Labirinti
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Più una matrioska che un labirinto
Nel 2023 "Il manoscritto" era riuscito a stupirmi ed intrattenermi, ma questa primavera "C'era due volte" non è stato in grado di replicare la magia del primo libro, per quanto rimanga un titolo apprezzabile sotto diversi aspetti. Per capire se la serie stesse davvero prendendo una brutta china, ho deciso di recuperare entro l'anno "Labirinti", un capitolo conclusivo in cui ritornano con ancor più forza tutti gli elementi caratteristici della trilogia: persone affette da amnesia, ragazzine rapite, bande di criminali sociopatici e forze dell'ordine non proprio competenti.
La prima scena è ambientata all'interno di un ospedale, dov'è stata ricoverata una donna non ancora identificata dopo che le autorità l'hanno trovata sulla scena di un delitto bizzarro. Veniamo subito introdotti alla prospettiva della poliziotta Camille Nijnski, che interroga il dottor Marc Fibonacci a riguardo; l'uomo spiega che la paziente ha perso la memoria, ma non prima di avergli confidato tutto. Per illustrare al meglio gli eventi, si passa alla narrazione alternata di tre storie: quella della giornalista freelance Lysine, della psichiatra elettroipersensibile Véra e dell'adolescente rapita Julie. A queste si aggiungiono poi altre figure femminili, ed ovviamente ritorna anche lo scrittore Caleb Traskman.
Il tutto si delinea all'interno di una struttura narrativa solida e mai noiosa: il rapido passaggio da un POV all'altro potrebbe lasciare frustrati a volte -quando si è in prossimità di una rivelazione importante, ad esempio- ma permette al volume di mantenere un ritmo ed un dinamismo eccellenti. Il lettore viene letteralmente trascinato verso un finale sorprendente ma non incredibile; e lo dico in senso positivo, perché gli indizi nel corso della lettura vengono forniti, quindi per quanto ci si muova in un contesto inusuale i colpi di scena non sono mai campati per aria. Tutto considerato, mi è sembrata una conclusione soddisfacente anche nell'ottica della serie, perché mantiene una nota agrodolce in linea con le vicende raccontate.
Come già accennato, nel volume abbondano i rimandi ai due capitoli precedenti, che per quanto possa sembrare un escamotage paraculo è una decisione autoriale valida e coerente, tesa a tracciare un filo conduttore all'interno della trilogia, elemento che personalmente ho molto apprezzato. Allo stesso modo mi è piaciuta la scelta di presentare ai lettori parecchi quesiti di tipo etico e morale, primo fra tutti la legittimità del delitto con cui si apre la storia, che in un primo momento sembra il risultato del raptus di una squilibrata per poi assumere i contorni di una vendetta forse più che giusta.
La presenza di questi livelli introspettivi è resa possibile grazie all'approfondimento psicologico relativo non tanto ai singoli caratteri quanto ad un'analisi più ampia della mente umana e dei suoi meccanismi. Purtroppo questo svilisce i personaggi, che non vengono caratterizzati in modo adeguato ma rimangono un'incarnazione della loro condizione psicologica, la quale ne influenza la personalità nonché qualunque azione compiano. Sembra un paradosso, ma per quanto la condizione mentale dei personaggi sia attenta e rilevante, non sono riuscita ad individuare carisma o emotività in nessuno di loro, e questo mi ha tenuto distaccata dalle vicende pur reputando intrigante l'intreccio.
Tra i punti a sfavore del romanzo troviamo inoltre l'elemento horror, un po' eccessivo e ridondante a mio avviso: personalmente non mi faccio alcun problema con le scene splatter, però leggerne così tante le priva di rilevanza ed impatto. In modo simile, penso che il caro Franck si sia giocato una buona fetta della tensione a causa della premessa iniziale, perché anticipando la conclusione ha reso impossibile per il lettore preoccuparsi della sorte di alcuni personaggi. Non ho gradito poi le numerose convenienze di trama, sicuramente utili a far progredire la storia, ma al contempo capaci di depotenziarne la credibilità.
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La quinta donna
Franck Thilliez con Labirinti completa la trilogia iniziata con i libri intitolati Il manoscritto e proseguita con C’era due volte. I libri possono anche essere letti singolarmente, ma sarebbe opportuno seguire il corso per capire meglio i rimandi che quest’ultimo contiene.
Il libro si apre con una giovane poliziotta che dice di chiamarsi Camille Nijinski ( come il grande ballerino russo, malato di schizofrenia) che nello studio dello psichiatra Fibonacci cerca di comprendere il perché abbiano trovato una donna quasi morta di freddo, con accanto il cadavere di un uomo, che stringe tra le mani un pezzo degli scacchi, e più precisamente l’alfiere nero. La paziente, soccorsa, non ricorda nulla, tabula rasa. Ma prima di dimenticare la stessa ha condiviso con lui una storia strana e complessa. Dopo di che nulla è più. La vicenda ha cinque protagoniste, tutte donne: la giornalista, la psichiatra, la rapita e la scrittrice. Tutte accomunate da cosa? E la quinta? Chi è? Lei:
“Arriva solo in seguito ed è la chiave di tutto. La sua identità verrà rivelata solo alla fine della storia. E si concentri, perché questa storia è un vero labirinto cui tutto si intreccia. E la quinta persona è il filo del dedalo che, ne sono certo, fornirà le risposte a tutte le domande.”
Un romanzo sconcertante, dove nulla è come appare. E’ , sicuramente, un rompicapo letterario. Ma non solo. E’ una lettura avvincente, una storia nella storia. I colpi di scena sono continui, e la narrazione trascina il lettore in un vortice, dove nulla è. I personaggi raccontano la loro storia di vita e il romanzo ha connotazioni fortemente introspettive.
Labirinti è lo specchio della mente umana e delle sue caratteristiche, non sempre limpide e lineari. Per cui:
“Il cervello umano può ricorrere alle strategie più incredibili per proteggere la mente. Si adatta di continuo, si ricostruisce sulle proprie rovine… E’ perfino capace di ingannare se stesso.”
Ho faticato a leggere questo romanzo, ma sono stata rapita dalla curiosità di sapere e di conoscere la verità. Sempre che questo sia mai possibile. Un romanzo per chi ama la psicologia, tortuoso e assai complesso. In definitiva un ottimo thriller, ad alto tasso adrenalinico, di non sempre facile e scorrevole lettura. Nel complesso una lettura che si distingue.
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Fibonacci, Fibonacci...
Piccola doverosa premessa: seppur “Labirinti” possa essere collegato a “Puzzle” i due titoli non sono necessariamente susseguenti, anzi, possono essere letti in via totalmente autonoma. Dunque, se non avete ancora avuto modo di leggere “Puzzle” o altre opere del narratore, nessun problema, è possibile avvicinarsi a quest’ultimo lavoro senza conoscere degli antecedenti.
Thilliez è uno di quegli autori che sa essere originale nei suoi intenti. Già in altre opere ha saputo tenere avvinto il suo lettore grazie a scritti capaci di farlo scervellare, interrogarsi e giocare a capire quale fosse l’enigma e il colpevole di turno. A volte è riuscito in modo migliore, altre la soluzione dell’arcano è stata più facilmente intuibile ma nel complesso sa distinguersi per questa impronta psicologica che sa offrire ai suoi lavori. Non manca comunque una certa ridondanza di temi e circolarità tra fatti, eventi e narrato nei vari scritti ma nel complesso sa offrire proposte capaci di suscitare interesse machiavellico.
“Ci sono cinque protagoniste nel racconto che sto per condividere con lei. Solo donne. Scriva. È importante per il prosieguo: “la giornalista”, “ la psichiatra”, “la rapita”, “la scrittrice”
– Mi manca la quinta persona
– Arriva solo in seguito ed è la chiave di tutto.”
“Labirinti” comincia proprio da cinque donne di cui sappiamo ben poco. Sarà solo proseguendo nella lettura che avremo modo di arrivare a capire chi sono e soprattutto qual è l’anello mancante che regge tutta la narrazione. All’inizio dell’opera Camille Nijinski sta parlando con il dottor Fibonacci nella speranza di dar risoluzione a quella che è una storia tanto intricata quanto assurda. È stata ritrovata una donna in evidente stato confusionale tra geloni ai piedi, sangue, choc e una amnesia totale. Non ricorda assolutamente niente di quel che è stato.
Ma attenzione a quel che può intendersi con “labirinti”. Perché i labirinti non sono solo quelli fisici, possono essere anche mentali e possono ripresentarsi anche in narrazioni che si incrociano in storie e realtà che talvolta sono destinate a incrociarsi e altre a non incrociarsi mai. In quest’ultimo caso, cosa hanno queste in comune?
Ancora conosciamo Lysine, una donna orfana che ha paura di tornare dai genitori per via dei ladri. Giornalista appassionata del cibo è una donna irrequieta, affranta, sola. E tanto è sola, tanto lo è anche Vera, la psicologa ritirata sulle montagne lontana da tutto e tutti per scappare dalle onde magnetiche e da quelle che sono le conseguenze da queste apportate. Sophie impersona invece il ruolo della scrittrice che anticipa la realtà nei suoi scritti. Julie è il personaggio che fa ritorno, che è stata rapita, che è la musa ispiratrice di Caleb Traskman il romanziere di romanzi thriller.
Tante storie per tanti volti e tanti colpi di scena alla Thilliez. Non mancano passaggi anche denotati di una certa violenza che può disturbare (soprattutto nella parte delle torture che vengono inflitte a Julie). Anche questi sono però ben studiati e non lasciati al caso o alla circostanza di una narrazione improntata sull’improvvisazione.
Se avete già letto in passato i testi dello scrittore non faticherete a trovare similitudini e punti in comune con altre opere e con la struttura che normalmente offre a queste. Pian piano la narrazione parte, si ricompone e ricostruisce come un puzzle in piena regola che fa sì che ogni tassello, dopo tanti tentativi, vada al suo posto. Lo stile è fluido, i personaggi sommari ma funzionali. Le storie solo in apparenza sono slegate, ciascuna ha in realtà un suo perché e un suo essere.
La vicenda forse non brilla propriamente di originalità ma sa trattenere e incuriosisce. Offre delle piacevoli ore di lettura, nonostante i passaggi più macabri, al lettore che cerca uno scritto con cui staccare la spina.