La stanza della morte
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Opinioni inserite: 3
un Rhyme sotto tono
Un buon romanzo abilmente costruito a metà tra il giallo ed il thriller spionistico.
Il mio giudizio è un po' altalenante, sono infatti combattuto su alcuni aspetti.
Il romanzo tocca diversi temi di attualità: l'etica dell'attacco preventivo, gestione della rabbia, la diffusione selettiva di informazioni e l'uso di veicoli aerei senza equipaggio. Questo lo considero un aspetto fondamentale considerando l'aspetto politico affrontato.
Di contro all'inizio ho avuto un po' di problemi a trovare il ritmo. Mi sono trovato spesso di fronte a molti termini che si ripetono e che, a lungo andare, annoiano.
Inoltre tutti i personaggi che solitamente Deaver descrive e caratterizza molto bene, in questo episodio sono raccontati solo parzialmente rispetto ai precedenti. Per fortuna l'autore resta un maestro nel rivelare le emozioni degli stessi attraverso uno sguardo e un tocco attento.
Rhyme, infatti, sta ancora combattendo la sua disabilità, sta ancora discutendo le sue opzioni mediche, e lui è ancora innamorato di Amelia Sachs. Ma questa volta Amelia ha alcuni problemi che interferiscono con i suoi sentimenti per Rhyme.
Per concludere lo considero un romanzo interessante ma non intrigante.
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Le malefatte dei servizi segreti deviati
Il criminalista Lincoln Rhime e l’amata detective Amelia Sachs sono coinvolti in questa complicata vicenda in alcuni omicidi ad opera di servizi segreti deviati dell’Intelligence americana. Sono operazioni ad alto rischio, avvolte dalla massima segretezza : lasciano poche tracce, perché compiute da droni armati guidati a distanza, ai danni di presunti sospetti di attività antiamericane. Ma quando ci scappano morti dovute ad effetti collaterali, ecco all’opera l’abilissimo Rhime e la sua spericolata partner : devono destreggiarsi tra spie consumate e complessi depistaggi, ma l’intuito del criminalista tetraplegico avrà alla fine la meglio, inchiodando i colpevoli alle loro responsabilità. Bastano poche tracce, un capello, granelli di sabbia, avanzi di cibo, frammenti di intercettazioni : il nostro eroe di tanti romanzi coglierà con straordinaria e consumata abilità le connessioni tra le varie prove (che verranno come al solito elencate e aggiornate sulla lavagna della centrale di comando) e saprà dipanare da par suo l’intricata matassa. Sbaglierà l’unica volta che si presenterà sulla scena di un crimine (lui che non ha mai sparato un colpo) armato di pistola : ne trarrà l’insegnamento che l’essere armati infonde eccessiva sicurezza e non permette un’analisi pronta e accurata della situazione. Un’altra verità ci insegna Rhime : l’uomo deve sì essere consapevole dei propri limiti, ma non deve dimenticare di esserlo anche dei propri punti di forza.
Alla fine l’intrepida Amelia,sofferente da sempre di artrite, sarà convinta da Rhime ad affrontare un intervento chirurgico che le permetterà di evitare una possibile sospensione dal servizio attivo sul campo. La vedremo quindi ancora all’opera (e non dietro ad una scrivania) a setacciare scene del crimine e ad affrontare talora spericolatamente criminali incalliti, sempre guidata dall’espertissimo suo méntore : non resta che attendere la prossima avventura.
Tutto sommato, il romanzo, complicato quanto basta talora a far perdere il filo ai lettori disattenti, è piacevole anche se, soprattutto nella parte finale, gli eventi si susseguono in modo abbastanza caotico, ai limiti della credibilità. Del resto, quando si trattano temi fantapolitici (non devono essere il forte di Jeffery Deaver), non sempre è facile tenere la barra entro i limiti del sano realismp poliziesco….
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RIVOGLIO IL VECCHIO RHYME!
Quando esce un nuovo libro di Deaver, sono come una bambina alla quale viene regalato un giocattolo desiderato, non vedo l’ora di aprirlo ed assaporarlo fino all’ultima parola.
Ultimamente però quello che leggo dello stimato autore, non mi appaga completamente. Lincoln Rhyme non è il solito Lincoln Rhyme, idem per quanto riguarda Amelia Sachs.
Il “killer” contro il quale devono operare i due investigatori è addirittura lo Stato, che sembrerebbe il mandante e l’esecutore dell’omicidio di Robert Moreno, attivista a favore dei popoli dell’America Latina, freddato nella sua stanza d’albergo alle Bahamas. Insieme a lui muoiono la sua guardia del corpo e un giornalista che stava intervistando Moreno proprio nel momento dell’omicidio.
Perché l’uomo è stato ucciso? E’ possibile che solo il fatto di essere apertamente anti-americano, possa portare alla morte? Le notizie divulgate dai media che Moreno sia stato ucciso da uomini legati ad un cartello della droga, servono per depistare le indagini ma…
A questo punto come un effetto domino, si innescano tutta una serie di eventi per fare in modo che non trapeli nulla riguardo all’omicidio Moreno.
Spariscono le prove, la Polizia delle Bahamas non sembra avere intenzione di collaborare.
Lincoln e Sachs coadiuvati dal viceprocuratore distrettuale Nance Laurel, insediatasi con prepotenza nel laboratorio di Rhyme, iniziano le indagini.
Sarà, ma la “fantapolitica” non mi ha mai entusiasmata.
I personaggi sono molti, e, a mio parere non sono caratterizzati pienamente. Il libro ha dei punti veramente noiosi (mai successo…!), Sachs e Rhyme operano divisi in questo libro e la storia perde mordente, la squadra funziona se avviene la nota sinergia di somma ed alchimia che riescono a creare i due personaggi uniti, in questo modo sembrano pesci fuor d’acqua.
Insomma una storia montata e tirata per i capelli, per riuscire ad arrivare alla fine… Nelle ultime 100 pagine succedono una serie infinita di eventi spiegati frettolosamente, che lasciano il lettore con una strisciante insoddisfazione.
Insomma Deaver! Cosa stai facendo a Lincoln e Amelia? Che dire di altro… l’autore non mi sembra più lo stesso…
Il libro rimane comunque una discreta lettura, ma l’ombra di ciò che creava la mente dell’autore anni fa….