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Malempin

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Malempin, scrive André Gide nei suoi appunti per un libro su Simenon, è la «messa in pratica» perfetta di quello che l’autore definisce il suo «metodo»: «far rivivere il passato nel, e attraverso il, presente. Qui i ricordi del passato si alternano al racconto del momento attuale ... E il passato fa luce sul presente, che senza quello rimarrebbe incomprensibile». Del passato, mentre veglia notte e giorno il minore dei suoi figli, affetto da difterite maligna, il dottor Édouard Malempin rievoca soprattutto l’infanzia: perché è stata quella – è sempre quella, Simenon ne è convinto non meno di Freud – a fare di lui l’uomo che è oggi. Determinanti sono stati certi odori (quello della cucina della casa dei genitori, per esempio), certe sensazioni (la beatitudine che provava allorché, malato, poteva «fare assenza» e isolarsi dal mondo), certe scene (la notte in cui si era svegliato e aveva visto il padre chino su di lui, o quando avevano portato in manicomio la giovane zia, una «femmina allo stato puro», bionda rosea e polposa, in preda a una crisi di follia) che si sono fissati nella memoria – ma più ancora le zone d’ombra e i misteri che non è mai riuscito a penetrare fino in fondo: la scomparsa di uno zio a cui i suoi genitori dovevano un bel po’ di soldi, l’aver sentito la madre mentire a un gendarme venuto a interrogarla, e quel polsino con un gemello d’oro che poco tempo dopo aveva visto in una discarica andando a scuola, e sul quale aveva sempre taciuto...



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Malempin 2024-10-12 05:38:37 68
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68 Opinione inserita da 68    12 Ottobre, 2024
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Passato nel presente…

Un segreto condiviso e taciuto in un giorno d’ infanzia, una madre da quel momento assente, una sparizione misteriosa conservata dentro di se’, che ha tracciato la propria essenza, angolo buio di presente e futuro.
Il dottor Édouard Malempin vive quell’ istante più o meno consapevolmente, ancorato a quei giorni, un sentimento assaporato per anni, incertezza, paura, sospetto, la convinzione che qualcosa sia andato storto, l’ improvviso allontanamento dalla propria famiglia mentre piccoli indizi della memoria riportano oggetti, sapori, odori nella casa della propria infanzia, fragranze smarrite nel presente.
Oggi, al capezzale del figlio Bilot, affetto da difterite maligna, giorni trascorsi tra la vita e la morte, in compagnia della moglie Jeanne con cui vive da quindici anni ignorandone l’ interiorità, ripercorre i giorni che ne hanno segnato l’ infanzia, la scomparsa improvvisa dello zio Tesson, una bugia che sa per certa, silenzi parlanti, l’ allontanamento dalla famiglia, la convivenza con la placida e florida zia Elise in seguito accusata di follia, il ritrovamento di un polsino con un gemello d’ oro, momenti di malattia e di assenza scolastica, l’ombra di una inquietante presenza accanto al proprio letto.
Quanto il presente restituisce il passato, immagini, sensazioni, comportamenti ne popolano le notti, che cosa gli altri vedono di lui oltre un buon padre e un buon marito, quanto il reale esiste veramente?
Eduard staziona tra il presente e il ricordo, un’ immagine semi cosciente sembra appartenergli, indizi più o meno presunti ricostruiscono giorni nebulosi e monchi del se’ bambino per concludere che gli unici anni di vita reale sono quelli dell’ infanzia.
Per anni ha cercato di ricostruire una figura paterna che per lui più conta ma che meno conosce, di cui fatica a ricordare il volto, un uomo affetto da innato egoismo, lui che deve tutto alla propria madre, dalla educazione ai vestiti di tutti i giorni, una donna alla quale oggi ancora chiede il conto, che guarda freddamente pur visitandola quotidianamente, impegnati in dialoghi scontati e ripetitivi che tuttavia sembrano appartenergli e ai quali non rinuncerebbero.
La parola castigo lo accompagna da sempre avvicinandolo alla propria colpa, un sentimento cresciuto e alimentato dal silenzio, dalle domande che non ha mai posto, una certa ritrosia a entrare nella camera del figlio come se con la propria presenza avesse paura di interrompere e rompere il sentimento condiviso da altri che non sembra appartenergli, dal quale si sente escluso,

…” perché ho imparato che tutto è fragile, tutto quanto ci circonda, tutto quanto prendiamo per la realtà, per la vita: la fortuna, la ragione, la quiete… e la salute, soprattutto!…. E l’ onesta’….
In certi giorni, se mi fossi lasciato andare…”

Malempin è un dettagliato e ossessivo viaggio a ritroso nel presente, un’ infanzia nebulosa che conserva la propria essenza in pochi momenti di assolutezza. L’oggi ripercorre e restituisce un trauma, tacitamente sepolto nei meandri della memoria, respiro di totale incertezza mentre le maschere del presente fingono di appartenerci nascondendo il vero volto della paura, un senso di menomazione, di esclusione, di assenza che si fa presenza, un’ apnea del profondo compagna di sempre che tuttora assaporiamo quotidianamente.
Ci sono immagini, fragori, fragranze, sembianze opalescenti venute da lontano, vissute, interiorizzate, scolpite dentro, a metà tra il sogno e la veglia, che raccontano interamente la propria storia, da sempre. Magistrale.

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