La zona morta La zona morta

La zona morta

Letteratura straniera

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Al risveglio da un coma durato quattro anni, Johnny scopre di possedere un dono meraviglioso e nello stesso tempo tremendo: è capace di conoscere il futuro e i segreti della mente altrui con un semplice contatto, anche solo un tocco della mano. E questa facoltà lo conduce dentro un'avventura agghiacciante, in cui è sempre più solo.



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La zona morta 2022-02-21 11:23:35 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    21 Febbraio, 2022
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Il limite è l'edizione

Dopo aver letto un buon numero di opere nella colossale bibliografia di Stephen King, ho cominciato a spulciare le tante classifiche dei suoi migliori romanzi fatte da lettori che hanno recuperato praticamente tutto ciò che ha scritto, per provare qualche suo titolo apprezzato dai fan ma ancora nuovo per me; in molte "La zona morta" compariva ai primissimi posti, così come "Shining" che però mi rifiuto categoricamente di acquistare finché la Bompiani non lo ripubblicherà con una cover decente. Ecco quindi perché mi sono interessata a questo romanzo, ed è una fortuna che l'abbia conosciuto tramite le opinioni dei lettori, perché se mi fossi dovuta fidare della sinossi proposta da Sperling & Kupfer la valutazione finale sarebbe decisamente diversa.
La trama all'apparenza è molto semplice: il professore John "Johnny" Smith rimane vittima di un incidente d'auto che lo fa finire in coma per quattro anni e mezzo, per poi risvegliarsi dotato di un potere di preveggenza legato al contatto con le persone o alcuni oggetti. La narrazione segue però uno schema particolare e potrebbe non risultare immediatamente chiara, questo perché King va a focalizzarsi su personaggi secondari e dinamiche all'apparenza del tutto scollegate con la vita di Johnny. Il mio consiglio è quello di avere fiducia nelle sue capacità come autore e proseguire nella lettura, perché pian piano diventano evidenti i collegati tra le diverse situazioni, che vanno a formare un disegno davvero ampio.
A dispetto di quanto promette la sinossi, la trama si focalizza sull'antagonismo tra Johnny e un wannabe Hitler a stelle e strisce solo negli ultimi capitoli. Il resto del volume racconta le difficoltà del protagonista nel gestire il suo potere attraverso vari episodi, e questo sia dal punto di vista dei dilemmi che si pone, sia delle reazioni scatenate negli altri: per ogni persona pronta a vedere in lui una sorta di profeta divino, ce n'è un altra certa che sia un semplice truffatore. Questo porta la narrazione focalizzarsi più sulle emozioni provate da Johnny e sulle relazioni intessute con gli altri personaggi rispetto alla parte thriller, comunque presente insieme a piccole dosi di ottimo horror.
King riserva quindi molta attenzione alla caratterizzazione dei suoi personaggi, che si rivelano infatti l'aspetto più riuscito del romanzo: dai protagonisti alle semplici comparse, tutti sono verosimili e tridimensionali, con delle motivazioni credibili. Questo si riflette anche sui legami, in particolare quello tra Johnny e i vari componenti della famiglia Chatsworth; stranamente sono riuscita ad apprezzare anche la parentesi romance, comunque marginale nel testo.
Dal punto di vista stilistico il caro Stephen è sempre una garanzia, e qui in particolare ho apprezzato il suo utilizzo del foreshadowing perché riesce ad inserirlo nei giusti tempi, anticipando eventi che non sono intuibili dal contesto pur essendo chiaramente collegati ai personaggi in scena. Il risultato è quello di catturare l'attenzione del lettore, pur avendo già rivelato sulla carta quanto accadrà.
Per quanto riguarda le tematiche scelte, inizialmente non ne ero troppo entusiasta, perché l'attenzione qui è rivolta al mondo della politica statunitense degli anni Settanta, con qualche elemento ucronico e molti collegamenti alla realtà dei movimenti religiosi. Durante la lettura ho capito però che non c'era bisogno di conoscere i personaggi o i partiti dei quali si parlava, perché le dinamiche non erano per nulla lontane da quanto vediamo accadere anche oggi nella politica nostrana e internazionale, e le conclusioni da trarre sono le stesse.
La mia valutazione non è stata inficiata da alcuni difetti marginali (in particolare, il fatto che non sia una lettura immediatamente chiara e il ruolo troppo marginale dato alla figura di Greg Stillson, un antagonista dal grande potenziale inespresso), però ci tengo a far presente come la sinossi menzognera non sia l'unico problema dell'edizione italiana. La traduzione, seppur in grado di rendere bene il tono, presenta infatti tantissimi refusi che ovviamente la CE non si è minimamente preoccupata di correggere al momento della ripubblicazione. Tanto basta rifilare ai lettori una nuova copertina e il gioco è fatto!

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La zona morta 2016-12-07 19:41:16 alessio
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alessio Opinione inserita da alessio    07 Dicembre, 2016
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IL DESTINO DI UN UOMO

Dopo aver accompagnato Sarah a casa, in seguito ad una serata passata al luna park, Johnny Smith un insegnante di letteratura presso un liceo del Maine, subisce un incidente stradale a bordo del taxi che lo stava riportando a casa. Quell’incidente costringe Johnny in un stato vegetativo che durerà circa quattro anni, perdendo tutto quello che erano i suoi progetti per il futuro.
Al suo risveglio però si accorge che qualcosa è cambiato in lui,infatti dopo questa disgrazia si accorge di avere un dono, o maledizione, infatti con il semplice contatto, anche solo un tocco della mano riesce a vedere i segreti nella mente e il futuro dell’ individuo entrato in contatto.
Questo “superpotere” cambia il destino del nostro protagonista, che dopo aver risolto un caso di omicidio scovando l’assassino, diventa una celebrità per alcune persone, e un cialtrone per altre,sostenendo che con dei trucchi ben studiati prende in giro le persone, costringendolo a isolarsi per non continuare a sopportare la pressione dei media e le continue richieste di aiuto nella ricerca di persone sparite.
Ma quando Johnny, successivamente ad una conferenza politica,stringe la mano del candidato alla presidenza Greg Stillson, nota che c’è qualcosa di terribile nei suoi progetti, e dovrà far di tutto per evitare che vinca le elezioni.
Il “RE” è sempre il “RE”, il suo modo di scrivere mi coinvolge sempre, catapultandomi dentro ai suoi romanzi, idea originale e ben descritta (fin troppo),dai luoghi ai personaggi, ottimo anche la descrizione degli stati d’animo specialmente quelli di Johnny nel sopportare questo cambiamento imposto dal destino.
Questa storia mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca, le sensazioni che ho provato leggendo questo libro sono state di dispiacere, nostalgia per Johnny,mi è dispiaciuto molto di come il destino gli abbia cambiato la vita,e che a volte bastano pochi secondi per dare un’altra svolta al fato. Mi sono chiesto se per caso lui non fosse salito sul quel taxi chissà come sarebbe stata la sua vita, se sarebbe stata proprio come l’aveva progettata,oppure se il suo destino era già segnato.
Il libro regala una lettura scorrevole, a parte qualche capitolo dove le descrizioni sono a parer mio troppo lunghe abbassando il “tiro” del racconto,ma nel complesso è un buon libro con una bella storia.
Buona lettura

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La zona morta 2016-10-18 08:04:21 Elisabetta.N
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Elisabetta.N Opinione inserita da Elisabetta.N    18 Ottobre, 2016
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Da grandi poteri derivano grandi responsabilità

Ecco un altro libro firmato King.
Penso che questo sia il romanzo più "soft" (se così si può definire) che abbia mai letto di King.
Una rilettura, per me, ma non per questo meno preziosa.

Johnny Smith è un insegnante di letteratura in un liceo del Maine. Amato dai suoi alunni, simpatico e divertente. Frequenta Sarah, una sua collega e proprio sulla via del ritorno subisce un incidente che lo farà rimanere in coma 5 anni.
King è stato molto abile a raccontare le sensazione del risveglio di Johnny, il suo spaesamento nel vedere che tutto era cambiato e che aveva perso ben 5 importantissimi anni, ma soprattutto a evidenziare le sofferenze di una riabilitazione.
Credo che King abbia un qualche risentimento contro la religione, soprattutto contro il fanatismo. Man mano che leggo i suoi libri, non posso vedere come certi personaggi, molto spesso negativi, siano dei fanatici religiosi. Anche ne "La zona morta" la madre di Johnny, pur non essendo qualificabile come personaggio negativo, presenta questo particolare carattere che causa numerose difficoltà alla famiglia.
Il romanzo, in aggiunta ai due aspetti di cui sopra, presenta anche un elemento soprannaturale. Johnny, al risveglio dal coma, scopre di avere la facoltà di conoscere alcuni avvenimenti di una persona, presenti o futuri, con un semplice tocco. Anche in questo caso King è abile nel descrivere le implicazioni di questa particolare abilità, "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" mi viene da citare.

Un bellissimo romanzo, forse un po' più soft di quelli che ultimamente ho conosciuto, ma sempre un ottimo romanzo.

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La zona morta 2016-01-09 15:50:52 Michael
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Opinione inserita da Michael    09 Gennaio, 2016

Uno Stephen King "prima maniera"

Nelle recensioni dei libri o dei film non amo parlare della storia narrata nel romanzo perchè per quello c'è sempre wikipedia o qualunque altro sito, nella recensione preferisco descrivere le sensazioni che il libro mi ha siscitato: bhe questo è decisamente uno Stephen King "prima maniera". Del maestro dell'horror ne ho letto davvero davvero tanti di racconti e romanzi e nel corso degli anni lo stile narrativo è cambiato, evoluto, mutato, anche se non lo definirei cresciuto, ma piuttosto è andato seguendo le richieste del mercato.Per questo ogni tanto cerco qualche vecchio romanzo di King più suspance che horror vero e proprio, più concentrato sullo stile lento, lentissimo quasi statico che descrive nei minimi particolari sfumature dei personaggi primari e di contorno.La Zona morta è esattamente questo: un gran bel libro di King, quello che uno potrebbe cercare per ritrovare lo stile del maestro.Un'idea geniale che, come sempre nei suoi libri, non ha bisogno di troppe spiegazioni l'evento (decisamente) fuori dal normale succede e basta, non si sa bene perchè ma è così, del resto nella vita non è detto che tutto debba avere per forza una spiegazione o un perchè, a volte le cose succedono e basta o per dirla alla King "tutto è fatidico". Il personaggio attraversa più fasi psicologiche in cui cerca di capire cosa possa voler dire questa maledizione o dono e alla fine prende una decisione giusta o sbagliata che sia.
Un'aggiunta alla presente recensione per chi volesse leggere il libro e non avesse visto il film, consiglio di vedere prima il film e poi leggere il libro (a parte pochi arrangiamenti la sceneggiatura è davvero molto fedele) sono certo che non ne rimarrà deluso.

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Stephen King in generale soprattutto i primi libri (Cujo, Carrie, L'occhio del male)
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La zona morta 2015-08-13 12:42:16 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    13 Agosto, 2015
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Il colpo di fortuna

La vita non è altro che un susseguirsi continuo di eventi, di emozioni diverse e contrastanti, d’incontri, di circostanze; per chiunque l’esistenza è difficile e faticosa, per fortuna a volte ci soccorrono momenti di quiete, di pace, di tranquillità, per i più fortunati frammenti di pura felicità.
La maggioranza, saggiamente, si accontenta della semplicità e della serenità dell’esistenza, sa che la felicità è rara e cieca, come la fortuna, sono troppo aleatorie perché si presentino spesso e puntualmente. La vita è una battaglia, non giorno per giorno ma minuto per minuto; e come dice la vecchia storiella d'origine africana, ogni giorno che Dio manda in terra, non è importante che tu sia cacciatore o preda, ma vedi di darti una mossa, corri, perché la vita stessa questo esige continuamente, che tu sia vitale, attivo, in movimento perenne con rari, talora unici, momenti di sosta, di requie, per ritemprare le energie.
Ne consegue che, più spesso di quel che pensiamo, ci assale la tentazione di possedere qualcosa, la classica bacchetta magica, o, più prosaicamente, qualcosa di altrettanto fiabesco e molto improbabile, quale può essere ad esempio l'altrettanto classica supervincita al superenalotto, che di un sol colpo risolvano le problematiche insite nell'affannoso travaglio quotidiano.
Oppure, va benissimo anche l'acquisizione di un potere, magico e grandioso, di origine fortuita e paranormale, quali, e facciamo un esempio non casuale, la premonizione, il sapere e vedere in anticipo ciò che riserva il futuro, il conoscere non ciò che è, ma quello che sarà con altrettanta precisione del presente: rappresenta certamente una tentazione irresistibile e piena di attese. Appunto perché si considera un mezzo facile e artificioso, ma terribilmente affascinante, che in qualche modo semplifichi e faciliti la propria esistenza, cancelli o mitighi l’angoscia e l’affanno del vivere quotidiano.
La vicenda, terribilmente umana e paranormale a un tempo, dello sventurato John Smith, il protagonista de “La zona morta”, uno dei romanzi migliori di Stephen King, dimostra invece che l'acquisizione di un simile, sinistro potere di premonizione, precipita il protagonista da una comune, semplice e banale esistenza di piccolo borghese, già insita nel nome comunissimo tra la classe media americana, in un'altra dimensione.
Una dimensione grigia e terrificante, nella quale Johnny è condannato a sapere ciò che accadrà prima ancora che succeda, è letteralmente scagliato in una zona morta nella quale gli eventi mancano del carattere di imprevedibilità, di sorpresa, di conquista, di successo, di sconfitta tipiche dell'umana esistenza.
John Smith non è stato gratificato dall'acquisizione del suo potere, ne è stato condannato, la sua dote non è un privilegio, è una maledizione, al giovane è stato tolto il sale della vita, l'esistenza per lui è qualcosa già noto, già visto, già conosciuto, una pietanza insipida.
Un libro già letto, senza chiaroscuri, ma con sole zone morte.
John Smith è stato depredato del bene più prezioso dell'uomo, quello per il quale, dagli albori della civiltà, gli umani hanno sempre combattuto e a esso hanno sempre anelato: il libero arbitrio.
In questo senso, "La zona morta" è un libro sulla libertà.
La libertà di essere, di agire, di lottare, di soffrire; la libertà di amare, di odiare, di porsi un obiettivo, talora neppure tanto evidente, e di gioire nel raggiungerlo o precipitare nell’angoscia di vederlo svanire all'ultimo minuto.
La libertà di essere se stessi e unici padroni e artefici del proprio destino, la libertà di cambiare le cose fidando sulle proprie forze, la libertà di sfibrarsi per cambiare ciò che non si può tollerare oltre, sostenuti dalle proprie illusioni, perdendosi dietro di esse.
La libertà di scegliere il proprio destino, senza sapere quale esso sia, la libertà di correggere in corsa le proprie scelte, di rinnovarle o rinnegarle, di cambiare e di cambiarsi, la libertà di confermare o sovvertire il valore delle proprie scelte, senza conoscerne l’esito in anticipo.
Da questo potere che straripa e che come un turbinoso fiume in piena lo trascina nelle zone morte dell'esistenza, Johnny cerca di difendersi come può, cerca giustamente di trarne del bene, e, ad esempio, prevede incendi e aiuta la polizia nelle sue indagini; ma non può comunque salvare se stesso, schiavo del suo potere, non può o non riesce a mutare il suo destino o a illudersi di farlo: esso a lui solo, unico dannato, è già noto.
Come Re Mida, è vittima dal suo potere; come un tossicodipendente il quale, con un artifizio chimico, s’illude di cambiare la realtà ma rimane invischiato dalla sua droga, John Smith è in possesso non di un elisir ma di un veleno, che lo intossica e lo conduce, inevitabilmente, a un tragico finale. Tragico solo nelle apparenze, trattandosi in realtà di una storia a lieto fine.
Infatti, ci si chiede a un certo punto se, potendo tornare indietro, si spazzerebbe, per esempio, Hitler dalla faccia della terra. John Smith risponde in prima persona, e, infatti, non è lui a porre fine alla carriera e al pericoloso arrivismo di un cinico politicante simile hitleriano dei nostri giorni, anche se indirettamente, con il proprio sacrificio, ne sancisce l’inizio. Non sono le mani di Johnny a colpire, non diventano mani di assassino, per questo la storia finisce bene. Perché la Storia, quella vera, non è la storia degli individui, anche se taluni incidono su di essa, ma è la storia delle masse, dei popoli, è una storia di lotte di classe.
Per esempio, fosse stato assassinato Hitler, al posto del miserabile acquerellista di Monaco si sarebbe creato un nuovo Führer, portato al potere dalla stessa classe sociale che aveva appoggiato ed innalzato Adolf, la classe degli speculatori, degli industriali della Ruhr, dei Krupp e dei fabbricanti di armi, della classe agraria bisognosa di nuovi pascoli e spazi vitali, dei finanzieri che studiavano da anni il modo per estromettere gli ebrei dai vertici delle banche e dell’economia tedesca, saldamente in loro mani.
Molto più giusto, più democratico, più umano, è creare le condizioni sociali per cui certe situazioni non accadano, non nascano, non crescano, non si giunga a un punto di non ritorno arrivati al quale si richiede solo il pagamento di uno spaventoso tributo in vite umane per ricominciare.
Non servono i killer politici, ma il lavoro sulle coscienze; e la vita è troppo preziosa perché privi chicchessia, in nome di una giustizia presunta che è solo arroganza e dittatura, tipica degli autoritarismi.
Nessuno tocchi Caino.
E, per terminare, nella miglior tradizione dei libri di Stephen King, “La zona morta” è anche una storia d’amore.
L’amore di coppia, certamente, ma King esamina qui anche altri tipi d’amore; quello tra padre e figlio, per esempio, e soprattutto una specie d’amore che King, per vissuto personale, dà mostra di conoscere benissimo: quello tra professore e allievo, tra maestro e alunno, tra docente e discente. Non me ne vorranno coloro che, sfortunatamente per loro, della scuola e degli educatori non hanno buona esperienza, eppure il rapporto tra chi insegna e chi impara è, quando svolto bene, prodigo di affetto, di sentimento, di umanità per l’una e l’altra parte. Educare, tirare fuori il meglio da un bambino, da un adolescente, da una persona, è un’arte, e questa, quando è buona arte, è anche amore. Ancora una volta, ci accorgiamo che Stephen King è un artista.
Un grande artista, che ama i suoi lettori, come loro lo amano.





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Stephen King, o ha intenzione di iniziare a leggerlo.
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La zona morta 2014-07-09 12:47:36 F.Angeli
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F.Angeli Opinione inserita da F.Angeli    09 Luglio, 2014
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DA GRANDI POTERI...

Cos'è la zona morta? È Una zona del cervello non attiva, un relè mal funzionante, che si trova nella testa di Johnny Smith. Johnny è una persona comune, finché non rimane in coma per più di quattro anni a seguito di un incidente stradale. Al suo risveglio scopre di avere una facoltà paranormale: può vedere cose passate, presenti e future con un semplice tocco, di un oggetto o una persona. Con questa facoltà la vita di Johnny sarà stravolta, una facoltà la cui natura benefica vacillerà sempre di più, anche se con questa potrà aiutare la polizia a scovare un serial killer e ad aiutare altre persone. King costruisce una evoluzione psicologica approfondita del protagonista: Johnny, da ragazzo semplice e simpatico, inizierà a mutare le proprie convinzioni, inizierà ad avere sensi di colpa sin da poco tempo dopo il risveglio, quando scoprirà che la madre è diventata una fanatica religiosa, fino a, nelle pagine finali, dubitare delle propria sanità mentale, delle scelte estreme che compie a fin di bene. Johnny Smith è l'incarnazione delle nostre più profonde incertezze riguardo il male a fin di bene, le conseguenze delle nostre scelte, la natura empia o benefica delle facoltà in più che un uomo possiede rispetto agli altri. Il contrasto emerge gradualmente, man mano che aumenta il degrado generale del posto in cui vive John, in cui la gente pende dalle labbra di Greg Stillson, un uomo candidato dalle idee e la personalità assolutamente perverse. Un romanzo molto più psicologico che horror, di King non ho ancora letto molto ma rispetto a Shining la tensione è molto minore, mi aspettavo una lettura molto più inquietante ma non sono rimasto assolutamente deluso: King è uno scrittore davvero straordinario, capace di gestire al meglio la narrazione di una storia. Nel libro ci si commuove, si riflette, si empatizza coi personaggi. Anche se non piace il genere, non si può non leggere almeno uno dei tanti libri che King ha pubblicato, per conoscere e ammirare uno stile di scrittura unico e sorprendente.

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La zona morta 2013-10-04 09:18:04 McLennon
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McLennon Opinione inserita da McLennon    04 Ottobre, 2013
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Dono o maledizione?

King, come più volte ho sottolineato, è dotato di una maestria unica nel ricreare atmosfere pananormali ricche di suspance e di tensione ad altissimo livello allo stesso tempo però, tingendole di grande naturalezza e realismo.
E' il caso della storia di John Smith, uomo comune dal nome comunissimo, che un giorno della sua infanzia, mentre si trova nel bel mezzo di un pomeriggio di svago a pattinare sul lago ghiacciato della sua città, cade e batte la testa riportando quella che all'apparenza sembra una contusione da niente.
Da quel momento però John comincia ad avere delle specie di sensazioni, offuscate e vaghe, che gli donano una capacità di vedere gli avvenimenti futuri e cade in una specie di trance ogniqualvolta ne sperimenta una.
Visioni che esplodono in vera e propria capacità di veggenza in seguito ad un terribile incidente automobilistico di cui è nuovamente vittima anni più tardi, al quale riesce a sopravvivere per miracolo.
La vita a questo punto diventa per lui una sorta di inferno perchè quel dono che all'apparenza sembra la chiave per l'immortalità si tramuta in un incubo; ogni percezione ha dei lati oscuri e terrificanti, e John giustifica la cosa affermando che è a causa della "zona morta" ossia quella parte del suo cervello che è stata lesa prima durante la sua infanzia e poi nello scontro automobilistico.
Per alleviare quindi tale fardello deciderà quindi di sfruttare le sue doti paranoramali per aiutare a risolvere efferati crimini locali e successivamente una minaccia ancor più grande..

Al di là di quella che può essere una buona trama, coinvolgente e di grande suspance, il "Re" nasconde (neanche poi più di tanto) tematiche assai più profonde e caratteristiche della sua biografia: l'ineluttabilità del destino che si manifesta nelle maniere più strane e imprevedibili ma che raggiunge sempre il suo scopo finale, l'eterna lotta tra bene e male, la capacità di quest'ultimo di trovare sempre una via per manifestarsi, la buona fede che finisce col rivelarsi disastrosa, la redenzione.
Il romanzo, come spesso accade quando si parla di King, riesce ad essere di un'attualità disarmante pur essendo stato scritto sul finire degli anni settanta e lo stile lascia senza respiro fino all'ultima pagina, permeando ogni singola riga con un senso di inquietudine e di tensione unici: mai una parola di troppo o un passaggio prolisso, mai una frase fuori posto.

Tutto è voluto e tutto concorre al fine ultimo.

Un libro fantastico, a mio parere tra i suoi migliori.

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