Lo strano caso di Stoccolma
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Nel mondo di un tossicodipendente
Vincent Franke ha dedicato buona parte della sua vita a due cose ormai imprescindibili: lo spaccio di droga e l'uso di morfina.
É un uomo con un passato tormentato e dei sentimenti contrastanti verso la vita; nulla più sembra interessargli se non la sua dipendenza dalla morfina.
FIno a quando....fino a quando non trova Maria nel suo appartamento. La donna è stata portata lì da Marko, colui il quale gli procura la roba da spacciare e la morfina da assumere; Vincent non deve fare altro che tenerla lì per qualche giorno, legata e imbavagliata. Ma Vincent è, a modo suo, troppo umano ed una delle prime cose che fa è slegarla e trattarla come se fosse una sua ospite. Nella parapiglia della sua vita, ora fa capolino questa donna che smuove in lui sentimenti e sensazioni sepolte da anni di abuso di droghe.
In cosa è coinvolta Maria? Cosa ne sarà di Vincent quando lei sparirà con la stessa rapidità con cui è comparsa nel suo appartamento?
Ho pareri molto contrastanti su questo romanzo; cercherò di fare un po' di chiarezza fra i miei pensieri qui "in diretta".
Innanzi tutto: lo stile.
Mi è piaciuto molto il modo di scrivere dell'autore, ha un qualcosa che mi ha affascinata e rapita totalmente, trascinandomi in un mondo sporco con cui non vorrei mai confrontarmi nella realtà. Mi è piaciuto molto l'uso di frasi brevi ed incisive, è lo stile che in assoluto mi è più congeniale, tant'é che anche io quando "butto giù" qualche mio pensiero, tendo ad utilizzare frasi brevi e pungenti. Inoltre ho trovato azzeccatissima la scelta di utilizzare capitoli brevi: così come per le frasi, anche la brevità dei capitoli è incisiva e rende la lettura frenetica. Ecco, questo romanzo è così: frenetico, appunto, caotico e destabilizzante. Sembra che anche il lettore si sia fatto di qualche sostanza e durante la lettura sia in trip!
Passiamo al contenuto: è interessante vivere una vicenda dal punto di vista "del cattivo". Oddio, specifichiamo: Vincent Franke è tutt'altro che cattivo, ma è pur sempre un individuo a cui i poliziotti darebbero la caccia!
É vermente strano vivere tutta la storia attraverso lo sguardo di un tossicodipendente: i suoi pensieri sono spesso piuttosto sconnessi, riesce a farvi rimbalzare continuamente tra passato, presente, futuro e immaginazione con la stessa facilità con cui rimbalza una pallina in un flipper.
Ho apprezzato molto la capacità dell'autore di passare, appunto, dal presente al passato: i flashback non sono mai troppo lunghi ed ogni volta sono interessanti e aggiungono un tassello nella costruzione del personaggio di Vincent. A proposito di caratterizzazione, vorrei sottolineare che è lui il personaggio meglio descritto in tutto il romanzo: immagino che questa scelta sia voluta e non mi sento di criticarla perchè del resto è lui il protagonista del romanzo ed è lui che è giusto "costruire" al meglio.
Quello che mi ha lasciato un po' confusa credo sia proprio il punto di vista da cui viene raccontata l'intera vicenda: diciamocelo, siamo abituati a leggere thriller i cui protagonisti solitamente sono poliziotti o detective molto acuti. Mai ci si aspetterebbe di leggere di uno sciatto morfina-dipendente. É proprio questo mondo a lasciarmi un po' frastornata; mondo di cui, come dicevo poco sopra, l'autore rende meravigliosamente l'atmosfera caotica e il ritmo sincopato.
Veniamo al dunque.
Lo consiglio oppure no?
Leggere, si legge velocemente. E la storia in sé per sé è discreta, la narrazione interessante, il tema assolutamente attuale.
Eppure mi ha lasciato dell'amaro in bocca, forse per il finale, forse perchè come ho ripetuto già un paio di volte non ci si aspetta di vivere la vicenda attraverso uno come Vincent; uno che ha zero personalità, è sporco, puzzolente (non l'ho annusato eh!) e vive solo per la sua morfina e la sensazione che gli provoca.
Non riesco davvero a decidermi, pertanto lascerò che le mie semplici riflessioni influenzino la vostra scelta!
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La delusione di Stoccolma
Prima di scrivere una recensione per questo romanzo, devo partire da una premessa: io adoro tutto ciò che riguarda la sindrome di Stoccolma o patologie simili. Perciò, non appena ho notato il titolo e dato una sbirciata alla trama, non ho potuto fare a meno di comprarlo. E, a fine lettura, mi sono ritrovata con nulla in mano. La storia di per sè, o meglio, l'idea iniziale, sarebbe molto interessante: il problema è che l'autore non ha saputo come svilupparla. Il protagonista, ingaggiato come "carceriere", non ha nulla dei cattivi belli e impossibili che io mi sono sempre figurata per questo ruolo. Anzi, è un ragazzetto fiacco e tossicosipendente, e l'unica sua caratteristica minimamente interessante è il passato tormentato. La ragazza non parla la sua lingua e non hanno un minimo di contatto se non un noiosissimo scambio di sguardi e qualche parola sbiascicata in un inglese stentatissimo. Il protagonista aiuta la prigioniera a scappare e nemmeno se ne rende del tutto conto, vive e agisce come se gli eventi gli scivolassero addosso. Leggendo "sindrome di Stoccolma" mi aspettavo una passionale storia d'amore tra vittima e carnefice, e soprattutto una vittima e un carnefice che smuovessero almeno un po' la mia attenzione! Nulla di tutto questo. Si tratta di un libro che si legge facilmente, ma che alla fine non lascia nulla. La lettura può risultare piacevole, se non ci si sofferma sulla trama tirata per le orecchie, ma un approfondimento più attento mi sarebbe risultato più gradito di qualche grossolano accenno. SPOILER TRA PARENTESI (e soprattutto, avrei gradito una fine più dignitosa per i due amanti) SPOILER TRA PARENTESI. In definitiva, è un libro che consiglierei da leggere per riempire un pomeriggio, ma chi si aspetta un capolavorio letterario avvincente non cominci neppure la lettura.
Indicazioni utili
- sì
- no
Maria... Maria... She reminds me of a west side st
Il romanzo che vi presento oggi è quello di un giovanissimo scrittore svedese Christoffer Carlsson classe '86, appartiene alla scuola svedese, ma lo stile e i contenuti sono completamente diversi da quelli di Stieg Larsson o Liza Marklund, per citare i primi scrittori scandinavi che mi vengono in mente, si tratta di un hard boiled ambientato nella Svezia contemporanea.
Il protagonista della vicenda è Vincent Franke, un giovane spacciatore, che ,uscito di prigione, viene avvicinato nel suo appartamento dall’amico Marko che gli affida una partita di morfina da smerciare ed una giovane donna da tenere sotto controllo.
Fra il carceriere e la vittima scocca durante i giorni di vicinanza forzata qualcosa che potrebbe chiamarsi amore, se non fosse per il fatto che fra i due la comunicazione è assai incerta, primo perché la ragazza non parla una parola di svedese ed terrorizzata e chiusa a riccio,secondo perché il signor Franke ha costantemente qualche pasticca di morfina sotto la lingua ed un trip sempre da fare. Purtroppo Vincent è uno che i guai se li va a cercare e così dopo una vita da delinquente decide di salvare la bella Maria, così si chiama la ragazza “sua prigioniera”, dalle grinfie del trafficante Pastor mafioso senza scrupoli.
Di originale il romanzo ha l’alternanza fra i capitoli dedicati alle vicende di Vincent adulto e quelle dedicate ai ricordi di Vincent bambino che avanzando nella lettura ci rendono sempre più chiara e nitida la personalità di Vincent e tutta la vicenda che andremo a scoprire.
Se amate i film di Quentin Tarantino questo è il romanzo che fa per voi, sparatorie e sangue non mancheranno che in poche pagine.