Maigret ha paura
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intermezzo
Devo dire che stavolta Maigret ha un po' deluso un povero pincopallino qualsiasi. In questo caso, dove si hanno tre omicidi, apparentemente opera di un folle, Maigret rimane ai margini dell'inchiesta, per non far torto al suo amico Chabot. E questo proprio non mi è piaciuto: sembra quasi che il silenzio del nostro ispettore serva ad accentuare l'incapacità della polizia di un paesotto di provincia, sottolineandola addirittura con i suoi pochi interventi. Devo ammettere però che l'atmosfera che sa creare Simenon è impareggiabile: la tensione negli abitanti del paese è tangibile. Oltretutto percorre i tempi: si ritrovano infatti delle ronde (che per fortuna non hanno colore...), pattugliare in vece della polizia, considerata in combutta coi signorotti locali.
Forse in questo momento non ho saputo apprezzarlo e credo che lo rileggerò, tanto per vedere se le mie impressioni vengono confermate. A Simenon la si dà sempre una seconda possibilità...
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Follia singola e follia collettiva
Quarantaduesimo romanzo con il celebre commissario, Maigret ha paura fu scritto in soli 7 giorni durante il soggiorno negli Stati Uniti dell’autore.
Se qualcuno può pensare che l’atmosfera americana e l’influsso dei gialli d’azione degli scrittori statunitensi si siano riflessi nell’opera, dico subito che si sbaglia.
L’atmosfera e l’ambientazione sono tipicamente francesi, della piccola città di provincia, in cui da sempre appare preminente l’attività agricola.
La differenza rispetto agli altri romanzi con Maigret sta invece nella partecipazione del celebre commissario in veste di spettatore, uno spettatore non passivo, ma che, grazie al suo formidabile intuito e all’esperienza pluriennale, giunge a scoprire l’assassino di una serie di delitti inspiegabili che sconvolgono l’abitato di Fontenay-le Comte.
Ma che ci sta a fare così lontano dalla sua Parigi?
Di ritorno da un congresso di polizia tenutosi a Bordeaux decide di fermarsi nella cittadina della Vandea per incontrare il giudice istruttore Julien Chabot, suo vecchio amico dall’Università.
Arriva di sera e già c’è un omicidio, il terzo in pochi giorni, con vittima un ubriacone. I due precedenti hanno visto l’assassinio di un nobile decaduto e di un’anziana e povera levatrice.
Fra i tre delitti non esiste nesso, se non l’arma utilizzata, e cioè un corpo contundente, così che piano piano nel piccolo ambiente di provincia si insinua il sospetto che siano opera di un pazzo. La paura serpeggia, fa istituire dei gruppi di volontari che pattugliano le strade, fa rinascere odi sopiti fra la povera gente e i maggiorenti, fra i quali, soprattutto, i Vernoux, arricchitisi con il commercio di bestiame e diventati nobili grazie a un matrimonio di convenienza.
Il panico, che prende progressivamente piede, è tangibile e non resta immune nemmeno Maigret, i cui timori però rivengono dalla sempre meno remota possibilità che la folla voglia farsi giustizia da sé, che un qualsiasi sospetto diventi agli occhi accecati dall’odio come il colpevole.
Alla fine l’intricata trama si dipanerà e Maigret, senza aver condotto le indagini in prima persona, avrà la certezza di chi è il colpevole.
Giallo atipico, quindi, ma ricco di sfumature, con incisive annotazioni sull’eterno dissidio fra chi ha e non ha, Maigret ha paura avvince per la storia insolita, per le molte verità che affiorano pagina dopo pagina e per la mirabile descrizione dell’ordinaria follia che può travolgere uomini altrimenti del tutto mansueti.
Da leggere, quindi, e questo, più che un consiglio, è una raccomandazione.