La valle della paura La valle della paura

La valle della paura

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Fra tutti gli avversari che Sherlock Holmes ha dovuto affrontare nell'arco della sua carriera il professore Moriarty è stato sicuramente il più pericoloso. In questa avventura il terribile scienziato, nascosto dietro un'insospettabile copertura, fa sfoggio del consueto malefico talento, progettando un piano criminale che lo stesso Holmes non esita a definire geniale. Una delle avventure più complesse e avvincenti del flemmatico e infallibile detective di Baker Street.



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La valle della paura 2020-11-12 09:55:07 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    12 Novembre, 2020
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Duello a distanza tra Holmes e Moriarty?

Questo è il quarto e ultimo romanzo dedicato da Conan Doyle all'investigatore di Baker Street 221b. Pubblicato in epoca molto successiva al primo gruppo di storie ne riprende con qualche incongruenza il filo narrativo.
L’avventura cronologicamente è anteriore all'epico scontro alle cascate di Reichenbach che provocò la “momentanea morte” dell’investigatore e quella definitiva del prof. Moriarty. È proprio Holmes, nelle prime pagine della storia, a evocare l’anima nera del crimine londinese come suo potenziale oppositore anche in questa vicenda, perché riceve un messaggio cifrato da un informatore all'interno della tentacolare organizzazione del malvivente che lo mette in guardia su potenziali delitti.
L’episodio, comunque, si svolge in una isolata residenza nobiliare ai confini settentrionali del Sussex. Il ricco John Douglas è trovato cadavere nel suo studio, la testa spappolata da un paio di colpi sparati a distanza ravvicinata da una doppietta a canne mozze che giace lì dappresso. Nel maniero, che ha ancora il ponte levatoio funzionante e un fossato che lo isola interamente dal parco circostante, erano presenti solo l’amata moglie, l’amico fraterno Cecil Barker, il maggiordomo Ames e la governante. A un primo esame sembra, però, che uno sconosciuto sia riuscito a introdursi in casa - forse prima che il ponte levatoio fosse alzato per la notte - e, dopo aver atteso Mr. Douglas dietro a una tenda, gli abbia sparato a bruciapelo. Poi gli avrebbe sottratto la fede nuziale (indossata al mignolo sotto un altro anello ancora presente sul corpo), gli abbia lasciato un bigliettino con alcune indicazioni incomprensibili e sia fuggito attraverso una stretta finestra per guadare poi il fossato pieno d’acqua. Tutto questo in poco più di un minuto, il tempo necessario alle persone di casa per accorrere nella stanza dopo essere state allertate dallo sparo. L’assurdità balza subito evidente e gli inquirenti, affiancati da Holmes, cercheranno di scoprire cosa c’è dietro queste evidenti incongruenze.

Conan Doyle, dopo aver abbandonato per anni il personaggio che lo aveva reso famoso, torna a narrare le sue gesta in questo libro che riprende lo schema narrativo de “Uno studio in rosso”, cioè con il romanzo nettamente diviso in sue sezioni, la prima dedicata all'enigma poliziesco e la seconda che si svolge in America, per spiegare antefatti e motivazioni del delitto. Come in quel primo romanzo la parte più efficace è la seconda, con i personaggi meglio delineati, le ambientazioni più accurate, anche se, forse, pure più fantasiose.
Sembra quasi che l’autore si senta più libero di collocare le sue storie in quella terra per lui lontana e selvaggia, nella quale possono albergare le peggiori nefandezze e sono possibili le più ampie licenze al vivere civile della sua progredita, amata Inghilterra.
La trama gialla, in effetti, non è particolarmente intricata e un lettore attento e deduttivo non fatica ad anticipare di parecchio le intuizioni di Holmes, soprattutto perché, in fondo, l’intreccio ricalca parecchio quello del racconto “L’avventura del costruttore di Norwood” contenuto nella raccolta “Il ritorno di Sherlock Holmes”. Anche i personaggi della storia principale sono abbastanza piatti e incolori, mere tessere di un mosaico che serve unicamente a tratteggiare i confini dell’enigma poliziesco.
Più divertente, invece, è la vicenda nella Valle della Paura anche se certe costruzioni appaiono abbastanza naif e, tra improbabili società segrete e associazioni criminali stile “Il mucchio selvaggio” o la Mafia di Al Capone, l’America di Doyle risulta davvero pittoresca. Purtroppo, anche in questa storia il preteso colpo di scena finale non riesce a sorprendere il moderno, smaliziato lettore che non ha certo necessità dello “spiegone” finale per comprendere i retroscena.
Uno degli ingredienti indispensabili del romanzo d'avventure e, soprattutto, del poliziesco è la novità delle situazioni e la sorpresa. In quest'opera, purtroppo, anche la seconda parte riecheggia troppo altre storie del filone e, quindi, non è difficile fare previsioni, azzeccandoci.

Complessivamente, comunque, “La Valle della Paura” è un romanzo che si fa leggere con discreto piacere. Tuttavia lo ritengo inferiore ai migliori della serie, in particolare al “Mastino dei Baskerville” che è sicuramente il punto più alto della lunga sequenza di avventure di Holmes.

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La valle della paura 2019-05-10 16:00:25 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    10 Mag, 2019
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struttura narrativa vincente non si cambia

Watson sostiene che io sono il drammaturgo della vita reale. Una certa inclinazione artistica vibra sempre dentro di me ed esige una rappresentazione con una sapiente regia. Certo, caro Mac, la nostra professione sarebbe ben sordida e grigia se a volte noi non disponessimo la scena in modo da esaltare e glorificare i nostri risultati. L’accusa rozza, il colpo brutale sulla spalla; come può essere giudicato un tale denouement? Ma l’illusione rapida, l’agguato sottile, l’intelligente previsione di eventi futuri, la prova trionfante di teorie audaci non costituiscono forse tutti questi elementi l’orgoglio e la giustificazione della nostra vita di lavoro?”

Ecco una sorta di programma, di manifesto di “poetica” di Holmes, al quarto ed ultimo romanzo delle sue avventure, pubblicato nel 1915.
L’opera si divide in due come nel primo romanzo, “Uno studio in rosso”: nella prima parte c’è la presentazione e la risoluzione del caso e nella seconda l’antefatto dell’azione criminale.
Nella prima, l’azione si svolge in Inghilterra, nella seconda, ci spostiamo in America. Come per “Uno studio in rosso”, anche ne “La valle della paura”, c’è un uomo che si lega indissolubilmente ad una setta, ad un’associazione che rivela poi intenti criminali e da cui cercherà di liberarsi, con tragici risultati.
La seconda parte è piena di azione, di suspence : regolamenti di conti, riti di iniziazione alla loggia criminale, messaggi intimidatori, imprenditori di ogni sorta che pagano un “tributo” per essere lasciati in pace..insomma una vera “camorra” di altri tempi.
La risoluzione del caso poliziesco, come ho già detto, si presenta nella prima parte del romanzo e mette in risalto le geniali abilità deduttive di Sherlock Holmes.
Giunta al quarto ed ultimo romanzo dedicato al famoso “consulente”investigativo come lui stesso si definisce, posso finalmente dire che considero superiori i primi due romanzi rispetto agli ultimi due. Riconosco la qualità dello scrittore quale uno degli inventori del genere giallo/thriller, per cui lo stile riceve da me il massimo della valutazione, insieme alla piacevolezza narrativa che non delude mai e che tiene incollati sulla pagine fino alla fine, tuttavia non mi sento di dare 5 stelle al contenuto poiché mi è sembrato, nella struttura e anche nell’ambientazione, una replica de “Uno studio in rosso”.
È come se Doyle non volesse diluire la ricostruzione del caso in un romanzo, ma considerasse l’azione “poliziesca” migliore, più confacente ad un racconto, per cui fa entrare in scena Holmes solo in una piccola parte, per poi dedicare il resto del libro dando prova delle sue abilità narrative, raccontando vere e proprie storie di casi criminali accaduti in America e che costituiscono la premessa, ben raccontata, dei fatti investigati a Londra o nelle vicinanze.
Anche ne “Il mastino dei Baskerville” viene dato poco spazio alla ricostruzione di Holmes, che compare solo all’inizio e alla fine del romanzo, il resto è un dettagliatissimo resoconto del dottor Watson. Solo il romanzo “Nel segno dei quattro” la ricostruzione del detective procede di pari passo con gli eventi narrati per tutta la durata della storia.
Chissà, forse Doyle, dopo aver “usato” le combinazioni possibili ricostruzione poliziesca/antefatto storico e antefatto inserito nella narrazione della ricostruzione del detective, abbia poi deciso di passare ai racconti delle avventure di Holmes, per me dei veri gioielli.

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La valle della paura 2014-02-01 17:23:23 ClaudiaM
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ClaudiaM Opinione inserita da ClaudiaM    01 Febbraio, 2014
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La valle della pura – Arthur Conan Doyle

Semplicemente fantastico! Interattivo! Dopo aver letto i primi capitoli ho chiuso il libro e ho cominciato a fare le mie ipotesi su cosa potesse essere accaduto, cercando di esaminare la situazione così come veniva presentata. Dopo di che, finite le idee, ho ripreso la lettura… il giorno dopo! Questo sta a indicare quanto mi abbia preso il romanzo. Un’intera giornata passata a ipotizzare gli eventi! Poi, a mano a mano che la storia proseguiva, eliminavo alcune supposizioni e ne aggiungevo di nuove. Insomma, davvero fantastico, forse il migliore dei quattro romanzi che ho letto, a cui segue “Il mastino di Baskerville”. Il lettore viene coinvolto a tal punto che sembra di essere lì, sulla scena del crimine, al fianco di Sherlock Holmes e John Watson.
Di tutt’altro stile è, invece, la seconda metà del romanzo: veniamo catapultati in America e ci è difficile comprendere come la vicenda narrata sia in qualche modo collegata a quella precedente, fino alla rivelazione finale con colpo di scena.
Bello davvero! Ovviamente lo consiglio a tutti! Vi innamorerete di queste storie, a tal punto da mancarvi una volta finite. Ma ci sono sempre i racconti!

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La valle della paura 2013-10-12 06:12:59 LittleDorrit
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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    12 Ottobre, 2013
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Dal giallo British al thriller: poco piacevole!

Ed eccoci all'ultimo romanzo della raccolta Einaudi.
Questa volta Holmes si ritrova a dover decifrare un codice inviatogli da un tale Fred Porlock.
Il messaggio contiene un'avvertimento: Mr. Douglas, residente nel castello di Birlstone, nella regione del Sussex, è in grave pericolo.
Anche il detective MacDonald lo va a trovare per lo stesso motivo solo che non c'è più tempo di salvare nessuno: Douglas è già morto.
Insieme, quindi, decidono di intraprendere il viaggio per andare ad esaminare la scena del delitto.
Il castello ha un fossato tutt'intorno, il cadavere è orrendamente sfigurato, c'è una strana impronta di sangue sul davanzale della finestra, una moglie bellissima che vive sotto lo stesso tetto ed un simbolo misterioso sul braccio della vittima.
Qualcosa non quadra e....niente è come sembra.
Dopo una attenta analisi dei particolari in perfetto "stile Holmes", il caso viene risolto in quattro e quattr'otto con alcuni colpi di scena e con i riflettori puntati su personaggi alquanto ambigui.
Qui si chiude la prima parte del romanzo.
La seconda parte narra, invece, l'antefatto della vicenda che ha il sapore "metallico" di un thriller all'americana.
La matassa è piuttosto ingarbugliata. A complicarla ulteriormente subentrano personaggi, società segrete e una vecchia conoscenza di Holmes, il professor Moriarty, uomo dall'intelletto acuto e dalle grandi abilità criminali che rappresenterà la spina nel fianco del grande detective per tutta la sua carriera di detective.
Si chiude così il ciclo dei romanzi sulle avventure a tinte gialle di Holmes e del fidato collaboratore/biografo Watson.
Dopo un inizio entusiasmante e dalle buone premesse, che però non si sono avverate, ci ritroviamo a leggere di un caso risolto davvero troppo velocemente; non si ha il tempo di gustare l'insieme che ci si trova subito immersi in una seconda parte dove tutte le premesse sbiadiscono in favore di una storia, indubbiamente colorita ed avvincente ma che prescinde dalle avventure del detective e quindi annoia un po'.
Lo stile di Doyle è, come sempre, impeccabile anche se stavolta si è lasciato risucchiare da un modello tutto nuovo di poliziesco che non appartiene affatto al "keep and calm" inglese.
Questo romanzo mi ha convinta poco.
Ne consiglio ugualmente la lettura per rinforzare il giudizio positivo nei confronti di altre migliori avventure.

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Tutto Holmes
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La valle della paura 2012-08-30 18:08:47 dokusha
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dokusha Opinione inserita da dokusha    30 Agosto, 2012
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UN DISCRETO GIALLO,UN OTTIMO LIBRO

Non consiglio "La Valle della Paura" a chi cerca principalmente un grande giallo di Doyle:infatti il libro è un giallo solo a metà,dato che le investigazioni di Holmes occupano solo le prime 100 pagine,e per quanto il mistero sia abbastanza ben architettato potrebbe comunque lasciare insoddisfatti.Le restanti 100 pagine sono occupate da uno splendido racconto che vi terrà incollati fino alla fine,la quale sono certo vi sorprenderà . Di conseguenza questo libro va valutato nella sua natura ibrida,come un libro che non si offre come semplice giallo ma come racconto di una lunga vicenda.

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La valle della paura 2012-03-29 17:21:50 _sectumsempra
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_sectumsempra Opinione inserita da _sectumsempra    29 Marzo, 2012
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Un giallo semplice

Che peccato dare come piacevolezza 3 ad un libro di Doyle! Ma purtroppo non ci sono i mezzi voti e questa volta ho approssimato per difetto e non per eccesso.
Se sono rimasta delusa? Inutile negare che è così. L'inizio mi ha intrigato un sacco, soprattutto quando Holmes e Watson hanno decriptato il messaggio e stava continuando ad intrigarmi quando sono arrivati a Manor House, nel Sussex, per un apperentemente inspiegabile delitto, delitto che ovviamente ero certa che Holmes avrebbe risolto brillantemente, come sempre, ma non in sei piccoli capitoli!
Ebbene si, mi aspettavo un giallo più articolato nel quale mi sarei dovuta scervellare per carpirne l'assassino, invece non ne ho avuto nemmeno il tempo. Holmes capisce chi, come, quando e perchè è stato compiuto il delitto e poi l'ultima (e più lunga) parte del romanzo e occupata da una sorta di digressione storica che ci riposta indietro per capire le cause del caso, e forse è stato proprio qui che la mia attenzione ha cominciato lentamente a scemare.
Attenzione, non dico che la trama non sia "complicata", la trama è molto bella, piuttosto è il giallo, il caso, che è troppo semplice. O forse sono semplicemente le mie aspettative che erano troppo alte, dopotutto, dopo aver letto Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie mi aspettavo un altro giallo avvincente quanto o almeno quasi quanto quello. Comunque ci terrei a sottolineare che mi aspettavo anche di incontrare il Professor Moriarty, ma vi assicuro che lo si sente solo nominare nelle prime pagine e nell e ultime.
La mia opinione dunque non cambia: Il Mastino dei Baskerville è in assoluto il romanzo più bello di Arthur Conan Doyle

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