Abdul Aziz, comandante della nave condannata al disarmo, Diamantis, il suo secondo a bordo e poeta, il turco Nedim e le donne, Melina, Céphée, Aysel, Amina, Mariette, Gaby, Lalla, amate, perse e cercate nei porti del mare Mediterraneo, sono i protagonisti indiscussi di questo testo a firma Izzo. Accomunati da un passato ricco di disavventure, ciascuno è nondimeno desideroso di andare avanti anche se ciò significa rischiare di perdersi, rischiare di dimenticarsi chi si è.
E con i suoi tipici toni malinconici, il suo stile fluente, scarno e privo di fronzoli, lo scrittore parla di temi a lui cari quali la fusione di culture eterogenee e diversissime tra loro, l’emarginazione, la solitudine dell’uomo, la sua dedizione alla perdizione e agli errori, ma anche la sua profonda caparbietà nel non arrendersi, nel pazientare di fronte all’inevitabilità di quelle interminabili attese, la prostituzione, la vita. Gli elementi che lo caratterizzano e che lo fanno amare, ci sono tutti. Il suo è un rendere omaggio a chi è costretto a far di questo pazientare la costante della propria vita, il suo è un rendere omaggio a chi ha una famiglia, un amore, un qualcosa da cui tornare ma a cui non può far ritorno per ragioni più grandi. E così, aspetta. Attende. Indugia.
Ingiustizia, disperazione, verità. Questo e molto altro è “Marinai perduti”, questo e molto altro è Jean-Claude Izzo. Perché egli non cela alcunché ai suoi lettori, non ovatta la realtà per renderla più piacevole o più leggera, non fugge da quel che la strada della vita gli pone innanzi.

«No. Ma… mi sono chiesto spesso se, appunto, non siano invece proprio quei piccoli niente a cambiare il corso della storia. [...] La storia forse. Non il suo corso.»

«In quell’attimo l’ho perduta» ammise infine, terminando di bere il caffè. I gesti irreparabili esistono, ma si ignorano sempre.

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Marinai perduti 2017-02-28 16:11:00 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Febbraio, 2017
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Solidarietà

Mare aperto, orizzonte sgombro, una rotta da seguire e sempre un porto dove sbarcare e da cui subito ripartire. Donne dai mille colori da vivere e lasciare, lontano da tutti, in mezzo al mare per sentirsi vivi. Questo è quello che ama un marinaio, ma cosa succede se “Proprio un giorno senza futuro, pensò Diamantis. Non osava dirsi che quel giorno era come tutti gli altri. Cinque mesi. Già cinque mesi che i marinai dell’Aldébaran erano lì. Attraccati, relegati laggiù, in fondo ai sei chilometri della diga del Largo. Lontani da tutto. Senza niente da fare. E senza un soldo”, a quel punto diventa un marinaio perduto.

Izzo come suo solito ci porta nella sua Marsiglia e ci racconta la sua paura per l’avvenire del Mediterraneo. Malinconico come suo solito, sono molti i protagonisti di questa storia. Ognuno con il suo bagaglio di disavventure ma tutti con la voglia di andare avanti anche se il rischio di perdersi è dietro l’angolo.

Sono molti gli argomenti che tocca l’autore, si parla come sempre di prostituzione, emarginazione, culture che si intrecciano, miti e leggende e scelte di vita tutte viste da angolazioni diverse.

Ma quello che mi è arrivato direttamente al cuore è il motivo per cui Izzo ha scelto questo argomento.
L’autore è venuto a mancare nel 2000, nel 1997 raccontava questo: “Il dramma sempre più frequente vissuto da tanti marinai in tanti porti francesi. Da Marsiglia a Rouen, numerosi cargo sono ancora oggi bloccati. Gli equipaggi, spesso stranieri, vivono a bordo in condizioni difficilissime, nonostante un’immancabile solidarietà. Ci tenevo a rendere omaggio al loro coraggio e alla loro pazienza”.

Quello che può spaventare di quest’autore è la disperazione che si legge fra le righe e l’ingiustizia della vita che Izzo non si fa remore di mostrare. Nonostante tutto questo, non posso fare a meno di consigliarlo, Izzo sta diventando uno dei miei autori preferiti, e dopo aver letto la trilogia su Montale anche questo romanzo non mi ha deluso anzi...

Buona lettura!!!

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